15/06/2015, 00.00
MYANMAR - ASIA
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Rakhine, monaci ed estremisti buddisti in piazza contro i musulmani Rohingya

Gruppi nazionalisti e religiosi criticano il governo, che ha accolto centinaia di boat-people alla deriva nei mari. I dimostranti annunciano nuove manifestazioni per “proteggere il futuro” dello Stato. Continua il silenzio di governo e opposizione democratica sulle tensioni confessionali.

Yangon (AsiaNews/Agenzie) - Movimenti estremisti buddisti birmani, sostenuti da un gruppo di monaci nazionalisti, hanno lanciato da ieri una nuova serie di dimostrazioni anti-Rohingya nello Stato occidentale di Rakhine, teatro da tempo di violenze confessionali. I manifestanti protestano contro l’aiuto offerto dal governo di Naypyidaw a centinaia di migranti appartenenti alla minoranza musulmana, soccorsi dopo aver vagato a lungo alla deriva in mare aperto. Nelle ultime settimane nel continente asiatico, e in particolare nella regione del Pacifico, è esplosa una vera e propria emergenza migranti con migliaia di moderni boat-people al largo nel Golfo del Bengala. 

Migliaia di persone, in maggioranza musulmani Rohingya dal Myanmar, insieme a lavoratori migranti del Bangladesh, sono stati soccorsi nel mare delle Andamane e lungo le coste di Indonesia, Malaysia e Thailandia. Un dramma acuito dal giro di vite imposto da Bangkok - vero e proprio crocevia della tratta - sul commercio di vite umane, dopo la scoperta di una fossa comune nei pressi del confine con la Malaysia in cui erano sepolti decine di Rohingya.

La situazione è quindi precipitata con la politica dei respingimenti adottata - e sconfessata in un secondo momento, al termine di un vertice fra ministri degli Esteri - da Jakarta e Kuala Lumpur. 

Ieri a Sittwe, capitale dello Stato Rakhine, si sono radunate almeno 500 persone capeggiate da dozzine di monaci, che hanno sfidato l’incessante pioggia intonando slogan e canti anti-Rohingya, minoranza emarginata in Myanmar e privata del diritto di cittadinanza. Fonti locali riferiscono che la manifestazione si è conclusa dopo circa due ore e non si sono registrati incidenti o violenze. 

Analoghe dimostrazioni si sono tenute in altre 10 cittadine dello Stato a ovest del Myanmar, confinante con il Bangladesh. Aung Htay, uno dei leader della protesta a Sittwe, afferma che “stiamo manifestando contro i Bengali [nome con cui vengono identificati i Rohingya in Myanmar, anche quanti vivono nella regione da generazioni, ndr] che sono stati spediti nello Stato di Rakhine”. 

A Maungdaw, la cittadina più vicina al punto in cui sono stati recuperati e ospitati i migranti Rohingya (almeno 900) in attesa di una collocazione definitiva, Tin Maung Than, leader della protesta, parla di oltre 200 persone scese in piazza a dimostrare. “Raduniamo la gente” afferma, per “protestare contro i boat-people Bengali”. 

Un manifesto diffuso durante le dimostrazioni invita la gente a “proteggere il futuro” dello Stato Rakhine e si riferisce ai migranti con il nome di “Kalar”, epiteto a sfondo razzista usato dalla maggioranza buddista birmana in tutta la nazione per descrivere i musulmani. 

Negli ultimi anni in Myanmar si è diffuso un sentimento anti-musulmano, alimentato da gruppi di monaci buddisti che fomentano la tensione confessionale. In questo contesto, né il governo né il principale partito di opposizione, la Lega nazionale per la democrazia (Nld) di Aung San Suu Kyi (anch’essa oggetto di critiche) sono intervenuti per stemperare gli animi e difendere la minoranza. 

Le tensioni sono sfociate nel 2012 in veri e propri scontri di piazza, che hanno causato centinaia di vittime e la fuga di decine di migliaia di Rohingya dallo Stato Rakhine, in direzione di Malaysia e Indonesia, nazioni a larga maggioranza musulmana. Un esodo ignorato a lungo e che, negli ultimi mesi, si è trasformato in una vera e propria emergenza regionale.

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