05/08/2025, 09.15
ASIA CENTRALE
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Summit e ingorghi ‘paralizzano’ le capitali dell’Asia centrale

di Vladimir Rozanskij

Per gli abitanti è sempre più difficile muoversi. Le carreggiate delle strade centrali deserte in attesa del passaggio dei cortei, mentre le macchine sono incolonnate sulle stradine di periferia. I cittadini costretti a piedi nel caldo torrido. A Taškent la “ripulitura” del centro può assumere forme “estreme” con mezzi blindati che aprono il fuoco su macchine che intralciano il passaggio. 

Mosca (AsiaNews) - Nelle capitali dei Paesi dell’Asia centrale, a Dušanbe, Biškek, Astana, Taškent, è sempre più difficile muoversi attraverso le strade affollate, soprattutto quando giungono in visita gli alti personaggi di altri Paesi, per partecipare a qualche summit o incontro al vertice, e si finisce per essere completamente paralizzati. Nei casi migliori, i cittadini attendono pazientemente che si riaprano le strade bloccate e riprendano a circolare i mezzi di trasporto; in quelli peggiori molti finiscono per essere “temporaneamente” trasferiti in campagna o in altre città, come avviene regolarmente nella capitale turkmena di Ašgabat.

Anche nel caldo torrido di luglio, con il termometro sopra i 40 gradi e senza un filo d’aria, gli abitanti di Dušanbe hanno vissuto giornate infernali, potendosi spostare solo a piedi evitando di farsi fermare dai poliziotti e dai vigili disposti ogni 50 metri sulle strade, dove i luoghi di ristoro e i negozi hanno le serrande abbassate. Le carreggiate delle strade centrali rimangono deserte, in attesa del passaggio dei cortei delle autorità, mentre le macchine si accalcano senza speranza sulle stradine di periferia. Dopo le assordanti sirene di varie auto della polizia e la sfilata delle limousine con i vetri oscurati, si può provare a tirare un sospiro di sollievo, pur in mancanza di frescura.

In questo modo sono trascorse le ultime settimane in quasi tutte le capitali centrasiatiche, con le storiche visite del presidente della Mongolia, con il suo seguito di funzionari e imprenditori. Un servizio di Azattyk racconta dei cittadini che sono arrivati al lavoro con ritardi anche di oltre un’ora, prendendosi i rimbrotti e le punizioni dei superiori. Come spiega Parviz, un giornalista tagico, i taxi che di solito costano 18 somoni (poco più di un dollaro) “durante le visite ufficiali chiedono tra 60 e 70 somoni, perché devono fare tutto il giro della città per portarti vicino alla tua destinazione”.

Anche a Taškent la “ripulitura” del centro per far passare i cortei può assumere forme estreme, come quando nel 2024 il servizio d’ordine del presidente Šavkat Mirziyoyev aprì il fuoco contro una macchina che intralciava il passaggio, un incidente che fu ripreso da un video fatto girare su internet. Il conducente per fortuna non ha riportato danni gravi o ferite, ma è stato accusato di “atti di resistenza a pubblico ufficiale”. Una vicenda simile era accaduta anche nell’anno precedente, quando spararono con delle mitragliatrici a un’auto che non aveva fatto in tempo a liberare la strada, allo scopo di “riportare l’ordine nello spazio pubblico”. Quando lo scorso maggio è giunta in Uzbekistan la presidente del consiglio italiana Giorgia Meloni, gli studenti sono stati cacciati dagli ostelli universitari situati sulla strada tra l’aeroporto e il centro di Samarcanda, costretti a girare a vuoto per tutta la giornata in altre zone, con le lezioni sospese anche nelle scuole.

Le misure di sicurezza di Biškek non sono da meno, anche qui per la visita del presidente mongolo Ukhnaagiin Khürelsükh, chiudendo le strade “solo al passaggio del corteo” secondo gli avvisi ufficiali, in cui si chiedeva scusa per i disagi, ma la città è rimasta completamente paralizzata per tutto il giorno e perfino i turisti nella zona di Issyk-Kul, a 200 chilometri dalla capitale, non sono riusciti a tornare a casa per il blocco di tutte le strade. Le autorità diffondono gli avvisi di limitazioni della circolazione con diversi ritardi e contraddizioni, sempre con la motivazione della “necessità dell’ordine pubblico”, ma molti commenti definiscono queste situazioni come “violazioni della libertà di circolazione”.

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