19/04/2011, 00.00
CINA
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Wen Jiabao invita tutti a dire la verità, la polizia arresta chi lo fa

Il premier torna a parlare di riforme politiche e invita tutti a “dire la verità” e a combattere il decadimento morale. Ma nel Paese la polizia arresta chi anche soltanto critica il governo. Esperti: la posizione del premier è “ironica e tragica” per la sua incapacità a operare cambiamenti.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – La polizia arresta anche i familiari dei dissidenti e tiene da mesi in carcere persone senza accuse formali. Ma il premier Wen Jiabao dice che la popolazione deve poter esprimere le opinioni “con libertà”.

Wen ha parlato ai membri dell’Istituto Centrale di Ricerca di Cultura e Storia, la settimana scorsa, sollecitandoli a “dire la verità” e criticando la degenerazione morale nella società. “Noi – ha insistito il premier – dobbiamo creare le condizioni per il popolo per dire la verità”. “Perché la politica del governo sia… in linea con i desideri della popolazione, occorre ascoltare le opinioni della popolazione”. Egli ha aggiunto che un Paese senza morale non può essere un Paese davvero forte e rispettato dagli altri”.

Da anni Wen parla di riforme politiche e le sue dichiarazioni del 2010 hanno suscitato importanti attese di cambiamenti, ma queste aperture sono state del tutto ignorate nell’Assemblea Nazionale del Popolo lo scorso marzo.

Esperti osservano che le parole di Wen evidenziano l’importanza della democrazia e dello Stato di diritto, ma arrivano mentre nel Paese è in atto la peggiore repressione almeno dal 1998. Da metà febbraio le autorità hanno arrestato centinaia di democratici e attivisti per la tutela dei diritti umani, per timore di una Rivoluzione dei gelsomini.

Il gruppo Chinese Human Rights Defenders ha ricordato ieri che sono stati finora arrestate in modo del tutto illegale almeno 39 persone e altre 21 sono “scomparse” da settimane dopo essere state portate via dalla polizia. Di questi 39, solo 5 sono stati poi arrestati in modo formale, 3 sono stati mandati senza processo ai lavori forzati dei campi di Rieducazione-tramite-lavoro, 14 sono stati liberati e gli altri sono ancora in carcere.

Il 16 aprile Chrd ha denunciato l’arresto a Pechino di Dong Jiqin, marito dell’attivista Ni Yulan già detenuta, con l’accusa di “creare disordine”.

Intanto a Wuhan si è svolto ieri il processo contro Li Tie, in carcere dal settembre 2010, per “sovversione contro il potere statale”. Li è stato difeso da un avvocato nominato dalla pubblica sicurezza: l’avvocato Jin Guanghong, nominato dalla famiglia, è “scomparso” dal 10 aprile. L’accusa ha chiesto 10 anni di carcere indicando come prova “evidente” gli articoli di Li critici verso il governo e le sue discussioni “reazionarie” su siti web. Nei suoi articoli Li ha parlato di democrazia e di riforme politiche.

Per questo Joseph Cheng Yu-shek, professore di Scienze Politiche all’Università della Città di Hong Kong, definisce “ironica e tragica” la perdurante incapacità di Wen a introdurre maggiore libertà nel Paese nonostante quanto dichiara. “Nel Partito – spiega al South China Morning Post – ci sono persone che possono volere riforme, ma sono con certezza in minoranza e non possono fare molto”.

Il professore Chan Kin-man, esperto dell’Università Cinese di Hong Kong, dice che il governo deve biasimare solo se stesso per la grave degenerazione morale della società, visto il divieto per gruppi civili e media di investigare sulla corruzione e il malgoverno delle autorità.

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