21/10/2025, 18.03
VATICANO
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Rapporto ACS sulla libertà religiosa: non pienamente garantita a 5,4 miliardi di persone

di Daniele Frison

Presentato a Roma il Rapporto di Aiuto alla Chiesa che Soffre per il bienno 2023-2024. Cina, India e Corea del Nord tra i Paesi con le violazioni più gravi. Il card. Parolin richiama la Dignitatis Humanae, a 60 anni dal Concilio Vaticano II: "Diritto civile fondamentale nelle costituzioni". Dal Pakistan alla Siria la richiesta che “i volti perseguitati della Chiesa non vengano dimenticati”.

Città del Vaticano (AsiaNews) - “La libertà religiosa è un diritto umano, non un privilegio”. È su questo assunto che poggia il rapporto pubblicato ogni due anni da Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS). L’ultimo, relativo al biennio 2023-2024, è stato presentato oggi al Pontificio Istituto Patristico Augustinianum di Roma e, secondo l’ong cattolica, “lancia un allarme preoccupante”: due terzi dell’umanità, 5,4 miliardi di persone, vivono in Paesi dove la libertà religiosa non è pienamente garantita. Tra le nazioni che registrano le persecuzioni più gravi vi sono Cina, India e Corea del Nord. Mentre, nel periodo di riferimento, solo due Paesi, entrambi dell’Asia, hanno mostrato miglioramenti: Kazakistan e Sri Lanka. 

Il 10 ottobre papa Leone XIV ha ricevuto in udienza staff e collaboratori di ACS. In riferimento allo studio - che analizza dal 1999 le violazioni alla libertà religiosa in 196 Paesi e ai danni di tutte le comunità religiose - ha affermato: “Per più di 25 anni il vostro Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo è stato uno strumento potente di sensibilizzazione. Questo rapporto fa più che fornire informazioni; reca testimonianza, dà voce a chi non ha voce e rivela la sofferenza nascosta di tanti”. Parole che sono state riprese questa mattina dal card. Pietro Parolin, intervenuto alla presentazione. Il Segretario di Stato della Santa Sede ha ricordato nel suo discorso la Dignitatis Humanae, dichiarazione del Concilio Vaticano II sulla libertà religiosa del 1965, esattamente 60 anni fa, documento “pietra miliare” di tale diritto universale.

“Il principio della libertà religiosa permea tutti gli aspetti dell’interazione umana, sia individuale che collettiva”, ha affermato il cardinale. Infatti, esso “protegge il santuario interiore della coscienza”, e allo stesso tempo “promuove comunità vivaci in cui persone di fedi diverse possono vivere insieme”. Parolin ha aggiunto che tale principio, per essere affermato, ha bisogno di essere “formalmente riconosciuto all’interno dei quadri giuridici”. All’incontro odierno all’Augustinianum si sono alternate voci da Pakistan, India, Siria - solo per citare Asia e Medio Oriente - che hanno sottolineato l’importanza della libertà religiosa e, viceversa, il disvalore che provoca la sua assenza. “Dovrebbe essere sancito come diritto civile fondamentale nelle costituzioni, nelle leggi nazionali e nei trattati internazionali”, ha continuato.

È per mezzo di lungimiranti “programmi politici” che è possibile superare i “limiti pratici”, ha spiegato il cardinale, sottolineando la responsabilità delle autorità civili. E auspicando, quindi, una “collaborazione diligente contro pratiche che potrebbero erodere le norme etiche, come l’incitamento alla violenza o lo sfruttamento mascherato da espressione religiosa”. Parolin ha quindi ricordato l’articolo 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani dell’Onu, che “afferma che la libertà religiosa non è un privilegio contingente, ma un diritto inalienabile indispensabile alla piena realizzazione del potenziale umano”. Infine, sul rapporto presentato oggi, ha affermato che è “preoccupante” che sia l’edizione più ampia mai pubblicata. “Ciò indica che le violazioni della libertà religiosa stanno aumentando di anno in anno”. 

