06/06/2007, 00.00
IRAQ
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Un "ghetto assiro" nella Piana di Niniveh per salvare i cristiani dell'Iraq

Gruppi politicizzati premono per la creazione di una “regione assira” nel nord del Paese, ai confini con Kurdistan. A tal fine strumentalizzano la persecuzione anti-cristiana per confermare l’urgenza di attuare il loro piano. Il progetto voluto da chi poco conosce la realtà irachena, forse a tema nei colloqui fra Bush e il Vaticano.

Baghdad (AsiaNews) – Gruppi di cristiani politicizzati negli Stati Uniti e in Europa stanno cercando di sfruttare la tragica persecuzione religiosa in Iraq per accelerare la creazione dell’“enclave assira” nella Piana di Niniveh, ai confini con la regione semiautonoma del Kurdistan. Il progetto, invece, non trova appoggio tra i cattolici in patria e all’estero, che ne parlano come di un piano “diabolico e pericoloso”, sul cui dibattito “si rischia una divisione” fra i cristiani.

Rinchiudere la comunità cristiana in un ghetto-cuscinetto tra arabi e curdi nel nord sembra essere per alcuni l’unica soluzione di salvezza. Secondo fonti locali di AsiaNews, per convincere a ciò si sta usando ogni mezzo: si circuiscono leader religiosi, si manipola la stampa, fino a strumentalizzare il dolore e i lutti. Ultimo esempio è l’assassinio di p. Ragheed Ganni, sacerdote caldeo, la cui morte insieme a quella di tre suoi amici è al centro di un tam tam mediatico in Iraq giudicato “eccessivo” dagli iracheni stessi. Una fonte di AsiaNews afferma: “Ragheed, morto e vissuto a Mosul, si è sacrificato per l’esatto contrario: per la convivenza pacifica, per il futuro della Chiesa in Iraq, non all’estero né ingabbiata in confini politici e territoriali".

Da quando la campagna anti-cristiana si è fatta così violenta da balzare sui meda internazionali, sempre più numerosi articoli e servizi televisivi parlano della ormai inevitabile necessità di istituire un “Safe Heaven” per questa minoranza. Ieri un articolo della Eastern Star News Agency (agenzia assira con base in Svezia) paragonava la situazione del “popolo assiro” (termine che vuole includere caldei e siriaci) a quella dei curdi sotto Saddam: hanno bisogno di protezione. E continua: “Sempre più voci tra gli assiri chiedono una regione autonoma cristiana in Iraq”.

Favorevoli

Il progetto di un “ghetto assiro” è sostenuto fortemente dalla diaspora cristiana negli Usa, che esercita molta influenza sul Patriarcato di Baghdad, dagli evangelici e dal ministro delle Finanze del Kurdistan, Sarkis Aghajan, che nell’ultimo anno ha elargito ingenti somme di denaro per la ricostruzione di numerosi di villaggi e chiese al nord.

Nell’ottobre 2006 i vescovi cattolici statunitensi hanno scritto a Condoleezza Rice per spingere Washington a considerare la possibilità di creare una nuova "regione amministrativa" intorno a Ninive, direttamente collegata al governo centrale di Baghdad che "potrebbe offrire maggiore sicurezza e maggiori opportunità di controllare le loro attività". E dal momento che numerosi cristiani si stanno rifugiando nelle regioni settentrionali del Paese, il documento suggerisce anche una collaborazione tra il governo Usa e le autorità curde per assicurare la sicurezza dei cristiani in tali aree.

A riguardo si attende una posizione del Vaticano in occasione dell’imminente incontro - 8 giugno - tra il presidente George W. Bush e il Papa.

Contrari

Da tempo diverse figure di rilievo all’interno della Chiesa, come pure semplici fedeli, hanno messo in evidenza i rischi del “progetto di Niniveh”. Ad AsiaNews mons. Louis Sako, arcivescovo caldeo di Kirkuk, alcuni mesi fa indicava come presupposto necessario la “fine delle violenze” pur rimanendo perplesso sull’idea. “La Piana di Ninive – spiegava - è circondata per gran parte dagli arabi: i cristiani sarebbero così un cuscinetto comodo e indifeso fra arabi e curdi. A mio avviso sarebbe molto meglio lavorare sul piano costituzionale e dei singoli stati per garantire libertà religiosa e pari diritti per i credenti di tutte le fedi sull’insieme del territori, anche per i cristiani, presenti ovunque in Iraq”.

Laici iracheni della diaspora parlano di un progetto “sbagliato, anche dal punto di vista strategico”. “Circoscrivere in un territorio ben definito una comunità già nel mirino, senza garanzie di sicurezza, significa esporla a rischi enormi: chi vuole eliminare i cristiani in Iraq, così avrà la strada spianata”.

Tanto più che il nord, fino a pochi mesi fa risparmiato dalle violenze che insanguinano il resto del Paese, ha visto deteriorarsi notevolmente il livello di sicurezza con attentati diretti contro obiettivi curdi e cristiani in vista dell’importante referendum sullo status di Kirkuk.

Infine, notano sacerdoti iracheni in Europa, il progetto di Niniveh” riduce i cristiani ad un’etnia e mette fine alla missione della Chiesa che è quella di operare e testimoniare il Vangelo tra i popoli”.

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