Religioni nel mondo: il calo dei buddhisti
Secondo i più recenti dati del Pew Research Center sono l'unica confessione ad avere un numero di fedeli più basso rispetto a quello del 2010, con un calo di 18,6 milioni di fedeli. Effetto della diffusione in Paesi fortemente segnati dalla crisi delle nascite ma anche dei mutamenti nel mondo giovanile delle società del sud-est asiatico. Anche l'età media vicina ai 40 anni è la più alta tra i fedeli delle diverse religioni.
Milano (AsiaNews) – In questi giorni il Pew Research Center – uno dei più autorevoli osservatori globali - ha pubblicato il suo nuovo report su com’è cambiato il panorama religioso nel mondo dal 2010 al 2020. A livello generale con l’aumento della popolazione mondiale nella maggior parte dei casi cresce anche il numero complessivo di fedeli delle religioni. I cristiani restano il gruppo religioso più numeroso; tuttavia, pur crescendo in termini assoluti, la loro quota percentuale sul totale globale della popolazione è diminuita dell’1,8%, segno che il loro incremento è stato più lento rispetto alla media demografica. Al contrario, i musulmani sono il gruppo in più rapida crescita, con un aumento dell’1,8% in termini relativi.
Anche i “non affiliati”, cioè coloro che non si riconoscono in nessuna religione sono cresciuti, registrando un aumento di poco inferiore all’1%. In totale: i cristiani sono circa 2.3 miliardi, i musulmani 2 miliardi e i non affiliati 1.9 miliardi. Indù, ebrei e gli altri piccoli gruppi religiosi - nel sondaggio vengono raccolti sotto la voce “altre religioni” (Baha’i, taoisti, giainisti, sikh e numerosi altri gruppi) - sono cresciuti allo stesso ritmo della popolazione mondiale non registrando significative variazioni percentuali. Gli induisti sono circa 1.2 miliardi, gli ebrei 14,8 milioni e gli altri piccoli gruppi religiosi contano circa 200 milioni di fedeli.
Dentro a questo scenario, a colpire è soprattutto un dato: a livello globale l’unico gruppo a registrare un calo anche in valore assoluto sono i buddhisti. Attualmente se ne contano poco più di 324 milioni nel mondo, cioè 18,6 milioni in meno (-5,4%) rispetto al decennio precedente. Sono diventati il 4,1% della popolazione globale, contro il 4,9% del 2010 (-0,8%).
Stimare la dimensione della popolazione buddhista non è un’impresa facile, perché nelle società dell'Asia orientale, dove questa fede è prevalente, la religiosità può assumere caratteristiche diverse. Le stime alla base del rapporto del Pew Research Centre partono dalla seguente domanda: “Qual è la tua religione, se ne hai una?”. In diverse località della regione, le traduzioni comuni di “religione” fanno spesso riferimento a forme organizzate e gerarchiche, come il cristianesimo, e alcuni buddhisti rifiutano questo tipo di aderenza formale.
Fatta questa premessa, i gruppi religiosi crescono o meno per due motivi: la scelta di aderire ad un altro gruppo o le dinamiche demografiche. Ed è soprattutto questo secondo aspetto ad avere avuto un forte impatto sui buddhisti. A confermarlo sembrerebbe anche il fatto che, in termini assoluti, il loro calo per il momento è in linea con la variazione demografica. Non essendo diffuso nei Paesi a più alta natalità, riflette in larga parte il declino demografico in realtà come la Cina o il Giappone, dove le nascite sono poche- E la stessa età media globale dei buddhisti - quasi 40 anni - è oggi la più alta tra i grandi gruppi religiosi.
La Thailandia è il Paese con il più alto numero di buddhisti al mondo - 68 milioni, il 94% della popolazione. Seguono la Cina - 53 milioni, circa il 4% della popolazione -, il Myanmar, il Giappone e il Vietnam. In Corea del Sud, invece, la percentuale di buddisti è crollata di 7 punti; in questo caso il calo non è solo demografico, ma anche culturale, con un numero crescente di persone che si identificano come “non affiliati”. Al contrario il Vietnam è l’unico grande Paese dove i “non affiliati” sono diminuiti, con un -7% nello stesso periodo.
Anche in Thailandia i buddhisti diminuiscono, complice l’invecchiamento della popolazione. Questo non significa però automaticamente che i giovani thailandesi si stiano allontanando dalla religione. Una recente indagine dell’Iseas -Istituto di studi sul sud-est asiatico - rivela ad esempio un quadro più complesso. Gli studenti universitari buddhisti pregano meno rispetto a quelli di altre fedi e solo poco più della metà degli intervistati si affida ai valori della propria religione quando prende decisioni importanti. Tuttavia, lo stesso sondaggio dice che la maggior parte considera comunque la religione una parte essenziale della propria vita. Lo scarto tra l’osservanza delle pratiche e l’importanza percepita, indica più un cambiamento nel modo in cui la spiritualità viene vissuta, piuttosto che un suo abbandono.
Si potrebbe quindi sostenere che una religione poco dogmatica come quella buddhista si sia prestata più di altre ad un mutamento, soprattutto tra i più giovani. Emblematica è la diffusione del cosiddetto mutelu. Il termine richiama il titolo di un film indonesiano del 1979 - Mutelu: Occult War - che esplora temi come la superstizione e la magia nera, ma che ha nel tempo ha assunto un significato più ampio e sfumato. Oggi identifica una galassia di pratiche spirituali che si sono affermate con forza tra i giovani thailandesi, i quali ne hanno dettato le regole: gli amuleti hanno un design moderno e minimalista, compatibile con l’estetica dei social media, ed è cresciuta l’esperienza online a scapito della visita ai templi. I giovani starebbero quindi rivestendo la loro ricerca di significato secondo codici propri della generazione Z, reinterpretando la spiritualità in chiave non ortodossa. Il mutelu potrebbe dunque non essere solo una semplice moda, ma il segno di una dimensione spirituale della nuova generazione thailandese che non trova risposte nei modelli tradizionali.
12/10/2021 08:54
01/10/2019 11:46