20/09/2025, 10.49
ISRAELE - PALESTINA - ONU
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Quegli israeliani che chiedono il riconoscimento dello Stato palestinese

Una raccolta firme lanciata dal gruppo attivista Zazim, unisce cittadini ebrei e arabi. L’obiettivo è superare quota 10mila adesioni entro il 22 settembre quando è in programma all’Assemblea generale dell'Onu la sessione promossa da Francia e Arabia Saudita. A sostenere l’iniziativa anche familiari delle vittime del 7 ottobre. 

Gerusalemme (AsiaNews) - Novemila israeliani - andando contro corrente rispetto alla dura opposizione del governo Netanyahu - hanno firmato una petizione a sostegno del riconoscimento dello Stato palestinese in vista del prossimo vertice co-presieduto da Arabia Saudita e Francia il 22 settembre a New York. Un appuntamento nel contesto dell’Assemblea generale Onu, durante il quale Gran Bretagna, Francia, Canada, Australia e Belgio dovrebbero riconoscere formalmente la nascita dell’entità palestinese accanto allo Stato israeliano. La petizione, intitolata “No alla guerra - sì al riconoscimento!” aveva raccolto questa mattina 9.055 sottoscrizioni, con adesioni che continuano anche in queste ore. A promuovere l’iniziativa "Zazim - Community Action”, movimento popolare israeliano composto da ebrei e arabi che lavorano insieme per la democrazia e l’uguaglianza. Tra i familiari delle vittime del 7 ottobre che l’hanno sottoscritta vi è anche Yonatan Zeigen, figlio della pacifista israelo-canadese di lungo corso Vivian Silver, che ad AsiaNews aveva sottolineato come la pace sia il solo “destino comune” per i due popoli.

“Siamo cittadini israeliani che si oppongono al proseguimento della guerra a Gaza e credono nella pace” si legge nella petizione. “Chiediamo alle nazioni del mondo - prosegue il documento - di riconoscere la Palestina durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite”. “Il riconoscimento è un dato di fatto”, continua. “Dobbiamo scegliere se unirci al mondo o schierarci con [il primo ministro Benjamin] Netanyahu, [il ministro delle Finanze Bezalel] Smotrich e Hamas, che si oppongono al riconoscimento” esaltando l’ideale della “moderna Sparta” in guerra perenne. 

Analisti ed esperti israeliani sottolineano come non vi siano indicazioni in base alle quali Hamas si opponga al riconoscimento dello Stato palestinese, per questo non potrà che celebrare un crescente sostegno internazionale. Tuttavia, ed è questo il nodo centrale, il movimento estremista che controlla la Striscia si oppone con forza alla soluzione ai due Stati che prevede, al contempo, il riconoscimento dello Stato di Israele che dovrebbe essere incluso nell’annuncio. Ecco perché, spiegano i promotori, la petizione mira a “mostrare al mondo che gran parte della società israeliana comprende che il riconoscimento di uno Stato palestinese è anche nell’interesse di Israele”, esercitando pressioni su Stati Uniti e Germania perché sostengano anch’essi l’iniziativa. 

L’obiettivo è arrivare almeno a 10mila firme di cittadini ebrei e arabi alla vigilia dell’Assemblea generale Onu della prossima settimana, per “mostrare al mondo che esiste una voce israeliana forte e chiara che si oppone a una guerra senza fine”. E che si aspetta “un coinvolgimento internazionale per porre fine alla guerra e portare la pace”. L’assise al Palazzo di Vetro includerà anche un vertice il 22 settembre, co-presieduto da Riyadh e Parigi, denominato “Conferenza internazionale di alto livello per la risoluzione pacifica della questione palestinese e l'attuazione della soluzione dei due Stati”. Per l’occasione, la maggioranza degli Stati dovrebbe votare a favore del riconoscimento della Palestina. L’iniziativa franco-saudita di rilanciare le discussioni sulla soluzione dei due Stati e sul riconoscimento di uno Stato palestinese è “un’opportunità straordinaria” afferma Raluca Ganea, cofondatrice e direttrice esecutiva di Zazim. “Una soluzione politica con due Stati per due popoli, ciascuno con sovranità, sicurezza e pace, è l’unica alternativa sul tavolo”.

Molti dei firmatari sono membri di famiglie in lutto. Tra questi figurano Ayelet Harel, co-amministratore delegato del Parents Circle-Families Forum per le famiglie palestinesi e israeliane in lutto, il cui fratello è stato ucciso nel 1982 durante la guerra del Libano. Vi sono poi i parenti di vittime del 7 ottobre 2023 o di persone rapite e detenute a Gaza. Tra questi vi sono Yotam Kipnis di Zazim, i cui genitori Lilach ed Eviatar sono stati assassinati nel kibbutz Be’eri; Liora Eylon, sopravvissuta al massacro del kibbutz Kfar Aza, ma il cui figlio è stato assassinato; Maoz Inon, attivista per la pace i cui genitori Bilha e Yakov Inon sono stati uccisi a Netiv Ha’asara; e Yonatan Zeigen, la cui madre Vivian Silver è stata assassinata nel kibbutz Be'eri.

Il previsto riconoscimento dello Stato palestinese ha suscitato una forte condanna da parte di Israele, che ha definito l’iniziativa un “premio al terrorismo”. “L'unico beneficiario è Hamas... Quando sono i terroristi a esultare, non si promuove la pace, ma si promuove il terrorismo”, ha dichiarato la scorsa settimana l’ambasciatore israeliano all’Onu Danny Danon. In realtà, la petizione respinge con forza l’idea che la creazione dello Stato palestinese sia un regalo al movimento estremista che controlla la Striscia e autore dell’attacco terrorista di due anni fa.

Interpellato dal Times of Israel Zeigen smonta la propaganda ufficiale del governo israeliano, affermando che “uno Stato palestinese non è una ricompensa per Hamas, ma è proprio ciò che può smantellarlo”. Perché Hamas, prosegue, “è un’idea basata sulla resistenza e sulla violenza incontrollata”. Al tempo stesso, avverte, il ciclo infinito di traumi e vendette in cui sono intrappolati sia gli israeliani che i palestinesi si tradurrà in violenza finché non ci sarà “un senso o una speranza di un orizzonte migliore”. “Il 7 ottobre - prosegue Zeigen - ha dimostrato che la politica di ‘gestione’ del conflitto e di soffocamento di ogni altra prospettiva per i palestinesi ci si ritorce contro ogni volta”, mentre guerra e distruzioni perpetue alimentano il circolo di violenza. 

“Vi è una questione fondamentale qui, in cui due popoli hanno un problema comune: come convivere sulla stessa terra, in libertà, sicurezza e prosperità” ha spiegato il figlio di Vivian Silver. E “la strada verso una soluzione - aggiunge - non passa attraverso la forza militare, ma solo quando incontriamo i palestinesi partendo da un punto di partenza di uguaglianza. Per farlo, dobbiamo porre fine all’occupazione, all’annessione e al conflitto in generale”. “Non vogliamo vendicare la morte dei nostri genitori. Questo - chiosa l’attivista Maoz Inon - non li riporterà in vita e aumenterà solo gli orrori e il terrore in cui siamo intrappolati”. “La strada verso la nostra guarigione e quella dei nostri popoli non può passare attraverso lo spargimento di sangue. Sarà possibile - conclude - solo attraverso un processo di riconciliazione”.

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