14/05/2007, 00.00
TURCHIA
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Prove di dialogo interreligioso, nel nome di don Santoro

di Mavi Zambak
Inaugurato ieri ad Iskenderum il Centro dedicato al sacerdote ucciso, presenti personalità cristiane e musulmane. Maddalena Santoro: “questa è l’eredità e il frutto più bello e prezioso di mio fratello”.

Antiochia (AsiaNews) - Mentre ieri, per la terza volta, dopo Ankara e Istanbul, più di un milione di persone, sventolando in allegria e spirito pacifico bandiere turche, si sono radunate a Smirne, per sostenere la democrazia e la laicità dello Stato contro ogni tentativo di islamizzazione, l’Hatay, regione nell’estremo sud della Turchi, al confine con la Siria, per la seconda volta nell’arco di un mese è stata teatro di iniziative di dialogo interreligioso e culturale tra le religioni presenti sul territorio.

Un mese fa era stato il prefetto della regione ad organizzare un coro composto dai rappresentanti delle varie confessioni religiose per un totale di novanta persone divise in sei gruppi (cattolici, ortodossi, armeni, ebrei, sunniti ed aleviti) di quindici cantori l’uno. Ogni gruppo, con un proprio particolare abbigliamento – segno della diversità nell’unità -  preparò ed eseguì, sotto la sovrintendenza di una insegnante turca, tre brani rispecchianti il proprio credo e la propria tradizione. In arabo, in ebraico, in armeno, in latino e in turco: un coro polifonico veramente unico. Introdotto dall’inno europeo e conclusosi con un canto popolare turco, cantati tutti insieme.

Musulmani, ebrei e cristiani - gente comune, impiegati, commercianti, insegnanti, studenti, disoccupati e casalinghe, imam, sacerdoti e suore, giovani e anziani, donne e ragazze – provarono fianco a fianco, si sostennero a vicenda, si incoraggiarono negli errori. Sono nate nuove belle amicizie grazie alla musica e al canto. Così, cantando, come diceva sant’Agostino, hanno pregato due volte, in un unico coro, l’unico Dio. E, come disse il vice prefetto complimentandosi con fierezza per l’esecuzione polifonica eseguita prima nel museo di Antiochia e poi nel teatro comunale della stessa città, “questa non è utopia, ma il marchio di un’Antiochia, che ha voluto essere segno e profezia di pacifica convivenza in un mondo dove per le religioni si combatte, si alzano muri, si uccide”.

Ieri, è stata la volta dell’inaugurazione ufficiale ad Iskenderun del “Centro di dialogo interculturale e interreligioso” dedicato a don Andrea Santoro, il prete romano “Fidei donum” ucciso a colpi di pistola il 5 febbraio 2006 nella sua chiesa a Trabzon.

E’ un progetto che lo stesso don Andrea aveva presentato alla Regione Lazio con queste finalità: “Sarà il nostro contributo per superare le distanze, pregiudizi e ignoranze e, quindi, gettare le basi di una convivenza dove la diversità non sia divisione o, peggio, ostilità, ma ricchezza disponibile e in libera circolazione”. E auspicava che “possiamo arrivare a riconoscerci meglio, rafforzando i vincoli di affetto tra noi, nel comune desiderio di vivere insieme in armonia, in pace e nella vicendevole fiducia”.

E l’associazione “Don Andrea Santoro onlus”, fondata dalla sorella del defunto sacerdote, Maddalena, in sintonia con la diocesi di Roma, il Vicariato apostolico dell’Anatolia e l’associazione Finestra per il Medio Oriente, e sponsorizzata dalla stessa regione Lazio che ne ha finanziato il progetto, ha risposto a questo invito facendosi portatrice e propulsore di questa iniziativa realizzata nella città di Iskenderun, sede del Vicariato apostolico dell’Anatolia, nel sud della Turchia.

Il vicario dell’Anatolia, mons. Luigi Padovese, a introduzione di questo simposio islamo-cristiano ha tenuto a precisare: “Il 25 aprile 2002 ero presente in Vaticano quando tra il prof. Mehmet Nuri Yilmaz, presidente dell’ufficio per gli affari religiosi di Turchia e il card. Francis Arinze, presidente del Consiglio per il dialogo interreligioso del Vaticano, è stata sottoscritta una dichiarazione di comuni intenti, finalizzata ad incrementare una maggiore conoscenza tra cristiani e musulmani, ad eliminare incomprensioni e pregiudizi, a rafforzare forme di collaborazione. Più recentemente, il papa Benedetto XVI nell’incontro del 28 novembre ad Ankara con il prof. Ali Bardakoglu, ha fatto appello alla necessità di un dialogo ispirato dal desiderio sincero di approfondire la conoscenza reciproca, nel rispetto delle differenze e nel riconoscimento degli elementi comuni. Il senso di questo nostro incontro è quello di raccogliere questi inviti, senza dimenticare che alla base di questa iniziativa c’è la figura di don Andrea Santoro”.

Così, per due giorni, un centinaio di persone, turche e non, cristiane e musulmane, si sono ritrovate insieme a riflettere attorno alla figura e all’importanza della “Parola Rivelata” nel Cristianesimo e nell’Islam. Professori di spicco quali Maurice Bormanns, Giuseppe Ghiberti e lo stesso vescovo Luigi Padovese per la parte cristiana, accanto a insegnanti turchi delle facoltà islamiche di Istanbul ed Ankara, hanno messo a disposizione di un pubblico molto attento e rispettoso le proprie conoscenze circa i due libri sacri quali il Corano e la Bibbia.

Presenti anche il nunzio apostolico di Ankara, Antonio Lucibello, un rappresentante per l’ufficio per gli affari religiosi di Turchia, e tutte le autorità civili della città di Iskenderun. E’ stato il muftì della città che, dicendosi molto onorato per questa iniziativa, ha dichiarato che questo simposio è il chiaro esempio che il dialogo non solo è possibile ma è una necessità cui nessuno può sottrarsi se si vuole convivere pacificamente insieme e né l’islam né alcuna religione può mai avallare per nessun motivo la violenza, anche se purtroppo le religioni spesso vengono utilizzate per nascondere in realtà altri problemi di relazione umana di altra natura (sociali, economici e politici).

E’ stata Maddalena Santoro a commentare con commozione alla fine del Simposio: “In questi due giorni mi sono resa conto che il ‘Centro don Andrea’ non è uno spazio fisico, quanto piuttosto un luogo interiore posto nel cuore di ogni persona di buona volontà che cerca con tutte le sue forze di non lasciarsi andare alla paura del percepire il diverso come una minaccia, quanto piuttosto di lasciar abitare l’altro dentro di sé e accoglierlo per quello che è. Questa è l’eredità e il frutto più bello e prezioso di mio fratello, che con tutta la sua vita non ha voluto altro se non comunicare la propria fede ed identità nel rispetto dell’altro, per trovare insieme strade comuni di amicizia e di stima”. Le uniche che possono portare ad una vera pace e ad un vero dialogo.

“Coro Arcobaleno”, “Centro di Dialogo interreligioso e culturale don Andrea”: due lumicini che testimoniano una speranza possibile.

 

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