Tristezza per il thai, incertezza sul nepalese: gli ostaggi ‘dimenticati’ di Hamas
Nel fine settimana recuperato il cadavere del bracciante agricolo Nattapong Pinta, deceduto durante le prima fasi della prigionia. Il cordoglio di Bangkok. Appello della sorella del prigioniero nepalese Bipin Joshi, la cui sorte è incerta. Sul fronte interno attesa per il voto alla Knesset l’11 giugno sullo scioglimento del Parlamento; dietro la crisi la questione del servizio militare per gli haredi.
Gerusalemme (AsiaNews) - Il governo thai ha espresso in queste ore “profonda tristezza” per la morte di uno dei propri concittadini a Gaza, un decesso confermato dal ritrovamento nel fine settimana scorso del cadavere - poi recuperato - durante un’operazione dell’esercito israeliano nella Striscia. La premier Paetongtarn Shinawatra ha diffuso un messaggio sui propri canali social, in cui afferma: “Il governo reale thailandese e io abbiamo appreso con profonda tristezza della scomparsa” di Nattapong Pinta. Al contempo il capo dell’esecutivo ha assicurato il massimo impegno per garantire il “rapido ritorno” dei concittadini “deceduti nella Striscia di Gaza”, per il cui obiettivo “l’ambasciata thailandese a Tel Aviv sta intraprendendo le disposizioni necessarie”.
Le dichiarazioni del governo seguono l’annuncio il 7 giugno scorso dal parte delle autorità dello Stato ebraico del recupero di un cadavere, riconducibile al cittadino thailandese. Secondo le prime informazioni, egli sarebbe stato ucciso durante le fasi iniziali della cattività, sebbene al momento non vi siano ulteriori informazioni su cause e modalità della morte. Il portavoce del ministero thai degli Esteri Nikorndej Balankura rilancia la nota informativa del governo israeliano, secondo cui l’ultimo ostaggio del Paese asiatico è ufficialmente deceduto, il corpo recuperato nell’area di Rafah e restituito a Israele in una speciale operazione militare.
Nattapong Pinta era emigrato dalla Thailandia per lavorare nel settore agricolo, che da tempo conta sulla manodopera proveniente da diversi Paesi dell’Asia. Il corpo era nelle mani di un gruppo militante palestinese chiamato Brigate Mujaheden, ed è stato recuperato nel sud di Gaza. La famiglia dell’ostaggio, che vive nella provincia di Phrae, e i funzionari thai erano stati informati dalla controparte israeliana dell’operazione di recupero, mentre altri due risultano tuttora trattenuti nella Striscia e devono ancora essere individuati. Nel messaggio di cordoglio per la morte del connazionale, la premier thai Shinawatra si rivolge anche alle parti coinvolte nel conflitto, esortandole a perseguire una soluzione “pacifica e duratura” al conflitto. “La Thailandia - afferma la nota - ribadisce l’appello a tutte le parti a tornare al tavolo dei negoziati, per perseguire una risoluzione pacifica e duratura del conflitto”.
Dall’attacco di Hamas allo Stato ebraico il 7 ottobre 2023, che ha causato 1200 vittime sul versante israeliano e innescato un conflitto sanguinoso nella Striscia con almeno 55mila morti, soprattutto civili fra cui donne e bambini, il tema degli ostaggi è fra i più controversi e dibattuti. Una questione che è diventata nel tempo anche scontro politico fra la destra radicale, che preme per il proseguimento della guerra anche a discapito della liberazione dei sequestrati, e le famiglie che per mesi hanno chiesto all’esecutivo ogni sforzo per il loro ritorno. Una speranza alimentata in un primo tempo dalla fragile tregua - poi naufragata - con scambio fra prigionieri palestinesi e ostaggi, parte dei quali costituita da migranti asiatici, dalla Thailandia al Nepal, il “volto dimenticato” e ai margini della tragedia.
Fra i migranti ancora ostaggio di Hamas vi è pure il cittadino nepalese Bipin Joshi, le cui ultime notizie comunicate alla famiglia risalgono all’ottobre 2024. Di recente la sorella Pushpa Joshi ha rilasciato un’intervista al portale israeliano Ynetnews, nel tentativo di perorare la causa del congiunto, perché siano battute “tutte le piste” per riportarlo a casa e fare in modo che la sua vicenda non sia dimenticata. La famiglia, sottolinea la sorella, sta vivendo “giorni critici e difficili” in attesa di “buone notizie” che non arrivano, per questo “le cerchiamo su internet”. Le ultime, quanto scarne informazioni riferivano che la vita del giovane “era in pericolo”, senza ulteriori dettagli. Secondo Pushpa, nessun funzionario israeliano ha contattato direttamente la famiglia. “Nessuno. Nessuna idea, nessuna comunicazione - accusa - da parte di nessun funzionario”. Da qui l’appello (finora vano) al governo israeliano “dal profondo del mio cuore” perché “faccia ciò che è nelle sue mani e riporti indietro mio fratello. Vi prego di sentire il nostro profondo dolore. Aspettiamo buone notizie” in attesa delle quali si dice “fiduciosa. Sì, ci credo ancora. Il mio cuore - conclude. mi dice sempre che è vivo e che un giorno tornerà sano e salvo”.
Intanto la marina israeliana è salita a bordo, sequestrandola, della Madleen, gestita dalla Freedom Flotilla Coalition, diretta a Gaza con un carico di aiuti e con a bordo attivisti e volti noti fra i quali l’ambientalista Greta Thunberg. Commentando la vicenda il ministero israeliano degli Esteri ha affermato che “lo ‘yacht dei selfie’ delle ‘celebrità’ si sta dirigendo in sicurezza verso le coste di Israele” mentre le persone a brodo “dovrebbero tornare nei loro paesi di origine”.
Infine, sul versante interno si profila una possibile crisi di governo per l’esecutivo guidato dal premier Benjamin Netanyahu, con il voto atteso il prossimo 11 giugno sullo scioglimento del Parlamento e la fine anticipata della legislatura, viatico per nuove elezioni. Alla base delle tensioni la questione relativa al reclutamento degli ebrei haredi interno alla maggioranza, con i due partiti ultra-ortodossi (Shas e Ebraismo unito della Torah) che vogliono un accordo sull’esenzione e minacciano, in caso contrario, di ritirare il loro sostegno.
Il tema non è certo secondario in una nazione da oltre 600 giorni in guerra e che ha un estremo bisogno di forze, anche e soprattutto in termini numerici, per sostenere l’impegno militare. “Per come stanno le cose, voteremo mercoledì a favore dello scioglimento della Knesset” afferma il portavoce di Shas Asher Medina. “Siamo delusi da [il primo ministro Benjamin] Netanyahu. Ci aspettavamo che agisse in precedenza e non solo negli ultimi giorni”. Per facilitare il voto il presidente di Unità Nazionale Benny Gantz ha ordina al partito di ritirare tutta la sua legislazione dall’agenda plenaria mercoledì, ad eccezione del disegno di legge per sciogliere il Parlamento.
10/04/2024 10:55
17/05/2024 11:54