05/04/2011, 00.00
SRI LANKA
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Sri Lanka: l’industria del tessile guadagna a spese delle donne, sfruttate e mal pagate

di Melani Manel Perera
Costrette a lavorare sette giorni su sette e ben oltre il normale orario di lavoro, oltre 20mila donne non riescono a guadagnare a sufficienza per mantenere la propria famiglia. Nel 2010 registrati utili per oltre 2,5 miliardi di euro, ma il 42% è frutto del basso costo della mano d’opera.
Colombo (AsiaNews) – In Sri Lanka le donne impiegate nel settore tessile continuano a essere  sottopagate, sfruttate e sono spesso vittime di violenze, nonostante il governo abbia chiesto alle industrie aumenti di salario ogni cinque anni e migliori condizioni di lavoro.

Secondo l’Apparel-Industry Labour Rights Movement (Alarm), non tutte le industrie hanno applicato le nuove disposizioni. In almeno sei fabbriche tessili i dipendenti lavorano sette giorni alla settimana per un salario minimo di 60 euro al mese. I dati del governo mostrano che per sopravvivere una  famiglia deve guadagnare almeno 350 euro al mese, considerando anche le spese mediche di base.

In questi giorni l’Alarm e altre associazioni per i diritti umani hanno organizzato un incontro dal titolo "Salari mini e condizioni di lavoro dignitose sono diritti umani fondamentali" (nella foto). La conferenza inaugura il tribunale popolare composto da giudici, sindacalisti, attivisti locali e stranieri che  investigherà sui casi di sfruttamento delle donne nelle fabbriche tessili dei distretti di industriali di Katunayake, Biyagama e Koggala (Sri Lanka meridionale). 

Shanti Dairiam, giudice donna del tribunale popolare, afferma che “in questi anni lo Sri Lanka ha firmato numerose convenzioni internazionali e accordi con le varie industrie. Tuttavia i lavoratori non riescono a mantenersi. Il loro salario di base non è sufficiente per vivere in modo dignitoso e formarsi una famiglia”.

Secondo l’Alarm i principali responsabili del grave stato di sfruttamento sono le multinazionali del tessile, che hanno esternalizzato la loro produzione in Sri Lanka approfittando delle poche regole e dei bassi salari per produrre enormi profitti, condannando le donne a una vita di povertà.

I membri dell’ Alarm sottolineano che  l’attuale sistema di commercio mondiale è basato sulla ricerca del Paese che offre i costi più bassi di produzioni, ma scarica tutti gli oneri sui lavoratori.

L’abbigliamento è il principale settore industriale dello Sri Lanka e impiega circa 30mila persone, soprattutto donne. Nel 2010 l’esportazione di prodotti tessili ha fatto realizzare profitti pari a 3,5 miliardi di dollari. Secondo l’Alarm circa il 42% del guadagno deriva dal basso costo della mano d’opera.

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