16/10/2025, 13.58
LANTERNE ROSSE
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Xi in prima fila contro il gender gap (che però in Cina è tornato ad avanzare)

Al summit globale sulla condizione della donna a 30 anni dalla Conferenza di Pechino il presidente cinese ha promesso fondi a UN Women e nuove iniziative di cooperazione sulla condizione femminile nel mondo. Ma nel Politburo dal 2022 vi sono solo uomini. E anche nel mondo del lavoro - con la brusca svolta dalla politica del figlio unico agli incentivi alla natalità - riprendono quota le discriminazioni. 

Milano (AsiaNews/Agenzie) – La notizia della settimana sui media ufficiali cinesi è stato il Global Leaders' Meeting on Women che ha visto riuniti a Pechino delegati da 110 Paesi e organizzazioni internazionali per discutere sulla condizione della donna nel mondo. L’iniziativa era stata fortemente voluta dalla Repubblica popolare cinese per i 30 anni dalla Quarta Conferenza mondiale sulle donne che si tenne nella capitale cinese nel 1995 e che rappresentò effettivamente un evento di grande rilevanza globale.

Per questo al summit il 13 ottobre è intervenuto personalmente il presidente Xi Jinping con un discorso attraverso il quale ha puntato ad accreditare la Repubblica popolare cinese come “Paese guida” per gli sforzi nella riduzione del cosiddetto “gender gap” nel mondo di oggi. Xi in particolare ha promesso che Pechino stanzierà 10 milioni di dollari nei prossimi cinque anni in favore di UN Women, l’agenzia delle Nazioni Unite istituita nel 2010 per promuovere l’emancipazione di tutte le donne e ragazze e l’uguaglianza di genere. Ha inoltre annunciato che la Cina inviterà 50 mila donne a partecipare a programmi di scambio e formazione nel Paese. Già alla vigilia del summit Pechino aveva fatto circolare con abbondanza una serie di dati sul contributo già offerto dal suo governo a questa causa: dalle oltre 1200 donne cinesi impegnate nelle missioni di peacekeeping dell’Onu, al 36,7% di donne nel personale impegnato all’estero iniziative di cooperazione internazionale o ai circa 100 progetti in favore della salute materna aperti nei Paesi in via di sviluppo.

Come molti hanno fatto notare, però, questi dati fanno i conti con un quadro relativo alla condizione femminile all’interno della Cina che non è fatto solo di success. Se da una parte Xi nel suo discorso ha sottolineato il ruolo fondamentale delle donne nello sviluppo economico e sociale della Cina, affermando che rappresentano oltre il 40% della forza lavoro e sui giornali sono state poste in evidenza le immagini delle donne astronauta cinesi, altri indicatori parlano in realtà di un aumento del divario di genere negli ultimi anni.

È stato molto citato, in proposito, il dato di fatto che dall'inizio del terzo mandato quinquennale di Xi come segretario generale del Partito Comunista nel 2022 per la prima volta da 25 anni nessuna donna è presente nei 24 membri del Politburo, l’organo decisionale centrale del Partito comunista cinese. Ma anche nell’edizione del Global Gender Gap Report 2025 del World Economic Forum, la Cina è scesa al 103° posto su 148 Paesi, in netto calo rispetto al 61° posto occupato nel 2011 durante la presidenza di Hu Jintao. E non è mancato chi ha ricordato la dura repressione subita dalle attiviste femministe che anche sui social network cinesi hanno provato a sollevare la campagna del #MetToo contro la violenza di genere.  

Un’analisi più complessiva del Libro bianco "I successi della Cina nello sviluppo completo delle donne nella nuova era" pubblicato dal governo cinese l’ha offerta sul sto indiano The Tribune Eerishika Pankaj, direttrice dell’Organizzazione per la ricerca sulla Cina e l’Asia di New Delhi. “Sarebbe scorretto ignorare i reali progressi ottenuti dalle donne cinesi in settori come l’istruzione, l’accesso alla sanità e la riduzione della povertà – scrive l’analista indiana -. Oggi le donne rappresentano più della metà dei laureati universitari, e il tasso di alfabetizzazione femminile è cresciuto drasticamente rispetto a una generazione fa. Nelle aree rurali, le campagne mirate di lotta alla povertà hanno migliorato l’assistenza sanitaria materna e ampliato le opportunità per le donne di impegnarsi in attività non agricole. Tuttavia, molto resta ancora da fare”.

Tra le questioni poste in evidenza c’è la ricaduta della brusca svolta dalla politica del figlio unico alle misure per fronteggiare l’emergenza demografica incoraggiando la natalità. Sussidi e congedi parentali più lunghi tendono oggi ad essere considerati dai datori di lavoro cinesi un costo, alimentando discriminazioni. “Le donne – racconta Eerishika Pankaj - riferiscono di essere frequentemente interrogate, molto più degli uomini, sulle loro intenzioni riguardo matrimonio e figli durante i colloqui”. Per non parlare delle eredità confuciane che persistono, rafforzando gerarchie di genere. “Sebbene il Partito presenti la parità di genere come conquista del socialismo, le aspettative culturali - donne come caregiver, uomini come capifamiglia - restano profondamente radicate”. Le indagini mostrano che le donne guadagnano significativamente meno degli uomini, incontrano un soffitto di cristallo nelle posizioni dirigenziali e subiscono persino pressioni legate all’aspetto fisico nei processi di selezione del personale.

“Le donne vengono mobilitate quando utili allo Stato, poi relegate alla sfera domestica quando cambiano le priorità politiche”, è l’opinione di Eerishika Pankaj. Che conlude: Il paradosso delle politiche di genere in Cina è evidente: le donne sono indispensabili al progetto di modernizzazione del Partito, ma i loro diritti restano subordinati - esaltati quando servono agli obiettivi nazionali, limitati quando diventano scomodi”.

 

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