07/12/2015, 00.00
VATICANO
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Vatileaks 2: padre Lombardi, garantito un processo “serio”, con garanzie per gli imputati

“Nello Stato della Città del Vaticano vige un sistema giudiziario proprio, del tutto autonomo e separato da quello italiano”, con propri organi giudiziari e propria legislazione in materia penale. “In esso esistono tutte le garanzie processuali caratteristiche dei più evoluti ordinamenti contemporanei”. Prof. Mirabelli: la libertà di stampa è garantita. Il giudizio è se i documenti “siano stati acquisiti in maniera corretta; se sono cose provenienti da reato, se vi è una partecipazione dei giornalisti alla sottrazione illegale”.

Città del Vaticano (AsiaNews) - Il processo denominato Vatileaks 2 si tiene in uno Stato, la Città del Vaticano, che ha un ordinamento giuridico proprio, con regole per il giusto processo, l’ammissibilità degli avvocati, la scelta dei giudici. E per quanto riguarda i giornalisti Fittipaldi e Nuzzi, non è in discussione la libertà di stampa, non si contesta la pubblicazione di notizie, ma il modo in cui sono stati acquisiti i documenti, se questo costituisce reato.

Nel giorno nel quale l’odierna udienza (nella foto) è stata rinviata perché il tribunale ha accolto  una serie di eccezioni e la prossima seduta è spostata a data da definirsi, una serie di precisazioni riguardanti il processo è venuta da padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa della Santa Sede e Cesare Mirabelli, consigliere generale dello Stato della Città del Vaticano.

Padre Lombardi in una nota afferma che “da quando è stato avviato il processo per la diffusione di documenti riservati comunemente indicato come ‘Vatileaks 2’, si sono scritte e dette molte osservazioni e valutazioni sul sistema giudiziario dello Stato della Città del Vaticano e in particolare sul Tribunale presso cui tale processo è incardinato e le procedure da esso seguite. Poiché molte di tali osservazioni sono inappropriate - o a volte del tutto ingiustificate – è giusto offrire alcune considerazioni per maturare una visione più chiara e una valutazione più corretta di questo aspetto fondamentale della vicenda”.

“Anzitutto, anche se dovrebbe essere ovviamente evidente, bisogna ricordare che nello Stato della Città del Vaticano vige un sistema giudiziario proprio, del tutto autonomo e separato da quello italiano, dotato dei propri organi giudiziari per i diversi gradi di giudizio e della necessaria legislazione in materia penale e di procedura penale. In esso esistono tutte le garanzie processuali caratteristiche dei più evoluti ordinamenti contemporanei. Infatti sono previsti e pienamente attuati tutti i principi fondamentali, quali la precostituzione per legge del giudice naturale, la presunzione d’innocenza, la necessità di una difesa tecnica (tramite avvocati di fiducia o d’ufficio), la libertà del collegio giudicante di formarsi una convinzione sulla base delle prove, in un dibattimento pubblico e nel contraddittorio tra accusa e difesa, sino alla emanazione di una sentenza che deve essere motivata e che può essere impugnata sia con l’appello sia poi con il ricorso per cassazione. Più di recente, infine, è stato anche espressamente introdotto nell’ordinamento vaticano il diritto al giusto processo ed entro un termine ragionevole (art. 35 Legge N. IX, dell’11 luglio 2013)”.

“Le persone incaricate della funzione giurisdizionale, sia inquirente che giudicante, vengono poi selezionate tramite cooptazione, non potendo essere reclutate mediante un concorso pubblico tra i cittadini dello Stato, come normalmente avviene presso gli altri Stati. Esse vengono così selezionate tra professionisti di altissimo livello, già di consolidata esperienza e di fama riconosciuta (come il curriculum di ciascuno di essi, facilmente reperibile su internet, attesta). Sono infatti tutti professori universitari in Università italiane ” .

