09/03/2006, 00.00
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Per la reciprocità con l'islam servono tempi lunghi, ma bisogna cominciare

La vicenda delle vignette su Maometto, a parte le strumentalizzazioni di fondamentalisti e alcuni governi, ha evidenzia, sottolinea don Andrea Pacini, il conflitto tra una concezione di libertà di espressione che non ammette limiti ed il rispetto per le convinzioni religiose. Si è confermato il rapporto "ambiguo" tra islam e violenza. Nel mondo musulmano c'è un dibattito sulla libertà di religione, anche se è quasi ovunque violata. La "miopia" di Europa ed occidente che non premono sugli Stati islamici per la reciprocità dei diritti.

Roma (AsiaNews) – Il confronto culturale tra islam e occidente, emerso con le reazioni a volte violente del mondo musulmano alla pubblicazione delle vignette su Maometto,  è il tema sul quale AsiaNews ha rivolto alcune domande a don Andrea Pacini, docente di Teologia dogmatica e di Teologia delle religioni presso la Facoltà teologica dell'Italia Settentrionale – Sezione di Torino e presso l'ISSR della Regione Conciliare Piemontese, responsabile del Centro Federico Peirone per le Relazioni cristiano-islamiche, arcidiocesi di Torino, e consultore della "Commissione per i rapporti religiosi con i musulmani" presso il Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso.

Ecco alcuni stralci dell'intervista che sarà integralmente pubblicata sul numero di aprile del mensile AsiaNews.

La crisi delle vignette ha portato alla luce un "conflitto culturale" fra l'occidente illuminista e il mondo islamico. E' probabile che i danesi siano stati avventati; è anche vero che la rivolta sulle vignette è stata esagerata (e perfino manipolata). Come si può pensare a una convivenza con l'Islam in occidente? Non rischiamo di rinnegare la nostra libertà?

Credo che il caso delle vignette satiriche offra l'occasione per alcune considerazioni importanti. In primo luogo ci si deve chiedere se la satira alla religione sia veramente esercizio della libertà di espressione, secondo quanto sostengono i difensori di tale iniziativa. Nessuno nega ovviamente che tale diritto sia fondamentale in società che si vogliono democratiche e pluraliste. Resta però vero che la libertà di espressione deve contemperarsi con gli altri diritti fondamentali dell'uomo (tra cui la libertà religiosa) e trova dei limiti nel rispetto verso argomenti che sono centrali per il sentimento morale e religioso dei popoli.

E' anche vero naturalmente che le varie rivolte attuate dai musulmani a causa delle vignette sono esagerate e manipolate dalle correnti più integraliste e persino da alcuni governi per questioni politiche interne o regionali: a questi soggetti si è dato tuttavia occasione di cavalcare il caso. Le vignette satiriche hanno avuto in questo senso il duplice effetto da un lato di turbare le coscienze dei normali musulmani moderati, che vivono la loro vita di fede in modo pacifico, dall'altro di rafforzare la posizione dei musulmani fondamentalisti e radicali, che hanno nuovi motivi per bandire jihad contro l'Occidente.

Ai moti di piazza e allo scandalo sulle vignette ha fatto seguito un attacco a chiese cristiane in Libano, Pakistan, Nigeria, e uccisioni di sacerdoti in Turchia e Nigeria. Come mai nell'Islam è più scandalosa la pubblicazione di immagini sul Profeta che la distruzione e la violenza verso edifici sacri e persone?

Credo che l'islam contemporaneo continui ad avere un rapporto di ambiguità con la violenza, ereditato dal passato, dalle origini stesse. E' un dato di fatto che nell'islam la violenza ha spazi di approvazione, soprattutto è lecito ricorrere ad essa per "difendere" l'islam e anche per promuoverne l'espansione: questo facilmente permette atteggiamenti aggressivi, religiosamente giustificati. L'aspetto grave nel nostro caso è poi l'immediatezza con sui si è estesa la precisa responsabilità di un singolo giornale a tutta l'Europa, fino a includere lo stesso cristianesimo.

Il Papa, alcune settimane fa, ha chiesto all'ambasciatore del Marocco per tutti i paesi islamici la reciprocità nelle libertà. E' realistico? Il mondo islamico ne parla?

Penso che il papa abbia fatto molto bene a insistere sulla necessità di garantire la libertà religiosa in tutti i paesi musulmani. Bisogna innescare un processo che sarà di lungo periodo, ma che deve pur partire. Non tutti i paesi musulmani sono su questo riguardo allo stesso livello: in Siria ad esempio, la libertà religiosa dei non musulmani è ampiamente garantita, in Egitto ha alcune limitazioni ma la situazione è migliorata recentemente sul piano legale, in Arabia Saudita è tuttora pessima. Nel mondo musulmano il dibattito su questo punto esiste, soprattutto in presenza di  comunità cristiane autoctone che rivendicano tale diritto in nome della cittadinanza. In ogni caso il percorso verso la piena libertà religiosa implica sia l'attivazione di leggi che la garantiscano sia un cambiamento di mentalità promosso anche da una diversa lettura delle fonti dottrinali islamiche.

Come giudica l'Europa e i governi europei, spesso molto silenziosi, irenici verso il mondo islamico?

Credo che l'Europa dovrebbe assumere una maggiore consapevolezza etica nei rapporti politici con i Paesi a maggioranza musulmana, mettendo i diritti dell'uomo e il diritto alla libertà religiosa all'ordine del giorno nelle concrete relazioni con tali paesi. L'impressione è che questi temi vengano tutto sommato posti in secondo ordine: magari se ne parla, ma non vengono puntualizzati e formalizzati con sufficiente chiarezza nelle relazioni politiche e negli strumenti formali che le definiscono.

Perché gli stati occidentali che hanno così grande interesse sui diritti umani, non domandano mai ai Paesi islamici una reciprocità nel campo dei diritti umani, compresa la libertà religiosa?

Credo per miopia, cioè per un cedimento verso presunte convenienze politiche o economiche del presente e mancanza di uno sguardo lungimirante al futuro. Basti pensare ai pluridecennali rapporti degli Stati Uniti e dell'Europa con l'Arabia Saudita, alleato tradizionale dell'occidente sul piano meramente politico ed economico (risorse petrolifere), ma in totale contraddizione con i valori non solo occidentali ma con i diritti universali dell'uomo sul piano del governo interno. L'aspetto grave è il divorzio tra etica e politica, che troppo spesso si verifica.

 

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