17/06/2011, 00.00
LIBANO
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Beirut, un governo anacronistico in mano a Hezbollah e alla Siria

di Fady Noun
Il nuovo esecutivo di Nagib Mikati si presenta con una forte influenza degli sciiti e della Siria. Il nodo dell’inchiesta del Tribunale speciale internazionale sull’uccisione di Rafi Hariri. Il rischio di un confronto con l’Occidente.
Beirut (AsiaNews) - Anacronistico. E’ forse la parola più giusta per descrivere il governo che è stato appena formato in Libano da Nagib Mikati. Lui, una voce in politichese precedente alla primavera araba, che rivela l’influsso siriano e iraniano, e si distacca da alcuni discorsi ascoltati, e in particolare da quello del suo ministro degli Esteri, Ali Kanso.

Il governo ha ricevuto un’accoglienza molto fredda, sia da parte dell’opposizione libanese che dalla comunità internazionale. In Libano, la condanna è senza sfumature. E’ il governo della Siria e di Hezbollah, e porrà il Libano in un confronto con l’Occidente. Sul piano internazionale, Washington ha espresso la sua delusione. Parigi non ha reagito, E neanche la comunità araba. Le sole felicitazioni giunte finora al palazzo presidenziale sono quelle della Siria, dell’Iran e della Spagna, a dispetto di una mossa che si è voluta definire rassicurante da parte di Mikati, che, la sera stessa della pubblicazione del decreto di formazione del governo, è partito in pellegrinaggio per l’Arabia Saudita.

Il governo comprende due componenti. La prima, radicale, guidata da Hezbollah; e l’altra centrista, guidata dal capo di Stato, il presidente del Consiglio dei ministri e il leader del Psp, Walid Jumblatt. Quest’ultima è minoritaria, ma in teoria possiede tuttavia una carta preziosa: undici ministri, un blocco di garanzia. Il che dovrebbe rassicurare l’Arabia saudita. Tuttavia questa minoranza è aleatoria perché il ministro dell’Interno, che fa pendere la bilancia in questo senso, è un nuovo arrivato nel campo della politica.

Certo, il governo comprende elementi di valore, ma di fronte alle pesantezze di ogni genere che costituiscono altrettante resistenze al cambiamento, non è sicuro che mantengano le loro promesse. Prendiamo ad esempio la dichiarazione d’intenti del nuovo ministro degli Interni, Marwan Charbel. Quest’ultimo ha detto di volersi mettere senza ritardo all’elaborazione di una nuova legge elettorale, in previsione della scadenza del 2013. Più facile a dirsi che a farsi. Infatti l’elaborazione di questa legge sarà sempre più centrale nel corso dei due prossimi anni, dal momento che il principio dell’alternanza democratica è una sfida che Hezbollah non si è sempre impegnato solennemente a rispettare, come prova l’accordo di Doha.

Messo in minoranza all’epoca, in seno al governo, e dopo le dimissioni di tutti i ministri sciiti, il partito ha chiesto la formazione di un governo di unità nazionale. Da qui la paura di una legge elettorale tagliata su misura, destinata ad assicurare il ritorno della maggioranza attuale, o di nuovi comportamenti anti-democratici che pongano il Paese davanti al fatto compiuto.

Consapevole di questo handicap, Hezbollah ha affermato, con uno dei suoi deputati, che rispetterà in avvenire il principio dell’alternanza. Tuttavia bisognerà giudicare il nuovo governo dai fatti , e non dalle belle parole; perché dopo la formazione del nuovo governo le dichiarazioni rassicuranti di Mikati e di altri ministri si sono moltiplicate .

D’altronde il capo dello Stato ha annunciato la ripresa delle riunioni di un’assemblea informale, la “Conferenza nazionale del dialogo” dove siedono i rappresentanti di tutte le grandi forze politiche, destinata a dibattere su una strategia nazionale di difesa di fronte a Israele.

Si tratta di discutere delle armi di Hezbollah: un problema che divide profondamente i libanesi, perché queste armi non sono tutte sotto il controllo dell’esercito libanese, come dovrebbe avvenire, ma sotto il comando della milizia. E nulla indica che il partito sciita abbia la minima intenzione di cedere su questo problema.

Un altro tema su cui i libanesi sono divisi è quello del Tribunale speciale sul Libano (Tsl). Parigi, Washington e l’Onu si preoccupano della possibilità che il nuovo governo cessi ogni forma di cooperazione con il Tsl, incaricato dell’inchiesta sull’assassinio dell’ex Primo ministro libanese Rafic Hariri. “Sarà il primo test: si saprà se il Libano entrerà a confronto con la comunità internazionale o no” afferma Khattar Abou Diab, professore di relazioni internazionali all’università Paris-Sud, citato in un’analisi della France Presse.

“Questo governo non coopererà con il Tsl”, ha dichiarato invece Paul Salem, direttore del centro Carnegie per il Medio oriente. Secondo lui la sfida per il nuovo Primo ministro, che si presenta come “indipendente”, libero dalle pressioni di Hezbollah è “evitare il conflitto” su questo tema. “Mikati cercherà di manovrare”, ha dichiarato Salem. Ma visto il peso politico di Hezbollah, sempre più preponderante, a cui bisogna aggiungere il suo potente arsenale, gli analisti dubitano che Mikati possa entrare in conflitto con il partito sciita. Se alcuni pronostici si realizzano, e se la pubblicazione dell’atto di accusa del Tsl giunge nelle prossime settimane, la crisi potrebbe esplodere prima di quanto il governo Mikati si augura.
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