13/05/2022, 12.41
REPUBBLICA CECA-CINA
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Praga, ministro degli Esteri: non in agenda cambio di nome nostra missione a Taiwan

di Emanuele Scimia

Mossa fatta invece dalla Lituania, che ha scatenato la rappresaglia politico-commerciale di Pechino. Secondo Jan Lipavský, i rapporti con Taipei possono prosperare anche senza mutamenti di nome. Cechi scontenti del crescente deficit commerciale con i cinesi. Praga valuta uscita dal Forum 16+1, promosso dalla Cina.

Roma (AsiaNews) – Il cambio di nome dell’ufficio di rappresentanza della Repubblica Ceca a Taipei, e di quello di Taiwan a Praga, non è nella agenda dei due governi in questo momento. Lo ha rivelato ad AsiaNews il ministro ceco degli Esteri, Jan Lipavský, smentendo voci di una iniziativa del genere da parte del suo governo, assunta invece lo scorso anno dalla Lituania.

A novembre il governo taiwanese ha aperto nella capitale lituana Vilnius una missione con il nome “Taiwanese”. La mossa ha provocato l’immediata risposta di Pechino, secondo cui il mancato uso del nome “Taipei” è una violazione della “politica dell’unica Cina”. Per il Partito comunista cinese, l’isola è una provincia “ribelle” da riunificare con la forza se necessario. Da allora i cinesi hanno azzerato i rapporti commerciali con i lituani, un’azione coercitiva denunciata dall’Unione europea all’Organizzazione mondiale del commercio.

Il nuovo governo ceco, entrato in carica a fine 2021, ha assunto una posizione più critica nei confronti della Cina. Collegando in modo stretto la Repubblica Ceca alla Belt and Road Initiative, il megaprogetto infrastrutturale e commerciale lanciato da Xi Jinping nel 2013, il presidente ceco Milos Zeman (in scadenza) voleva trasformare il suo Paese in una “portaerei inaffondabile” per gli investimenti cinesi in Europa.

I primi significativi dissapori tra Praga e Pechino risalgono all’agosto 2020, quando il presidente del Senato ceco Miloš Vystrčil è andato in visita a Taiwan. Il ministro cinese degli Esteri cinese Wang Yi ha risposto dicendo che Vystrčil l’avrebbe “pagata cara”.

Lipavský fa notare che la Repubblica Ceca ha stretti legami con Taiwan da decenni, e che questi si stanno rafforzando: “Taiwan è tra i nostri partner prioritari in Asia, soprattutto perché condividiamo gli stessi valori, come la democrazia e il rispetto dei diritti umani”. Lo stesso discorso, egli sottolinea, vale per il commercio e gli investimenti bilaterali, che ora si concentrano sull’industria dei microchip, di cui i taiwanesi sono i leader mondiali.

In un’intervista con Politico.EU, lo scorso mese Lipavský ha detto che Taiwan è “bullizzata” dalla Cina. Pochi giorni dopo, egli ha incontrato a Washington Penpa Tsering (v. foto), il leader del governo tibetano in esilio, scatenando le proteste dei cinesi.

Per il momento la leadership cinese si è limitata a reazioni verbali rispetto al cambio di rotta di Praga. “Come molti altri Paesi dell’Unione europea ed extra-Ue, la Repubblica Ceca ha sperimentato le azioni coercitive dei cinesi, ma non risulta che le mie parole abbiano avuto un impatto sul nostro commercio con Pechino”, spiega il capo della diplomazia ceca. Egli ammette però che il suo governo non è contento dello squilibrio commerciale con la Cina. Il deficit negli scambi della Repubblica Ceca con i cinesi continua infatti a crescere: nel 2020 è stato di 20,8 miliardi di euro, secondo l’Observatory of Economic Complexity.

Quanto alla permanenza dei cechi nel 16+1, il forum informale che riunisce la Cina e 16 Stati dell’Europa centrale, orientale e meridionale, tra i quali 11 Paesi Ue, Lipavský dice che il futuro impegno di Praga rientra nella revisione in corso dei rapporti con Pechino.

Il 16+1, abbandonato dalla Lituania lo scorso anno, è da tempo nel mirino della Ue, che lo considera uno strumento della Cina per dividere l’Unione, spingendo alcuni Stati membri ad allinearsi alle posizioni cinesi. Il giudizio di Lipavský è lo stesso duro: “Quando guardiamo indietro a ciò che è stato raggiunto e a quali benefici tangibili ha portato la nostra partecipazione al 16+1, dobbiamo giudicare che la maggior parte delle nostre aspettative non è stata soddisfatta”.

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