“Quanto agli avvocati, si è lamentata un’ipotetica violazione del diritto di difesa degli imputati, ai quali non si sarebbe consentito di essere assistiti da avvocati di fiducia di loro scelta. A questo proposito occorre evitare un equivoco di fondo: le regole vigenti nell’ordinamento vaticano, applicate dalle autorità giudiziarie, sono perfettamente in linea con quelle della maggior parte degli ordinamenti processuali del mondo, dove l’ammissione al patrocinio nei tribunali richiede una specifica abilitazione all’esercizio della professione, rilasciata in presenza di requisiti e titoli stabiliti da ogni ordinamento. Non deve sorprendere, quindi, che un avvocato abilitato in Italia non possa per ciò solo patrocinare nello Stato della Città del Vaticano, così come non potrebbe patrocinare nemmeno in Germania, in Francia, ecc. Il ragionamento contrario, d’altronde, implicherebbe che un imputato straniero potrebbe anche pretendere di essere assistito in Italia da un avvocato parimenti straniero, solo perché di propria fiducia, il che non è però consentito. Tali condizioni non costituiscono quindi un limite dell’ordinamento vaticano, ma un’ulteriore conferma della sua autonomia e completezza”.

“Tutti gli avvocati sono iscritti a un Albo, facilmente consultabile, di professionisti ammessi a patrocinare innanzi al Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, nel quale vengono selezionati gli avvocati d’ufficio o scelti gli avvocati di fiducia. Si tratta di avvocati qualificati non solo presso i tribunali della Chiesa e della Santa Sede, ma anche presso i tribunali italiani, essendo tutti iscritti nei rispettivi consigli dell’Ordine degli avvocati italiani. Non solo, essi sono anche in possesso di una seconda laurea in diritto canonico e di un ulteriore diploma di specializzazione triennale conseguito presso il Tribunale rotale. Si tratta quindi di professionisti che, oltre ad avere l’abilitazione richiesta per il patrocinio in Italia, possiedono anche conoscenze ulteriori che li rendono adatti al patrocinio in un ordinamento in cui è necessario conoscere il diritto canonico. Vi sono quindi – conclude la nota di padre Lombardi - tutte le premesse per avere piena fiducia nella serietà e nella competenza di chi deve garantire il corretto svolgimento di un processo che, per diverse ragioni, attira l’attenzione di molti”.

Quanto al prof. Mirabelli, già giudice e poi presidente della Corte Costituzionale italiana e ora Consigliere generale dello Stato della Città del Vaticano, in una intervista alla Radio Vaticana egli afferma che anche in Vaticano “la libertà di stampa è comunque garantita. Il giudizio che deve essere dato è se questi documenti siano stati acquisiti in maniera corretta; se sono cose provenienti da reato, se vi è una partecipazione dei giornalisti alla sottrazione illegale – starei per dire ‘delittuosa’ – di questi documenti”. Non c’è, aggiunge, “un divieto o una limitazione al giornalismo di inchiesta, che ha anche una positività perché mette in luce delle criticità che ci sono e informa sotto questo aspetto l’opinione pubblica. Tuttavia, il giornalismo d’inchiesta non significa una acquisizione di documenti con atti o commissione di reati per procedere a pubblicare informazioni”.

“La libertà di stampa – aggiunge Mirabelli, rispondendo a un’altra domanda -comprende certamente la libertà di manifestazione del pensiero, la libertà di esprimere giudizi, di pubblicare atti o documenti; ma vi possono essere dei limiti quando questo riguardi – ad esempio – la sicurezza dello Stato o altri elementi che si riferiscono a atti o documenti riservati. Perciò, il limite alla libertà non significa conculcare la libertà di informare. Vi è un elemento che riguarda le modalità con le quali la documentazione viene acquisita – come in questo caso – o anche la natura di alcune informazioni che possono rimanere riservate”. In questo processo non si vuole contraddire la libertà di stampa, ribadisce, “ma perseguire un reato che è previsto dalla legge penale vaticana. Questa legge non ha un contenuto singolare, perché molte legislazioni prevedono sanzioni quando sono sottratti documenti che riguardano la vita dello Stato e che l’ordinamento ritiene di dovere in qualche modo tutelare”.

 

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