20/01/2011, 00.00
MYANMAR – INDIA
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Tint Swe: la giunta militare – e non le sanzioni – causa le sofferenze del popolo birmano

di Tint Swe
Il rappresentante del governo in esilio è contrario all’ipotesi di rimuovere l’embargo Usa e Ue verso la dittatura. Maggiore commercio e investimenti, servirebbero solo ad arricchire gli uomini al potere. L’Asean lancia appelli per la rimozione delle sanzioni, ma non ha mai difeso il popolo oppresso.
New Delhi (AsiaNews) – Il segretario di Stato Usa Hillary Clinton afferma di voler lavorare con Aung San Suu Kyi per la democrazia in Myanmar. Ma gruppi parlamentari - espressione delle minoranze etniche-  e i Ministri degli esteri dei Paesi Asean hanno chiesto la rimozione delle sanzioni attuate da Stati Uniti e Unione europea verso il regime militare birmano. Un appello che non trova il sostegno dei leader della Lega nazionale per la democrazia (Nld), il maggior movimento di opposizione in Myanmar, secondo cui vanno mantenute sanzioni “mirate”.
 
Su queste vicende abbiamo chiesto il parere di Tint Swe, membro del Consiglio dei ministri del governo di coalizione nazionale dell’Unione della Birmania (NCGUB), composto da rifugiati dal Myanmar dopo le elezioni del 1990 vinte dalla Lega nazionale per la democrazia, e mai riconosciute dalla giunta. Fuggito in India nel 1990, dai 21 dicembre 1991 Tint Swe vive a New Delhi, e ha il ruolo di responsabile per l’informazione sull’Asia del Sud e Timor Est nel Consiglio.
 
Riferendosi alla Birmania, si dice spesso che le sanzioni hanno colpito soprattutto la popolazione civile. Ma ad essere onesti, è quasi solo un assunto teorico che va comprovato. Il dibattito sulle sanzioni riappare dopo le elezioni "farsa" tenutesi il 7 novembre 2010 in Birmania. È come presumere che il regime non sia corruttibile, così da poter imputare la colpa ad altri governi.
 
Fatta eccezione per il rilascio della "Signora" Aung San Suu Kyi e le elezioni, non vi sono cambiamenti effettivi e non vi sono speranze per i prossimi cinque anni. A questo punto l'associazione che riunisce i Paesi del Sud-est asiatico (Asean), in un incontro dei Ministri degli esteri, ha evidenziato correttamente gli sviluppi. Nonostante la detenzione di Aung San Suu Kyi e dei prigionieri politici possa aver indotto governi responsabili a introdurre restrizioni [al commercio], la ratio di imporre sanzioni non ha incluso la pratica elettorale.
 
Dalla nascita del blocco nell'agosto del 1967, e l'adesione della Birmania nel luglio 1997, l'Asean si è sempre pronunciata a favore dei governi al potere e non si è mai espressa a favore della popolazione oppressa di un Paese membro perché lo statuto è strettamente basato sulla non interferenza negli affari interni di una nazione. I vertici Asean sono ritiri organizzati in genere presso punti turistici. Questo invito ad inasprire le sanzioni sottintende quasi esclusivamente lo scarso interesse della giunta al potere verso i poveri della Birmania.
 
Prima dell'Asean, anche i partiti politici che includono alcuni – ma non tutti – i leader etnici hanno chiesto la cancellazione completa delle sanzioni. Questi partiti costituiscono una piccola parte della popolazione perché il Rakhine Nationalities Development Party (RNDP) ha 7 seggi su 168 che costituiscono il totale della House of Nationalities (Amyotha Hluttaw), il Chin Progressive Party (CPP) ne ha quattro, la All Mon Region Democratic Party (AMRDP) tre così come la Shan Nationalities Democratic Party (SNDP), infine il Chin National Party (CNP) con due. Alla House of Representatives (Pyithu Hluttaw) lo SNDP ha ottenuto 18 seggi su 330, il RNDP ne ha nove, la AMRDP tre, e due a testa per i due partiti Chin. Così, il loro peso in Parlamento è minimo se non trascurabile, perché lo Union Solidarity and Development Party (USDP) ha vinto 129 seggi su 168 e 259 su 330 nelle due Camere. Questi partiti devono dire qualcosa che interessi gli elettori e non costituisca minaccia per la giunta. Costoro hanno anche tralasciato l'analisi dell'origine delle sanzioni e la maggior parte di loro si è sacrificata molto poco negli ultimi 20 anni di lotta per la democrazia.
 
