06/09/2025, 11.14
PAKISTAN
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Un sit-in di 18 giorni per dire che Jaranwala aspetta ancora giustizia

di Shafique Khokhar

A due anni dal drammatico assalto al quartiere cristiano di Faisalabad che seminò violenza e distruzioni la comunità locale ha dato vita alla più lunga protesta pubblica di una minoranza nella storia del Pakistan. Lala Robin Daniel ad AsiaNews: "Denunce penali cadute nel nulla, dopo le promesse di risarcimento il governo del Punjab oggi ci ignora. Senza risposte boicotteremo le prossime elezioni suppletive" 

Faisalabad (AsiaNews) – Diciotto giorni a protestare, pregare, chiedere giustizia a due anni dall’ondata di violenza dei fondamentalisti islamici che il 16 agosto 2023 seminò il terrore a Jaranwala, il quartiere dove vivono i cristiani a Faisalabad, bruciando case e chiese per false accuse di blasfemia. È stato il più lungo sit-in della storia delle minoranze in Pakistan quello che si è tenuto fino all’altro giorno a Jaranwala. Un segno visibile di quanto questa ferita resti ancora aperta. Per questo AsiaNews ha intervistato Lala Robin Daniel, difensore dei diritti umani e uno tra i leader di questa protesta, per conoscerne le ragioni e le modalità attraverso cui ora andrà avanti la battaglia per la giustizia.

Perché avete organizzato il sit-in a Jaranwala?
Nel 2023, quando si è verificata la tragedia di Jaranwala, vennero registrate 23 denunce penali contro i colpevoli: 18 da parte di privati cittadini e 5 da parte dello Stato. In totale, 26 chiese e centinaia di case sono state incendiate e saccheggiate dai fondamentalisti. Ma da allora non è stata condotta alcuna indagine adeguata da parte delle istituzioni statali. Non hanno nemmeno incontrato le persone colpite. Non è stato fatto nulla per fornire loro aiuto”.

Lo Stato ha arrestato i responsabili?
“Nelle denunce sono state citate più di 5mila persone. A oggi una sola persona è ancora in carcere, mentre tutti gli altri sono stati rilasciati su cauzione”.

Lo Stato aveva promesso piena collaborazione alle famiglie delle vittime. È stato risarcito il danno subito?
“È stata fatta una stima profondamente sbagliata dei danni, senza nemmeno incontrare le persone colpite. La promessa dell’allora governatore ad interim di un pieno risarcimento dei danni non è stata mantenuta. Non hanno nemmeno ristrutturato correttamente le chiese, come era stato promesso”.

Ora quali sono le richieste della popolazione di Jaranwala?
“La gente è insoddisfatta. Durante il sit-in, funzionari del governo locale ci hanno chiesto di terminarlo, ma abbiamo rifiutato, perché non hanno l'autorità per risolvere i nostri problemi. Vogliamo un accordo scritto tra un garante - un ministro del governo del Punjab - e il nostro comitato delle vittime di Jaranwala, composto da 15 persone, incluso ovviamente il vescovo di Faisalabad. In assenza di questo, non ci sarà alcun compromesso”.

Perché, allora, avete interrotto il sit-in?
“Lo abbiamo solo sospeso temporaneamente, perché alcuni ministri federali e istituzioni ci hanno assicurato piena cooperazione. Ci hanno garantito aggiornamenti quotidiani sui progressi a Jaranwala. Ma se non vedremo sviluppi concreti, organizzeremo sit-in in altre città del Punjab. Adesso devono mostrarci risultati tangibili: non accetteremo più solo belle parole”.

Qual è stata la reazione della gente?
“È stato il sit-in più lungo organizzato da una comunità minoritaria nella storia del Pakistan. È durato 18 giorni. Dai bambini agli anziani, tutti hanno partecipato attivamente: abbiamo cantato inni, pregato, tenuto discorsi e gridato slogan per la giustizia. Organizzazioni della società civile, sacerdoti, suore, anche alcuni leader musulmani si sono uniti a noi in segno di solidarietà. Il settimo giorno, il vescovo mons. Indrias Rehmat è venuto a sostenerci, esprimendo profonda compassione per le famiglie colpite e sottolineando che la giustizia per le vittime di Jaranwala è essenziale, assicurandoci il suo pieno sostegno”.

E ora, quali saranno i prossimi passi?
Con il Movimento per i Diritti delle Minoranze abbiamo deciso di lottare per ottenere giustizia e trovare modi per proteggere la nostra gente dai fondamentalisti e dagli estremisti. Durante il sit-in tutta la società civile e le chiese ci hanno sostenuto, ma i membri della nostra Assemblea provinciale non hanno mostrato alcun interesse. Il governo del Punjab è rimasto indifferente, il suo atteggiamento verso la popolazione di Jaranwala è stato doloroso e irrispettoso. Il ministro provinciale per i diritti umani e per le minoranze non ha mai visitato quetso luogo e ha completamente ignorato la richiesta di giustizia. Per questo abbiamo deciso di boicottare le elezioni suppletive nel Punjab, in programma nelle prossime settimane. Dobbiamo dimostrare la nostra forza come cittadini e come elettori. Nelle aree dove il voto delle minoranze è determinante, i candidati fanno promesse solo per ottenere il nostro voto, ma dopo si dimenticano di noi. Ora dovranno dimostrare la loro lealtà a Jaranwala e adottare misure concrete per impedire che simili incidenti si ripetano in futuro”.

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