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THAILANDIA
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Stop alle scimmie 'raccoglitrici' di cocco: intesa tra aziende e animalisti a Bangkok

di Lisa Bongiovanni

In Thailandia il redditizio mercato dei prodotti ricavati dalle noci di cocco fa affidamento sullo sfruttamento di più di 3mila scimmie di una particolare specie a rischio estinzione appositamente addestrate. Una campagna di boicottaggio internazionale contro il maltrattamento di questi animali sta portando i produttori ad adottare nuovi sistemi.

Milano (AsiaNews/Agenzie) - La Thailandia è tra i maggiori esportatori mondiali di cocco, ma questo settore è sotto accusa da parte di diverse associazioni animaliste: spesso: a raccogliere una buona parte delle noci, infatti, sono scimmie di due particolari specie appositamente addestrate. Si tratta dei macachi a coda di maiale del Nord e del Sud, a cui è stato insegnato ad arrampicarsi sugli alberi, staccare la noce di cocco e lasciarla cadere a terra per poi essere facilmente raccolta.

In generale, il mercato del cocco genera ogni anno nel Paese introiti per oltre 25 miliardi di Bath (circa 625 milioni di Euro ndr). Ed è un settore in continua espansione; per esempio, è sempre più diffusa tra i consumatori la scelta di sostituire il latte vaccino con opzioni vegetali, tra cui il latte di cocco (si stima che l’80% di questo prodotto provenga dalla Thailandia).
L’utilizzo dei macachi per la raccolta ha una lunga tradizione nel Paese. Nel 2020, però, l’organizzazione animalista People for the Ethical Treatment of Animals in the United Kingdom (Peta Uk) ha pubblicato un rapporto che descriveva le pessime condizioni dei macachi raccoglitori, specificando che lavorano dalle 6 alle 8 ore al giorno, durante le quali raccolgono tra le 500 e le 1000 noci di cocco. E da allora le polemiche sono cresciute nonostante il numero dei macachi impiegati sia diminuito: oggi sono circa 3mila, contro i circa 15mila di 15 anni fa.

Ma Vincent Nijman, professore di antropologia e direttore dell'Oxford Wildlife Trade Research Group presso l'Università di Oxford, che ha studiato il benessere dei macachi raccoglitori di cocco in Thailandia, afferma che quelli a coda di maiale del Nord sono stati classificati come vulnerabili nella lista rossa dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, mentre quelli del Sud sono in pericolo estinzione. E nel Paese c’è già anche una regolamentazione per la tutela di questa specie che ne vieta il possesso, a meno che non siano già nati in cattività.

In questi anni diversi rivenditori in Europa e in Nord America, hanno avviato un boicottaggio del cocco thailandese, contestando luso delle scimmie per la raccolta. Secondo alcune stime, questa pressione commerciale avrebbe causato alla Thailandia una perdita annua di circa 2 miliardi di Baht (circa 50 milioni di Euro ndr). Per questo le principali aziende del settore hanno deciso di impegnarsi in una soluzione. Il Coconut Industry Group, che riunisce i maggiori produttori - Asiatic Agro Industry, Suree Interfoods, Thai Coconut Public Company Limited e Theppadungporn Coconut - ha così avviato una collaborazione con la Wildlife Friends Foundation Thailand (Wfft), una Ong che si dedica al benessere degli animali selvatici nel Paese e da anni segue questa causa.

Il risultato di questo impegno è stato un Memorandum d'Intesa (MoU) per definire un’azione congiunta firmato qualche settimana fa dalle due parti inseme al ministero dell’Agricoltura thailandese. Per arrivare a interrompere la pratica, l’accordo prevede una serie di riforme legislative che rendano illegale l’uso di animali per la raccolta di noci di cocco su tutto il territorio nazionale. Si è discusso anche della possibilità di introdurre una nuova varietà di palme, più basse e con dei frutti più facili da raccogliere anche senza l’aiuto dei macachi. Infine, sono stati discussi diversi investimenti tecnologici per incentivare la raccolta meccanizzata. È stata discussa anche l’introduzione di sistemi di tracciabilità per verificare che le piantagioni non utilizzino il lavoro delle scimmie, ristabilendo la fiducia nella produzione thailandese. Quanto ai macachi finora impegnati sono previste anche apposite cure in strutture adeguate.

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