Inoltre questi partiti hanno seguito il consiglio dell'USDP all'indomani delle elezioni e hanno cominciato a fare affari. Il Nationalities Brotherhood Forum, formato il 15 gennaio scorso da cinque uomini d'affari di questi partiti [etnici], vede le sanzioni come un ostacolo al profitto del partito e ai propri interessi. Ora appare chiaro che il suggerimento dell'USDP sottintendeva questo obiettivo. Oltretutto i partiti espressione delle minoranze possono godere di una libertà relativa nel concedere interviste alle radio birmane, mentre ne hanno molta meno nel proporre leggi in Parlamento. I media internazionali hanno ragione a non considerare questi partiti opposizione.
 
Le misure di sicurezza previste all'entrata del nuovo Parlamento sono ancor più scrupolose di quelle applicate negli aeroporti internazionali nel mondo. I partiti politici che si sono arresi alla controversa Costituzione del 2008 dovrebbero sostenere la giunta perché sono nelle loro mani. Altrimenti gli viene indicata la porta d'uscita.
 
Mentre le sanzioni sono in atto, i generali e i loro seguaci si arricchiscono e la popolazione diventa sempre più povera a causa dei commerci con la Cina, l’India e i Paesi Asean [che non rispettano le sanzioni - ndr]. È ridicolo quindi affermare che tali sanzioni andrebbero rimosse. In tal modo, se non vi saranno cambiamenti di regime, più commercio e più investimenti renderanno i ricchi ancor più ricchi e i poveri sempre più poveri. Così, chi è a favore e chi contro le sanzioni?
 
L’osservazione secondo cui il popolo birmano è intrappolato fra il regime al potere e le difficoltà quotidiane, causate dalle sanzioni imposte dai governi occidentali sembra, in superficie, corretta. Ma proprio per questa ragione, il suggerimento per cui l’embargo dovrebbe essere tolto è totalmente sbagliata. Al contrario, andrebbe eliminato il primo.
 
Aung San Suu Kyi non va mai contro il volere del popolo. Una delle ragioni per cui il regime l’ha confinata agli arresti domiciliari era proprio per tenerla lontana dal popolo. Dal momento del rilascio, si è sempre consultata con diverse personalità. Eccettuati i diplomatici stranieri e i giornalisti, la lista comprende i responsabili del suo partito, i politici non schierati con la Nld, i leader seri delle minoranze etniche, i giovani e le donne appartenenti alle nuove generazioni, all’interno del Paese e all’estero, le vittime dei disastri naturali, i malati di Hiv, le famiglie dei prigionieri politici e così via. Solo al termine di queste consultazioni, la Lega nazionale per la democrazia ha rimarcato che devono rimanere in vigore le sanzioni mirate contro il regime.
 
Oltre alla Nld, vi sono poche persone che chiedono l’amnistia per i 2189 prigionieri politici. Lo sfortunato popolo birmano ha atteso l’ordine del loro rilascio al tempo delle elezioni, per il nuovo anno e nel giorno dei festeggiamenti per l’Indipendenza, il 4 gennaio. Ma non è giunta nessuna buona notizia. Al contrario, tutti stanno per essere reclutati nelle forze armate per legge, con la norma che introduce la leva militare obbligatoria.
 
È spiacevole che tutti parlino di rimuovere la dura punizione [delle sanzioni], ignorando il crimine terribile e perdonando il diabolico malfattore. In tal modo, il partito contrario alle sanzioni chiede di fatto l’amnistia per i responsabili degli arresti dei dissidenti politici.
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