Perché non scende la tensione tra Phnom Penh e Bangkok
I transiti lungo gli 800 chilometri di confine restano di fatto chiusi mentre la Cambogia ha annunciato la leva obbligatoria del 2026. Dietro allo scontro le situazioni interne dei due Paesi, entrambi posti di fronte a forti pressioni nazionaliste e dove i comandi militari hanno ampi interessi e potere. Tribunale di Bangkok annuncia per il 22 agosto il verdetto su Takhsin Shinawatra.
Bangkok (AsiaNews) - Non si allentano le tensioni fra Thailandia e Cambogia innescate il 28 maggio dallo scontro a fuoco in una delle zone del confine non ancora delimitate bilateralmente che provocò la morte di un militare cambogiano.
Phnom Penh ha adottato una linea di intransigenza nonostante non abbia chiuso i canali di comunicazione con le controparti politiche e militari oltreconfine; ma la conferma dell’avvio della coscrizione obbligatoria dal 2026 è un chiaro segnale inviato a Bangkok da parte del governo presieduto da Hun Manet, militare di carriera con studi in accademia statunitense, ex comandante supremo delle forze armate sotto il padre Hun Sen e a capo dei negoziatori che riuscirono a raffreddare la crisi prossima la conflitto aperto tra i due Paesi nel 2008.
I transiti lungo gli oltre 800 chilometri di confine restano di fatto chiusi e a confermare l’instabilità della situazione è stato il comandante della Seconda regione militare, generale Boonsin Padklang, che ha sottolineato la preparazione delle sue truppe per ogni evenienza o comando che arrivasse da Bangkok.
La crisi, che ha fondamenta nelle contese storiche su lembi di territorio che la decolonizzazione ha reso di incerta attribuzione, ha molto a che fare anche con le situazioni interne dei due Paesi, entrambi posti di fronte a forti pressioni nazionaliste e dove in entrambe i comandi militari hanno ampi interessi e potere.
Sul piano economico, il tentativo da parte della giovane premier thailandese Paetongtarn Shinawatra di fare approvare la legge per consentire la nascita di una rete di case da gioco avrebbe rischiato di minare una delle principali fonti di reddito della Cambogia e soprattutto di chi la controlla. Sullo sfondo anche le rispettive alleanza strategiche: quella con la Repubblica popolare cinese, ormai strettissima da parte cambogiana, e quella maggiormente filo-americana della Thailandia.
La defezione del secondo partito della maggioranza parlamentare guidata dal Pheu Thai della Shinawatra e la sospensione dalla carica di premier decretata per lei il 1 luglio dalla Corte costituzionale, soddisfa due esigenze: l’opposizione progressista ma anche quella dell’establishment conservatore legato ai militari e alla monarchia. Anche in Cambogia viene vista come una opportunità per indebolire ulteriormente un Paese vicino e rivale in settori economici e favorire così un diverso equilibrio dei rapporti.
Non a caso l’atto della Corte suprema ha seguito le proteste di gruppi contrari alla premier e alla sua parte politica che hanno trovato un’ampia eco pubblica dopo che è stato fatto filtrare ai media thailandesi un colloquio telefonico tra la Shinawatra e l’ex uomo forte cambogiano Hun Sen (per lungo tempo in stretti rapporti personali e di affari con Thakshin Shinawatra, padre di Paetongtarn e a sua volta ex capo di governo) in cui la premier ora sospesa esprimeva un parere poco lusinghiero verso il generale Padklang.
Nel frattempo oggi il tribunale ha reso noto che emetterà il proprio verdetto il 22 agosto contro l'ex primo ministro Thaksin Shinawatra, che compirà 76 anni il 26 luglio. Thaksin è accusato di aver violato la Sezione 112 del Codice penale - la legge sulla lesa maestà - e la Legge sui crimini informatici, per alcune dichiarazioni fatte nell’intervista del 2015 al quotidiano coreano Chosun Ilbo. Una condanna per lesa maestà comporterebbe una pena detentiva che va da tre a quindici anni. "Siamo fiduciosi che riceveremo giustizia", ha detto ai giornalisti l’avvocato Winyat Chartmontree, aggiungendo che Thaksin sarà presente per ascoltare la sentenza.
05/01/2024 11:57