Tale preoccupazione è stata confermata da Regina Lynch, presidente internazionale di ACS. “Il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione non è soltanto sotto pressione: in molto Paesi sta scomparendo”, ha affermato stamane. Il Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo - che compie quest’anno 25 anni di pubblicazioni - individua nell’autoritarismo il principale fattore globale causa di repressione. Talvolta, le autorità - come accade in Cina e Iran - ricorrono a tecnologie di sorveglianza di massa, cesura digitale, arresti arbitrari. Il rapporto sottolinea anche la costante espansione dell’estremismo islamista, in particolare in Asia e Africa. Ma la repressione è causata anche dal nazionalismo etno-religioso. In Myanmar e India si registrano aggressioni ed esclusione legale contro le comunità cristiane e musulmane. In India è presente una “persecuzione ibrida”, combinazione di leggi discriminatorie e violenza.

Inoltre, contribuisce al declino della libertà religiosa anche la presenza di guerre. È il caso di Myanmar, Ucraina, Russia, Israele e Palestina. ACS parla di “crisi silenziosa di sfollamento”, causata da guerre e violenze a sfondo religioso. Viene sottolineato anche che il mondo “occidentale” non è immune da tale processo. Nel 2023 si sono registrati in Francia quasi mille attacchi alle chiese, con episodi simili in Grecia, Spagna, Italia e Stati Uniti. Secondo ACS, sono atti “che riflettono un clima crescente di ostilità ideologica nei confronti della religione”. “La libertà religiosa è il termometro del rispetto di tutti gli altri diritti umani. Il suo declino segnala un più ampio arretramento delle libertà fondamentali”, ha concluso la presidente Regina Lynch.

Sempre stamattina, al panel “Voci dalla Chiesa sofferente”, è intervenuto mons. Jacques Mourad, dal 2023 arcivescovo di Homs e fondatore insieme a p. Paolo Dall'Oglio della comunità monastica di Deir Mar Musa al-Habashi. Rapito dall’Isis nel 2015, riuscì a scappare. Con le sue parole ha gettato luce sulla “crisi” che attraversa la Siria. “La comunità [internazionale] dovrebbe adottare una posizione chiara nei confronti di ciò che sta accadendo in Siria”, ha detto. “A livello interno è necessaria una cooperazione tra tutte le istituzioni e organizzazioni locali e internazionali”. Nell’instabilità diffusa in Siria, la Chiesa “cerca di svolgere un ruolo importante nella formazione sociale”, come dimostrano le attività ad Aleppo, con forum dedicati a “formare persone capaci di svolgere un ruolo politico quando se ne presenterà l’occasione”, ha detto Mourad.

“Oggi, ci sentiamo stranieri nella nostra terra”, ha aggiunto. Il flusso migratorio, effetto delle violenze, non si è interrotto a seguito delle iniziative internazionali. Perché, prima, è necessario un modello politico “ben definito”, ha sottolineato l’arcivescovo di Homs. Ricordando che, allo stesso tempo, “il conflitto in Siria non è una decisione interna”, per l’influenza che esercitano le potenze straniere. Mons. Jacques Mourad ribadisce il quadro “delicato” della Siria, nel quale non vi è una chiara "visione di futuro”. “Negli ultimi 14 anni abbiamo visto le guerre e i conflitti interni moltiplicarsi”, ha affermato. Aggiungendo, infine: “Ringraziamo Dio per l'esistenza della Chiesa che ci riporta a tutti l'etica della giustizia e la dignità dell'essere umano come valore supremo”.

Nello stesso panel è intervenuta anche Shagufta Kausar, cristiana pakistana che, insieme al marito Shafqat Emmanuel, fu falsamente accusata di blasfemia nel 2013 e condannata a morte. Dopo 8 anni nel braccio della morte venne assolta nel 2021 ottenendo asilo in Belgio. Intervenuta insieme al fratello, hanno affermato: “Quello che vogliamo ora è difendere i nostri fratelli e sorelle che sono ancora dietro le sbarre”. E ancora: “Molte persone sono state violentate in Pakistan, semplicemente a causa della loro fede. Semplicemente perché erano cristiani. E sono stati falsamente accusati di blasfemia”. L’appello lanciato da Shagufta Kausar è “che i perseguitati della Chiesa non vengano dimenticati”. La sua storia di dolore è un’altra testimonianza dell’erosione globale della libertà religiosa, diritto umano, non privilegio.

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