27/09/2013, 00.00
MYANMAR – CINA
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Rakhine, attivisti condannati per le proteste contro l’oleodotto cinese

Il tribunale ha emesso una pena di tre mesi per 10 birmani, colpevoli di aver promosso “manifestazioni pacifiche”. All’esterno centinaia di cittadini chiedevano la loro liberazione. Nonostante la richiesta di permesso, le autorità non hanno mai concesso il via libera alle manifestazioni contro il progetto miliardario che lega Pechino e Naypyidaw.

Yangon (AsiaNews/Agenzie) - Un tribunale dello Stato occidentale di Rakhine ha condannato 10 attivisti birmani al carcere per aver partecipato alle proteste contro lo "Shwe pipeline", un oleodotto che collega il Myanmar con la municipalità di Kunming, nel sud della Cina. La sentenza è giunta ieri e stabilisce che gli imputati dovranno scontare tre mesi di prigionia ciascuno, scatenando le ire della popolazione locale che si è battuta a lungo contro il progetto multimiliardario. Almeno 300 persone, provenienti da 20 villaggi, hanno circondando la Corte della città di Kyautpyu, chiedendo il loro rilascio.

Gli attivisti condannati erano stati fermati nell'aprile scorso, dopo essersi uniti alla proteste delle centinaia di persone scese in piazza per manifestare contro gli espropri forzati e i compensi irrisori a titolo di risarcimento. Essi chiedevano inoltre migliori collegamenti e infrastrutture per la zona e un compenso maggiore per gli operai locali.

I giudici hanno emesso una sentenza di condanna in base all'Articolo 18 del Codice penale, chiamato Legge sulle assemblee pacifiche. Una norma controversa, usata per punire gli attivisti anti-oleodotto perché colpevoli di aver "promosso una manifestazione pacifica, senza il permesso".

L'articolo 18 è fonte di controversie e criticato con forza da movimenti pro diritti umani, perché considerato un mezzo per imbavagliare le voci critiche, a dispetto dei tentativi di riforme e aperture intrapresi dal governo semi-civile e riformista birmano, dopo decenni di dittatura militare. I leader della protesta dell'aprile scorso chiariscono di essere scesi in piazza, dopo aver più volte chiesto regolari autorizzazioni a manifestare, sempre respinte dalle autorità.

A 24 ore dalla sentenza di condanna degli attivisti si levano molte voci che chiedono di far decadere le accuse (e la pena) nei confronti dei dieci. Le voci critiche ricordano che la norma in base alla quale è stata emessa la sentenza "non è conforme" agli standard internazionali in tema di diritti umani. Phil Robertson, vice-direttore Asia di Human Rights Watch (Hrw), aggiunge che "nessuna leadership onesta farebbe finta di nulla davanti alla persecuzione del proprio popolo, che contesta in modo pacifico i piani di sviluppo statali".

Dopo anni di lavoro e miliardi di dollari di investimenti, la Shwe pipeline (lunga circa 800 km) varca i confini del Myanmar per rifornire di energia le industrie di Pechino; tuttavia, secondo i critici, non sarà certo la popolazione civile birmana a ricavare i maggiori benefici dall'investimento in termini di ricavi e di uso dell'energia prodotta e veicolata. A pieno regime, il gasdotto potrà trasportare circa 12 miliardi di metri cubi di gas, pari al 6% del totale del fabbisogno cinese in tema di energia. Per quanto concerne i proventi, almeno 1,8 miliardi di dollari all'anno andranno nelle tasche della compagnia statale birmana Moge, anche se non è chiaro come verranno distribuite le risorse e chi siano i reali beneficiari di questo enorme flusso di denaro.

 

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