24/10/2007, 00.00
IRAN
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Verso una lotta interna di potere: Ahmadinejad contro Khamenei

Tutti criticano la decisione del presidente per aver accettato le dimissioni di Larijani, capo negoziatore sul nucleare, legato all’ayatollah Khamenei. L’ex presidente Khatami critica il governo perché nasconde i dati reali sull’inflazione, arrivata al 22,4%.

Teheran (AsiaNews) – Varie personalità di calibro e 183 parlamentari hanno criticato pubblicamente il presidente Ahmadinejad per aver sostituito Ali Larijani quale negoziatore sul nucleare iraniano. Ciò rivela una lotta di potere sempre più forte all’interno del Paese, prostrato da una crisi economica e da una forte tensione con la comunità internazionale.

Due giorni fa, 183 parlamentari hanno diffuso una lettera in cui si loda Ali Larijani per la sua “abilità”, manifestata negli scorsi anni nel dialogo con le potenze occidentali e con l’Onu. Larijani, capo negoziatore sul nucleare dal 2005, ha dato le dimissioni, subito accettate dal presidente iraniano, che ha inserito al suo posto Said Jalili, da sempre fidato braccio destro di Ahmadinejad. La lettera dei 183 (più del 50% del parlamento) suggerisce che i negoziati sul nucleare devono essere portati avanti “in una maniera logica e ragionevole”.

Ieri, all’incontro con Javier Solana, capo dell’Unione Europea per la politica estera, erano presenti sia Jalili, sia Larijani, quest’ultimo in qualità di rappresentante personale del supremo leader Ali Khamenei al Consiglio nazionale di sicurezza. Ciò significa che mentre Jalili riferirà dell’incontro ad Ahmadinejad, Larijani riferirà al Grande ayatollah, mostrando un divario sempre più crescente fra i due.

Mohammad Reza Bahonar, vice-presidente della majlis (parlamento), ha perfino commentato con i giornalisti sull’esistenza di “problemi profondi e radicati” fra Larijani e Ahmadinejad, che “non potevano essere risolti”.

Secondo vari osservatori diplomatici, il presidente vuole un confronto duro fino alla fine con la comunità internazionale; Larijani (e Khamenei) non vogliono tirare la corda più del dovuto, cercando di evitare una possibile guerra con l’occidente. Ahmadinejad è noto per le sue invettive contro l'Olocausto; le minacce di sradicare lo stato d'Israele; i tentativi di collegare il sud del mondo contro gli Stati Uniti. Egli rivendica il diritto dell'Iran a proseguire in un programma nucleare che a suo dire ha scopi solo pacifici. La comunità internazionale teme invece che dietro il programma si nasconda un escalation militare nucleare. Nei giorni scorsi la tensione si è accresciuta: il presidente George W. Bush ha paventato la possibilità di una Terza guerra mondiale se l'Iran si doterà di una bomba nucleare. Intanto le minacce della Turchia verso l'Iraq curdo e l'insicurezza della regione medio-orientale accrescono quello che gli esperti definiscono "l'avventurismo" di Ahmadinejad.

Ali Akbar Velayati, ex ministro degli esteri, consigliere di Khamenei, ha espresso preoccupazione per le dimissioni di Larijani: “In questa situazione delicata e importante su tema nucleare, era meglio se questo[le dimissioni] non fosse successo”.

Perfino Ahmad Tavakkoli, direttore del Centro parlamentare di ricerche strategiche, che ha spesso appoggiato alcune scelte di Ahmadinejad, questa volta ha espresso disappunto per le dimissioni di Larijani, definendo il suo sostituto “un inesperto”.

Le manovre del presidente sulla questione del nucleare non sono le sole ad essere criticate. Nei giorni scorsi sulla stampa iraniana Ahmadinejad è stato criticato anche per i suoi fallimenti economici. Parlando al quotidiano economico Sarmayeh, l’ex presidente Mohammad Khatami ha manifestato preoccupazione per la crescente inflazione, che le statistiche governative cercano di nascondere. “L’inflazione  c’è”, ha detto Khatami “e la gente comune lo percepisce tutte le volte che deve acquistare qualcosa.. Se dai delle cifre che [dimostrano] che l’inflazione non esiste…, questo non fa sparire la realtà”.

Secondo i dati della banca centrale, nel 2007 l’inflazione è giunta la 15,8%. Ma molti economisti e lo stesso parlamento iraniano affermano che quest’anno il dato si aggira sul 22,4%. La lievitazione dei prezzi nei beni di base e dei servizi, insieme al razionamento dei carburanti (in un Paese produttore di petrolio), sta facendo crescere e diffondere lo scontento nella popolazione.

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