07/10/2014, 00.00
MYANMAR - VATICANO
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Sinodo: in Myanmar "la famiglia è salda, ma serve una risposta ai temi aperti"

di Francis Khoo Thwe
Mons. Charles Bo auspica discussioni approfondite e aperture su "comunione per divorziati e risposati”. Persone separate, racconta ad AsiaNews, “vivono un rapporto profondo con la fede” e desiderano ricevere il sacramento. In Myanmar la famiglia tradizionale non è oggetto di minacce e “nel 95% dei casi” le unioni sono durature. La Chiesa è attiva nella promozione di incontri per coppie e corsi pre-matrimoniali. La sfida della testimonianza dei cattolici fra i non cristiani.

Yangon (AsiaNews) - Dal Sinodo che ha preso il via in questi giorni "spero possano arrivare indicazioni più di metodo sulla pastorale delle famiglie", oltre che una discussione approfondita in tema di "comunione per per divorziati e coppie risposate". "Non vale per tutti, ma vi sono alcuni casi di persone che vivono un rapporto profondo e onesto con la propria fede e desiderano ricevere la comunione". È quanto afferma ad AsiaNews mons. Charles Bo, arcivescovo di Yangon, affrontando il tema della famiglia in Myanmar e i molti elementi al centro dei lavori dell'Assemblea generale straordinaria in programma a Roma dal 5 al 19 ottobre. "Dato che la famiglia è la Chiesa domestica - avverte il prelato - vorremmo che fosse posta sempre più attenzione alle famiglie". 

Se "fino ad oggi" nella ex Birmania la famiglia tradizionale non è stata oggetto di attacchi e minacce, perché nella maggior parte dei casi "non si pensa a matrimoni fra persone dello stesso sesso", restano ancora molte le sfide da affrontare e risolvere, non solo per i cattolici.

Una scarsa conoscenza "della gestione" delle problematiche familiari, la scarsità di risorse economiche e di educazione sui temi della sessualità sono alcuni dei punti fissati dal prelato. A questi si aggiungono le "separazioni dovute alle migrazioni per lavoro" di uno dei due membri della famiglia, spesso nelle "nazioni confinanti" dell'area, prima fra tutte la Thailandia. 

L'arcivescovo di Yangon è una delle personalità di primo piano della Chiesa in Myanmar, da tempo attivo nella difesa dei diritti umani, dell'unità e della libertà religiosa in una nazione teatro, ancora oggi, di violenze e abusi verso minoranze e dissenso interno. In tema di famiglia, egli avverte che le unioni "fra cattolici, cristiani o fra membri di altre religioni sono molto positive", tanto che "nel 95% dei casi si può dire che i matrimoni siano stabili". Il prelato aggiunge che "non ha ancora attecchito" la cultura delle unioni fra persone dello stesso sesso e, anche fra i buddisti, "il concetto di monogamia, salvo che per i musulmani, resiste ancora oggi". 

Anche in Myanmar la Chiesa da tempo è attiva nella promozione "di corsi pre-matrimoniali" e organizza incontri e seminari "dedicati alle coppie". La nazionalizzazione delle scuole con l'avvento al potere del regime militare nel 1965 ha concesso anche ai cristiani di esercitare una influenza attiva in tema di educazione, mentre nelle parrocchie l'attenzione è concentrata più sul catechismo e la formazione in tema di fede.

"Suore e religiosi - spiega mons. Bo - sono coinvolti in modo attivo nella formazione di genitori e figli". E poi vi è il lavoro di associazioni ed enti come "le Coppie per Cristo, il gruppo di Madri cattoliche, le Associazioni femminili, che concentrano la loro attenzione sulle famiglie". Del resto ancora oggi in Myanmar "il rispetto per i genitori e i membri anziani della famiglia, come vuole la tradizione, è molto forte". L'unico appunto, aggiunge il prelato, è che ancora oggi è limitata "l'influenza diretta" sui non cattolici. 

Fra le molte iniziative messe in campo dall'arcidiocesi di Yangon, racconta infine Mons. Bo, vi è un "corso obbligatorio" di "formazione pre-matrimoniale" per tutti i giovani e lo studio della bibbia rivolte alle famiglie, grazie a corsi e seminari promossi da sacerdoti e suore. 

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