Senza giuria i processi a Jimmy Lai e ai 47 attivisti pro-democrazia
Il dibattimento per il magnate cattolico fondatore del quotidiano Apple Daily - in cella da 20 mesi - comincerà il 1 dicembre. Il giudizio sarà affidato a un collegio di tre giudici appositamente nominati, facendo cadere un cardine delle tutele giuridiche del sistema locale. Lai ha annunciato che si dichiarerà innocente rispetto alle accuse di “sedizione e cospirazione con forze straniere” per le quali rischia il carcere a vita.
Hong Kong (AsiaNews) - A Hong Kong si svolgeranno senza una giuria popolare, ma solo davanti a un collegio ristretto di tre giudici nominati dal governo i processi a Jimmy Lai - il magnate cattolico, editore del quotidiano Apple Daily, (costretto alla chiusura), in carcere ormai dal dicembre 2020 - e quello ai 47 attivisti del movimento pro-democrazia tra cui Benny Tai e Joshua Wong, accusati di “cospirazione e attentato alla sicurezza” per aver organizzato nell'estate 2020 elezioni primarie in vista del voto per l’Assemblea legislativa.
La notizia è emersa in questi giorni nell’ambito di alcune udienze preliminari procedurali in vista del dibattimento, il cui inizio per il caso di Jimmy Lai e degli altri sei tra giornalisti e amministratori dell’Apple Daily è stato fissato per l'1 dicembre. In quell’occasione la difesa di Lai ha anche reso noto che al processo Jimmy Lai si proclamerà innocente dei reati di “sedizione e cospirazione con forze straniere” a lui attribuiti. Si tratta di accuse per le quali è previsto anche il carcere a vita. Per permettere poi di sostenere le spese legali, sono stati inoltre sbloccati i fondi delle società di Lai, il cui strangolamento economico era stata la strada che aveva portato nel giugno 2021 alla chiusura del quotidiano.
I processi senza giuria popolare sono un ulteriore passo significativo nella cancellazione delle tutele personali. “Una delle caratteristiche più importanti del sistema giudiziario di Hong Kong è il processo con giuria, cioè il processo in tribunale da parte di altri membri della comunità della persona processata” è l’affermazione che campeggia tuttora nella pagina ufficiale di presentazione delle procedure penali ereditate dal mandato britannico e in vigore per oltre 170 anni. Le famigerate leggi sulla Sicurezza nazionale ora hanno permesso di metterle in discussione. L’amministrazione ha giustificato ufficialmente il ricorso al collegio ristretto di soli giudici appositamente nominati sostenendo che le sarebbe stato difficile garantire l’incolumità personale dei giurati e delle loro famiglie. Ma appare evidente, piuttosto, la preoccupazione di evitare possibili sorprese nei due più importanti verdetti sulle proteste del 2019.
Del resto un altro processo senza giuria per imputazioni legate alla legge sulla Sicurezza nazionale si è già svolto nel luglio dello scorso anno per il caso dell’attivista Tong Ying-kit, accusato di “incitamento alla secessione” e “atti di terrorismo” per aver sventolato una bandiera recante uno slogan politico: come facilmente prevedibile è stato giudicato colpevole e condannato a nove anni di carcere.
Contro la scelta di escludere la giuria popolare dal processo per i 47 attivisti per la vicenda delle elezioni primarie si era espresso pubblicamente nei giorni scorsi Tik Chi-yuen, l’unico parlamentare non allineato a Pechino che - tra arresti, candidature respinte e sistemi blindati di designazione - è stato eletto all’Assemblea nazionale. In una lettera al ministro della Giustizia Paul Lam ha scritto che “le elezioni primarie hanno coinvolto il pubblico nell'espressione del voto. Pertanto, la partecipazione del pubblico dovrebbe fare parte delle caratteristiche di questo caso”. Non c’è però alcuna possibilità che questa richiesta di Tik Chi-yuen venga accolta.
Anche per questo, dunque, tra i 47 accusati vi sono state scelte processuali diverse: in 29 - tra cui gli stessi Benny Lai e Joshua Wong - hanno fatto dichiarare ai propri legali nell’udienza preliminare che si dichiareranno colpevoli, mentre gli altri 18 rigetteranno le accuse. Secondo i dati più aggiornati dell’Hong Kong Political Prisoners Database nell’ex colonia britannica vi sono attualmente 1014 persone detenute per motivi politici.
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