22/05/2023, 13.22
TURCHIA
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Turchia verso il ballottaggio fra curdi e rifugiati. E un Parlamento nazionalista-conservatore

Quasi 500mila migranti hanno già votato per il secondo turno, che vede opposti Erdogan e il leader dell’opposizione Kilicdaroglu. Sui profughi siriani e il loro rimpatrio una battaglia ideologica in cerca del consenso populista. Nella nuova assemblea 121 donne, ma sono molti di più i rappresentanti dei movimenti che vogliono affossarne i diritti. 

Istanbul (AsiaNews) - Si apre una settimana cruciale per il futuro della Turchia, col Paese che si avvia al ballottaggio del 28 maggio per le presidenziali mentre si delineano i contorni del nuovo Parlamento frutto del voto del 14 maggio scorso, con una netta maggioranza di nazionalisti e conservatori. Nel fine settimana oltre 500mila aventi diritto fra gli emigrati della diaspora hanno già espresso la loro preferenza recandosi nelle ambasciate del Paese o nei punti allestiti al confine, con seggi aperti fino al 24 maggio. In totale sono circa 3,4 milioni i turchi all’estero con diritto di voto, pari al 5%, con una netta predominanza di elettori in Europa che dovranno scegliere fra il leader uscente Recep Tayyip Erdogan (49.5% al primo turno) e il rivale dell’opposizione Kemal Kilicdaroglu (45% circa).

Per quanto riguarda le circoscrizioni all’estero, al primo turno si è registrata una polarizzazione delle preferenze in particolare nel Vecchio continente, con il dominio di Kilicdaroglu nel Regno Unito, nell’est e nel sud Europa (netto il successo in Polonia ed Estonia). Di contro in Germania, dove vive il maggior numero di migranti turchi con un almeno 1,5 milioni di aventi diritto di voto, si è registrata una netta affermazione di Erdogan col 65% delle preferenze. Per il secondo turno potrebbe rivelarsi decisivo il sostegno degli elettori del terzo incomodo, il leader nazionalista Sinan Ogan giunto alle spalle dei due principali sfidanti con il 5,17% dei voti.

Nei giorni scorsi egli ha aperto all’alleanza con l’opposizione e il Tavolo dei Sei, a patto che questi ultimi “non facciano concessioni” al partito filo-curdo. Una questione delicata per lo stesso Kilicdaroglu, che nelle scorse settimane ha più volte corteggiato la minoranza ed risultato vincitore con un buon margine nelle città curde. Altro fattore in gioco in questa campagna elettorale che punta al ballottaggio il tema dei rifugiati: Kilicdaroglu ha promesso rimpatri di massa, strizzando l’occhio ai movimenti nazionalisti che da tempo hanno messo nel mirino gli oltre quattro milioni di profughi siriani (cui si aggiungono afghani, iracheni, iraniani) ritenuti responsabili della crisi economica del Paese.

Sul tema il partito di governo mostra una posizione di maggiore equilibrio, come emerge dalle parole del ministro degli Esteri - e uomo di fiducia di Erdogan - Mevlüt Çavuşoğlu secondo cui è impossibile “rimandarne indietro il 100%. “Attualmente, vi è grande bisogno di occupazione nel settore agricolo, nell’industria e nei mercati. La gente - prosegue il titolare della diplomazia di Ankara - si lamenta di non riuscire a trovare pastori, per esempio, mio padre ha pecore ed è a conoscenza del problema. C’è bisogno di una forza lavoro”. Una replica allo spot elettorale di Kilicdaroglu che, nei giorni scorsi, aveva definito il ballottaggio presidenziale come “un referendum sull’opportunità di trattenere 10 milioni di rifugiati nel Paese”. Una questione che rappresenta un fattore di primaria importanza dopo le politiche “aperturiste” del decennio passato di Erdogan, improntate all’accoglienza in nome della “fratellanza musulmana” poi rinnegata o sfruttata per denaro, ma che oggi andrebbero affrontate con maggiore criterio. 

In questi giorni si è infine delineato il nuovo Parlamento, che secondo esperti ed analisti sarà sia il più vario con 18 partiti, quanto “il più nazionalista e conservatore” della storia moderna del Paese, a discapito dei diritti delle donne e delle minoranze. In caso di affermazione, Erdogan potrà contare su 322 seggi (dei 600 in totale) sebbene l’Akp (Giustizia e sviluppo) sia sceso a 267 seggi rispetto ai 295 del passato. L’alleato nazionalista Mhp ha conquistato un seggio in più (50 complessivi) rispetto alle elezioni del 2018 egli islamisti Yrp avranno cinque seggi, più altri quattro di una fazione curda radicale (islamica). In totale il blocco pro-Erdogan resta comunque al di sotto della maggioranza dei 360 seggi necessaria per modifiche unilaterali della Costituzione, che ora andranno mediate con l’opposizione che dispone invece di 213 seggi per il cosiddetto “Tavolo dei sei”). Infine, l’Alleanza lavoro e libertà, coalizione di sinistra che annovera il Partito democratico dei popoli (Hdp), principale formazione politica curda con 66 seggi complessivi.

In sostanza, i risultati mostrano un maggiore orientamento nazionalista-islamista tra la classe operaia e i gruppi a basso reddito sia nelle aree urbane che rurali. Sebbene martoriate dalle turbolenze economiche, le masse hanno scelto di sostenere l’alleanza conservatrice di Erdogan. I partiti nazionalisti e conservatori - di maggioranza e opposizione - dispongono di oltre 400 seggi, le donne nel prossimo Parlamento saranno 121 ma pur essendo il dato più alto di sempre la loro rappresentatività rischia di essere offuscata da fazioni che vogliono affossare i loro diritti. Infine, in termini di politica estera la nuova assemblea è un punto a favore di Erdogan in tema di intervento militare contro i curdi in Siria e Iraq, oltre a favorire l’influenza turca nel Caucaso. 

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