17/12/2005, 00.00
HONG KONG - vaticano - WTO
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Wto: documento della Santa Sede su "bene comune" e aiuto ai paesi poveri

E' stato diffuso ieri alla conferenza. In esso si ricordano le finalità del Wto, che è lo sviluppo integrale di tutti . L'aiuto ai Paesi poveri va considerato un punto di interesse per tutti.

Hong Kong (AsiaNews/Ucan) - "La liberalizzazione del commercio non va considerato come un fine in se stesso, ma come un mezzo per raggiungere obiettivi ulteriori quali lo sviluppo integrale di ogni persona e la riduzione della povertà". E' quanto dice un documento di 5 pagine della Santa Sede dal titolo "Riflessioni in occasione della 6° Conferenza ministeriale dell'Organizzazione mondiale del Commercio" (Wto),  diffuso durante i lavori.

La delegazione vaticana è presente all'incontro del Wto ad Hong Kong con 5 membri, in qualità di osservatori. Il gruppo è guidato dall'arcivescovo Silvano M. Tomasi. Per oggi era previsto un suo intervento alla conferenza per esprimere in maniera formale le preoccupazioni della Santa Sede.

Nel documento si evidenzia che il summit offre "un'occasione per cercare il bene comune dell'intera famiglia umana". Per "bene comune" - è subito precisato – si intende quanto "appartiene a tutti e a ogni persona, è e rimane comune perché non può essere diviso e perché solo insieme è possibile raggiungerlo, aumentarlo e mantenerlo effettivo, anche per il futuro". Infatti, "al centro di tutti i rapporti sociali ed economici, comprese le relazioni commerciali, si trova la persona, che ha una propria dignità e diritti inalienabili".

Per questo "le regole del commercio internazionale devono favorire il maggiore impegno per lo sviluppo umano e il miglioramento delle condizioni di vita dei poveri". L'auspicio è che il Wto potrà garantire a tutti i Paesi, specie a quelli meno sviluppati, uguali opportunità per la partecipazione e il contributo agli accordi commerciali e per la difesa dei loro diritti".

Il documento affronta anche i temi specifici dello sviluppo e del mercato agricolo e non agricolo, che sono stati al centro dei colloqui e degli scontri qui ad Hong Kong. La preoccupazione per lo sviluppo dei Paesi poveri è centrale, ma non considerata come un diritto di rivalsa, ma all'interno di una solidarietà e con modalità tali da consentire un vantaggio reciproco.

Il documento si richiama a quanto stabilito durante il summit di Doha nel 2001, per ricordare che lo "sviluppo" di tutti deve essere il filo conduttore dei negoziati. Preso atto delle diverse situazioni economiche e sociali degli Stati, occorre tenere presenti "le priorità nei settori dell'alimentazione, la sanità, l'educazione, il lavoro, la tutela ambientale e altri", anche tramite aiuti, da parte dei Paesi industrializzati a quelli meno sviluppati, specie nel settore alimentare e per l'assistenza nello sviluppo tecnico.

Il settore agricolo è ritenuto "un settore chiave per i Paesi in via di sviluppo e può far uscire dalla povertà milioni di persone". Il documento denuncia che le attuali alte imposizioni fiscali ostacolano la produzione dei Paesi in via di sviluppo, ma constata pure la difficoltà di giungere alla liberalizzazione, perché i Paesi sviluppati risulterebbero non competitivi per il prezzo di molti prodotti agricoli.

Il documento indica la necessità di riconoscere ai Paesi meno sviluppati un accesso privilegiato in tutti i settori commerciali, con quote di esenzione dalle imposte. Insieme a un intervento mirato dei Paesi ricchi per aiutare lo sviluppo anche nei settori dell'organizzazione e dei servizi, così da renderli "capaci a trasformare la loro economia, oggi agricola".

Anche i "sussidi all'esportazione nei Paesi sviluppati" a favore dei propri agricoltori distorcono il commercio dei prodotti agricoli, tenendo bassi in modo artificiale i prodotti nel mercato mondiale. Ciò "minaccia il fabbisogno alimentare e il tenore di vita" per i molti Paesi per cui il settore agricolo costituisce oltre la metà delle esportazioni. "Recenti studi – ricorda il documento – hanno dimostrato che l'eliminazione di dazi e sussidi nel settore tessile potrebbe far aumentare l'esportazione dall'Africa di oltre il 13%".

Il documento critica anche l'attuale sistema degli aiuti alimentari, pure necessari, che devono essere considerati solo quale sussidio d'emergenza, tendendo piuttosto ad lo Stato povero a divenire autosufficiente.

Anche per il settore non agricolo, occorre trovare un equilibrio tra l'opportunità  di consentire l'accesso ai prodotti dei Paesi industrializzati e il pericolo che questi prodotti, più competitivi, soffochino le nascenti industrie negli Stati poveri. "In accordo con il dovere di solidarietà tra gli Stati membri del Wto – si conclude -  che riguardo soprattutto ai Paesi sviluppati, si dovrà promuovere il trasferimento di tecnologia e conoscenze alle economie deboli per aumentarne la competitività". Cosa che potrà riuscire solo con una "graduale liberalizzazione".

Decisivo anche il settore dei servizi, per consentire lo sviluppo dei Paesi poveri, che deve avvenire in modo da evitare lo sfruttamento del lavoro locale e danni all'ambiente.

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