18/07/2016, 08.58
BAHRAIN
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Bahrain: i giudici dissolvono il movimento di opposizione sciita Wefaq e sequestrano i beni

Per il tribunale il gruppo ha fomentato la violenza e incoraggiato la discordia confessionale. Durante il processo gli avvocati della difesa hanno rimesso l’incarico per protesta contro limitazioni e ostacoli. Critiche da Stati Uniti e Onu per la sentenza. Soddisfazione del premier Khalifa ben Salman al-Khalifa: misure essenziali “per preservare la sicurezza e la stabilità”. 

 

Manama (AsiaNews/Agenzie) - La magistratura del Bahrain (monarchia sunnita) ha ordinato la dissoluzione del principale gruppo di opposizione (sciita) e il sequestro di tutti i suoi beni. Una sentenza, criticata con forza da Onu e Stati Uniti, che segue la decisione del mese scorso dell’esecutivo di sospendere tutte le attività della Wefaq National Islamic Society.

Inoltre, i fondi finora a disposizione del movimento che ha guidato le proteste pro-democrazia del 2011 saranno messi a disposizione del governo. 

Ieri i giudici del tribunale amministrativo hanno stabilito che il movimento al-Wefaq ha “fomentato la violenza” e incoraggiato manifestazioni finalizzate a provocare “la discordia confessionale” nel Paese. E i suoi leader non hanno mancato di “criticare le istituzioni dello Stato”. 

La giuria ha emesso il verdetto al termine di un processo in cui il movimento non ha potuto beneficiare dell’assistenza degli avvocati in aula; il team di difesa aveva rimesso l’incarico in una precedente udienza, per protesta contro limitazioni e ostacoli frapposti dalle autorità. 

Il Primo Ministro del Bahrain Khalifa ben Salman al-Khalifa commenta con soddisfazione la sentenza e conferma la linea dura adottata dal governo, definendole misure essenziali “per preservare la sicurezza e la stabilità”. 

A febbraio gruppi di manifestanti erano scesi in piazza per chiedere più diritti politici e la fine delle discriminazioni contro la maggioranza sciita. Il mese seguente re Hamad bin Isa Al Khalifa ha chiesto l’aiuto di altre nazioni del Golfo - a maggioranza sunnita - per ristabilire l’ordine e fermare il dissenso. Negli scontri sono morti 30 civili e cinque poliziotti. 

A giugno la corte di appello del Bahrain ha più che raddoppiato la sentenza di condanna a carico di Ali Salman Ahmed Salman, segretario generale di Wefaq, passando da quattro a nove anni di prigione. I giudici di secondo grado lo hanno riconosciuto colpevole anche del tentativo di rovesciare il governo con l’uso della forza. Attivisti e associazioni pro diritti umani hanno parlato di sentenza “fabbricata con prove false” e di “processo farsa, finalizzato alla condanna”. 

Il Bahrain è una monarchia del Golfo retta da una dinastia sunnita in un Paese in cui la maggioranza della popolazione (almeno il 60-70%) è sciita e da tempo chiede cambiamenti costituzionali e diritti sociali ed economici.

Nel 2011 sulla scia delle primavere arabe, vi sono state sommosse che il re del Bahrain - alleato di Washington e sostenuto da Riyadh - ha sedato con l’ausilio di truppe inviate dall’Arabia Saudita.

Nelle scorse settimane le autorità hanno arrestato e condannato attivisti (fra cui Nabil Rajab) e il leader religioso sciita Sheikh Isa Qassim, accusati di “servire interessi stranieri” e promuovere “le divisioni confessionali e la violenza”. 

Bloccate anche le attività di Al-Wefaq, principale gruppo sciita di opposizione, perché sospettato di “terrorismo, estremismo e violenza” oltre che legami con una potenza straniera (leggi Iran).

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