Un nuovo vescovo nell’Hebei (al posto del ‘clandestino’ mons. Cui)
Con l’approvazione di Leone XIV questa mattina è avvenuta l’ordinazione di mons. Wang Zhengui come vescovo di Zhangjiakou, nella “nuova” diocesi che va a sostituire le sedi di Xuanhua e Xiwanzi. Dei due presuli “sotterranei” uno diventerà il vescovo ausiliare, l’altro (più volte sottoposto a misure restrittive) si ritirerà. Intanto in nome del patriottismo a Shanghai la diocesi ha organizzato una “visione di gruppo” della parata di Xi Jinping.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) - Questa mattina in Cina c’è stata una nuova ordinazione episcopale ai sensi dell’Accordo provvisorio tra Pechino e la Santa Sede sulla nomina dei vescovi. E si tratta di un passaggio estremamente significativo per la provincia interessata che è quella dell’Hebei, una di quelle dove la presenza cattolica è storicamente più significativa ma anche più fortemente segnata negli ultimi anni dalle pressioni sulle comunità “clandestine”, che hanno finora rifiutato l’adesione agli organismi ufficiali della Chiesa in Cina controllati dalle autorità di Pechino.
In questo quadro Leone XIV - in continuità con le ultime nomine di papa Francesco – ha deciso di dare il via libera all’ordinazione episcopale di un vescovo nella città di Zhangjiakhou: si tratta di mons. Giuseppe Wang Zhengui, 62 anni, il sacerdote "ufficiale" che di fatto già da tempo nel capoluogo amministrativo della parte nord-occidentale dell'Hebei guidava quella che per Pechino era la diocesi locale. Con questo atto il pontefice “nel desiderio di promuovere la cura pastorale del gregge del Signore e per attendere più efficacemente al suo bene spirituale” - scrive la Sala stampa vaticana - ha soppresso le precedenti diocesi di Xuanhua e Xiwanzi, due tra quelle erette nel 1946 da Pio XII, facendole confluire nella nuova sede episcopale di Zhangjiakou. La nuova diocesi, scrive la Santa Sede, si estende su tutta la città capoluogo di Zhangjiakhou e "conta circa 85mila cattolici, serviti da 89 sacerdoti".
In forza di questa scelta stamattina - nella chiesa della Sacra Famiglia di questa città di oltre 4 milioni di abitanti, finita sotto i riflettori tre anni fa perché sede di molti campi di gara delle Olimpiadi invernali di Pechino 2022 - si è svolta la cerimonia dell’ordinazione di mons. Wang Zhengui. A presiedere il rito è stato il vescovo di Pechino mons. Li Shan, che è anche presidente dell'Associazione patriottica, insieme al vescovo Guo Jincai della diocesi di Chengde, al vescovo Feng Xinmao della diocesi di Hengshui, al vescovo Li Liangui della diocesi di Cangzhou, al vescovo Sun Jigen della diocesi di Handan e al vescovo An Shuxin della diocesi di Baoding. Alla liturgia - si legge nei resoconti delle fonti cattoliche ufficiali cinesi - hanno partecipato più di 50 sacerdoti della provincia dell'Hebei, oltre a circa 300 rappresentanti tra suore, religiosi e laici.
Mons. Wang Zhengui è nato il 19 novembre 1962 proprio nella città di Zhangjiakou. Dopo aver frequentato il Seminario teologico cattolico dell’Hebei è stato ordinato il 24 maggio 1990 per la diocesi di Xianxian, svolgendo poi il suo ministero nella parrocchia di Qujiazhuang, che si trova sempre all’interno della grande città di Zhangjiakou. Già dalla metà del primo decennio degli anni Duemila ha ricoperto ruoli guida negli organismi ufficiali cattolici della provincia dell’Hebei.
Il via libera all’ordinazione di mons. Wang Zhengui ha un significato che va al di là del semplice ridisegno delle diocesi secondo quelli che sono i confini amministrativi, cosa già avvenuta in altre diocesi cinesi e in altre aree del mondo. La soppressione delle diocesi di Xuanhua e Xiwanzi suona, infatti, inevitabilmente anche come un messaggio alle comunità “clandestine” dell’Hebei, che in entrambe avevano una propria guida pastorale. Quella di Xuanhua è infatti la diocesi di mons. Agostino Cui Tai, vescovo clandestino oggi settantacinquenne, ordinato nel 2013 come vescovo coadiutore da mons. Tommaso Zhao Duomo, poi scomparso nel 2018. Mai riconosciuto dalle autorità ufficiali per via del suo rifiuto ad aderire all’Associazione patriottica, mons. Agostino Cui Tai è un presule che - come AsiaNews ha tante volte raccontato - è stato ripetutamente sottoposto a misure restrittive per impedirgli di svolgere il suo ministero. Sulla sua sorte la nota vaticana di oggi non fa alcun cenno, ma l’invito recapitato al clero dell’Hebei per la cerimonia di oggi ne annuncia per venerdì 12 settembre un'altra di “pensionamento”. Mentre sempre per quello stesso giorno è fissata anche la cerimonia dell’insediamento come “vescovo ausiliare” di Zhangjiakhou di mons. Giuseppe Ma Yanen, a cui era affidata la diocesi di Xiwanzi.
Appare dunque chiara l’intenzione di Leone XIV di continuare a indicare alla Chiesa in Cina il cammino dell’unità, attraverso le nomine episcopali. Meno chiara, appare, invece la sorte di quei sacerdoti che - in coscienza - finora hanno continuato a non ritenere giusto adempiere all’obbligo di registrazione agli organismi ufficiali imposti dal Partito comunista cinese. E ai fedeli che a loro continuano a fare riferimento. Proprio in questi giorni raccontavamo della morte nella provincia dell’Hebei del 91enne mons. Placidus Pei Ronggui, una figura simbolo delle sofferenze di questa Chiesa e della fermezza nel ritenere che è l’atteggiamento del governo cinese che deve cambiare per arrivare davvero all’unità della Chiesa in Cina.
Su questo i segnali non sono infatti incoraggianti: il controllo politico sulle religioni, comunità cattoliche comprese, continua ad aumentare nella Cina di Xi Jinping. Ne è stata testimonianza nei giorni scorsi anche l’arruolamento delle Chiese stesse nel coro della retorica nazionalista in occasione degli 80 anni della fine della Seconda Guerra mondiale in Asia, diventata per Pechino celebrazione della propria forza. Sul sito internet della diocesi di Shanghai - quella di mons. Giuseppe Shen Bin, insediato unilateralmente nel 2023 da Pechino alla sua guida con lo strappo poi sanato da papa Francesco, nonché figura oggi più in vista del cattolicesimo nella Cina continentale – campeggiano la notizia e le immagini del clero e dei laici appositamente radunati dalla Chiesa locale per seguire in diretta su un maxischermo la parata militare con cui il 3 settembre la Cina ha mostrato al mondo le sue nuove armi da guerra. Il messaggio appare chiaro: i cattolici di Shanghai devono essere in prima linea nella fedeltà patriottica che Xi vuole da tutte le religioni.