30/10/2015, 00.00
SIRIA
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A Vienna si discute il futuro della Siria, con Iran e Arabia Saudita

Il segretario generale Onu invita i Paesi partecipanti a mostrare “flessibilità” e si dice “fiducioso” sull’esito dei colloqui. Fra i nodi irrisolti il futuro politico di Assad e il processo di transizioni. Timide aperture dai vari fronti, ma le posizioni restano distanti. Washington conferma il sostegno ai gruppi ribelli siriani.

Vienna (AsiaNews/Agenzie) - Si sono aperti oggi a Vienna i primi colloqui sulla crisi siriana capaci di riunire tutte le maggiori potenze regionali e internazionali, tanto i sostenitori del presidente Bashar al-Assad quanto i Paesi vicini alla galassia dell’opposizione. Convitato di pietra del summit odierno il governo di Damasco, a conferma che il destino della Siria si gioca lontano dalla capitale o dai gruppi che lottano contro il “regime”. Sono invece presenti fra gli altri i ministri degli esteri di Russia, Turchia, Arabia Saudita, il segretario di Stato americano John Kerry (promotore dell’incontro), e delegati da Iran, Unione europea, Iraq, Egitto e Cina. 

L’incontro austriaco giunge a un mese di distanza dall’ingresso della Russia nel conflitto siriano, con una serie di raid aerei lanciati dall’aviazione di Mosca contro lo Stato islamico e gli altri gruppi jihadisti. Washington e Mosca mantengono posizioni distanti dall’inizio della crisi, ma l’incontro di oggi preceduto dal summit del “quartetto” (Stati Uniti, Russia, Turchia, Arabia Saudita) di ieri sono il tentativo di internazionalizzare un conflitto che ha causato 250mila morti dal marzo 2011.

Rivolgendosi ai partecipanti, il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha chiesto a tutti di mostrare “flessibilità”, oltre che dirsi “fiducioso” per l’alto livello dei partecipanti ai colloqui. “Mi auguro che potranno davvero esaminare a fondo la questione - ha detto il capo della diplomazia Onu - mostrandosi flessibili, a prescindere dalle differenze nei punti di vista e nell’approccio” perché alla crisi non vi può essere una “soluzione militare”. 

Fra i nodi irrisolti sui tavoli delle diplomazie internazionali il ruolo del presidente Assad e una sua eventuale uscita di scena dal panorama (politico) siriano, la campagna militare tuttora in corso nel Paese arabo nel contesto della guerra civile e la lotta allo Stato islamico e ai movimenti jihadisti. 

All’incontro di oggi sono presenti il rappresentate saudita (il ministro degli Esteri Adel al-Jubeir) e l’omologo iraniano (Mohammad Javad Zarif), le due potenze della  regione mediorientale che lottano dietro le quinte per la supremazia in Siria. Teheran è uno stretto alleato del presidente siriano Bashar al-Assad, mentre i sauditi sostengono con forza la galassia dell’opposizione (e anche gruppi jihadisti all’interno, fra cui i qaedisti di al Nusra) che vuole abbattere l’attuale governo. 

La maggior parte dei Paesi sono rappresentati a livello di ministri degli Esteri, tranne la Cina che ha inviato il vice. Per le Nazioni Unite è presente l’inviato speciale per la Siria Staffan de Mistura. La due giorni di incontri a Vienna intende colmare, almeno in parte, le distanze fra Stati Uniti e coalizione, che sostengono i ribelli, e i due principali alleati di Damasco, Russia e Iran. Questi due governi hanno rafforzato, negli ultimi tempi, la presenza militare in Siria a sostegno del presidente Assad. 

Pur rappresentando uno sviluppo positivo, in molti fra le cancellerie occidentali minimizzano su risultati a breve termine nei colloqui sulla Siria; la situazione sul terreno è complessa e la presenza di movimenti jihadisti, fra cui i miliziani dello Stato islamico, rendono ancor più violento e sanguinario il quadro generale. Il summit di oggi è un “tentativo” di ricerca di un terreno comune sul quale dialogare per un futuro di pace, sebbene finora nessuno può garantire sull’efficacia del processo. Washington e alleati arabi (fra cui Turchia e Arabia Saudita), pur mantenendo ferma la cacciata di Assad, hanno aperto sulla possibilità che essa non avvenga “nell’immediato”. Ora resta da vedere quali potranno essere le eventuali concessioni dei sostenitori - Russia e Iran - del presidente siriano. Fra queste il sostegno di Teheran, non più escluso, a un periodo di “transizione” di sei mesi, seguito da elezioni per decidere il futuro di Assad e del Paese. 

Intanto a Washington il portavoce della Casa Bianca Josh Earnest conferma che gli Stati Uniti continueranno a sostenere alcuni gruppi ribelli siriani, inviando armi e munizioni (in passato finite nelle mani di gruppi jihadisti). 

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