21/04/2023, 08.43
TURKMENISTAN
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Poco lavoro e stipendi miseri: i turkmeni cercano fortuna all’estero

di Vladimir Rozanskij

Non più solo i giovani, emigrano anche i dipendenti statali con più di 45 anni. Turchia, Russia ed Emirati arabi uniti le mete preferite. In territorio turco potrebbero essere un milione gli emigrati dal Turkmenistan. Per lavorare in patria costretti a pagare tangenti, come per fuggire in altre nazioni.

Mosca (AsiaNews) – Tra il primo marzo e il 10 aprile c’è stato un picco di emigrazione di cittadini turkmeni, soprattutto di dipendenti della pubblica amministrazione, sia negli uffici sia nelle fabbriche, che si sono licenziati per cercare fortuna altrove. Lo riporta Radio Azatlyk, secondo cui nelle condizioni di forte disoccupazione del Turkmenistan, che non viene riconosciuta dalle statistiche ufficiali, prima migravano per lo più i cittadini senza lavoro, ma la crisi economica è talmente profonda, che i miseri stipendi spingono anche gli occupati ad andarsene.

Il ministero del Lavoro e della difesa sociale di Ašgabat non pubblica le cifre relative alla situazione reale dell’occupazione nel Paese, tanto meno quelle sul livello della povertà tra la popolazione. Lasciano il posto anche gli impiegati nelle strutture della pubblica istruzione e della sanità, e si attendono esodi ancora più intensi per la prossima estate. Anche il servizio statale per le migrazioni rifiuta di commentare questa situazione.

Prima della pandemia, anch’essa non riconosciuta ufficialmente in Turkmenistan, la migrazione lavorativa riguardava soprattutto i più giovani, ma la nuova ondata sembra coinvolgere molti uomini oltre i 45 anni che percepivano stipendi statali. Negli anni passati la prima meta della fuga era la Turchia, quando non serviva il visto d’ingresso per questo Paese, mentre ora l’ingresso è stato limitato, e ci si orienta piuttosto sulla Russia o sugli Emirati arabi uniti.

La Turchia ha sospeso il regime di libero ingresso per i turkmeni da settembre 2022, e oggi servono almeno tre mesi per ottenere il visto, ma il numero dei migranti verso Ankara e Istanbul rimane comunque elevato. Le regioni russe più gradite sono quelle dei tatari di Kazan, di Rostov sul mar Nero o di Novosibirsk al centro della Siberia, mentre il lavoro a Dubai rimane uno degli obiettivi più desiderati.

La guerra russa in Ucraina apre nuove possibilità ai migranti lavorativi centrasiatici, in quanto la grande mobilitazione bellica, e le forti perdite in combattimento, stanno creando alla Russia non pochi problemi di reperimento della forza lavoro. Le persone emigrano per mantenere le famiglie, permettere ai figli di sposarsi, costruire o acquistare una casa, o permettere ai figli di accedere all’istruzione superiore. In patria, del resto, per ottenere un posto di lavoro bisogna pagare forti tangenti, per poi ricevere stipendi assai modesti.

La risposta indiretta a questa emergenza viene dalla grande pubblicità, diffusa dai mezzi statali d’informazione, delle nuove agenzie turkmene di “aggregazione dei quadri lavorativi”, che propongono aiuto per cercare lavoro. L’agenzia per l’emigrazione della Turchia ha calcolato che al momento vivono nel Paese 222mila cittadini del Turkmenistan, ma la cifra reale sembra molto vicina al milione.

Nel periodo della pandemia erano stati sospesi per più di due anni tutti i voli internazionali dal Turkmenistan, ma dopo la fine delle restrizioni la corsa ai biglietti aerei provoca code infinite alle biglietterie, pari a quelle davanti agli uffici comunali per ottenere i passaporti biometrici, per i quali servono almeno tre mesi di attesa, come per i visti d’ingresso in Turchia.

Le code ricordano quelle dei tempi sovietici: un membro della famiglia si reca all’ufficio alle 6 di mattina per ottenere il “talon”, il biglietto per mettersi in coda alle 9 per presentare la richiesta, mentre dal pomeriggio si forma la coda per ottenere il sospirato documento. E a ogni tappa si lascia un’offerta ai funzionari; per saltare tutte le code, la tangente parte da 200 dollari, ma può superare anche i 1.000, rivolgendosi direttamente ai dirigenti aeroportuali. Allora basta una telefonata dall’aeroporto ai rispettivi uffici locali, e come d’incanto si aprono ai turkmeni le porte del paradiso.

 

Foto: Flickr/Citt

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