Proteste a Kathmandu: le speranze infrante di un'intera generazione
Le manifestazioni, partite dal blocco dei social media, hanno costretto il primo ministro alle dimissioni. La mobilitazione giovanile riflette la profonda delusione verso un sistema politico che ha tradito le speranze nate dall'adozione della democrazia. Le difficoltà economiche spingono molti a emigrare e già ad aprile si erano verificate proteste che chiedevano il ritorno della monarchia come alternativa alla corruzione dei partiti.
Kathmandu (AsiaNews) - Dopo due giorni di intense proteste l’esercito nepalese ha rafforzato i controlli intorno al Parlamento. I disordini erano scoppiati lunedì mattina, in seguito al blocco di diversi social media su cui erano circolate critiche ai ministri dell'esecutivo e ai loro famigliari per il loro stile di vita. Il divieto delle piattaforme digitali, però, rappresenterebbe solo il fattore scatenante: alla base della mobilitazione della Gen Z ci sono la corruzione e l’operato del governo.
Non sono bastate le revoche al blocco e le dimissioni del ministro dell’Interno, Ramesh Lekhah, per placare i manifestanti. Ieri sono stati appiccati diversi incendi a edifici governativi, tra cui il Parlamento, e alle abitazioni di politici e figure di spicco dell’esecutivo. La protesta è degenerata al punto da costringere il primo ministro Khadga Prasad Oli a lasciare l’incarico. Anche queste dimissioni, tuttavia, hanno avuto scarso effetto. Decine di migliaia di persone hanno continuato a occupare le piazze fino a sera, bloccando le strade e prendendo di mira ministri e leader politici. Video circolati online mostrano l’aggressione al leader del partito del Congress, Sher Bahadur Deuba, e a sua moglie Arzu Rana Deuba, attuale ministra degli Esteri, un episodio che riflette il profondo malcontento dei giovani nepalesi, colpiti da una grave disoccupazione e costretti a emigrare per avere un futuro.
Secondo gli analisti, la rabbia della società nepalese nasce dal crollo delle speranze che avevano accompagnato l’arrivo del governo democratico nel 2006, dopo il rovesciamento della monarchia in conseguenza alla guerra civile, e poi nuovamente nel 2015, con l’adozione della nuova costituzione. Entrambi quei momenti avrebbero dovuto segnare l’inizio di una nuova fase per il Paese, all’insegna di una maggiore stabilità economica.
Secondo alcuni commentatori, però, i politici che si sono alternati al potere, sono riuscite a rispondere alle richieste delle nuove generazioni, portando a una profonda disillusione e a un diffuso malcontento nei confronti dell’intero sistema politico, che ha visto il semplice alternarsi di tre principali partiti politici. La stessa dinamica si è vista negli ultimi anni anche in Bangladesh, con la caduta della prima ministra Sheikh Hasina lo scorso anno, ma soprattutto in Sri Lanka, dove la famiglia Rajapaksa è stata estromessa dal potere nel 2022.
Molti giovani si sentono senza speranza in Nepal e sono costretti a emigrare per trovare opportunità. Circa il 20% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, mentre le rimesse valgono circa 10 miliardi di dollari ogni anno.
Le proteste sono state descritte come un movimento guidato principalmente dalla “generazione zeta”, che raccoglie i nati dopo il 1995 fino al 2010. Una figura di spicco, emersa come catalizzatore del movimento, è il giovane sindaco di Kathmandu, Balen Shah, classe 1990, rapper ed eletto come candidato indipendente nel 2022.
Le proteste di questi giorni non sono un episodio isolato: già ad aprile, diversi gruppi civili si erano radunati davanti al Parlamento della capitale per chiedere riforme concrete, un intervento deciso contro la crisi economica e misure contro la corruzione dilagante. In questo clima di forte dissenso, gruppi politici come il Rastriya Prajatantra Party (RPP), vicino agli ambienti induisti, aveva assunto nuovo slancio tornando a riproporre un ritorno alla monarchia come soluzione alla corruzione e al malfunzionamento del governo.
19/10/2018 14:38