30/11/2018, 09.08
SIRIA
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Caritas Siria, testimoniare con opere e parole una nuova era di pace e convivenza (II)

di Sandra Awad*

Per superare i traumi della guerra e le divisioni confessionali necessario condividere esperienze e creare legami fra persone di fede, etnia e origine diversa. La scuola di Medaa, nella Ghouta, e l’incontro con centinaia di giovani studenti musulmani. Dal timore e dalla paura, alla gioia per un pregiudizio superato. 

Damasco (AsiaNews) - Condividere esperienze, creare legami fra persone di fede, etnie e origini diverse è il solo modo per superare le divisioni acuite da un conflitto sanguinoso come quello in atto in Siria. Come conferma un giovane scout che, di recente, ha incontrato centinaia di bambini e ragazzi musulmani della Ghouta. “Oggi - spiega - ho capito di avere una missione: raccontare ciò che abbiamo visto alle nostre famiglie e amici a Damasco”.

Ecco, di seguito, la seconda parte della testimonianza (per la prima parte clicca qui) da cui, a breve, Caritas Siria ricaverà un cortometraggio. Traduzione a cura di AsiaNews:

Il 20 novembre scorso, in occasione della Giornata mondiale dell’infanzia, il nostro team di psicologi e assistenti sociali della Caritas ha marciato accanto a gruppi di giovani scout cristiani di Damasco e agli studenti delle scuole di Medaa, per le vie devastate del loro villaggio. Durante la camminata, il direttore ci ha raccontato del periodo precedente la guerra. È come se stesse parlando di un’altra Ghouta, di altri villaggi, di un’area agricola, piena di olivi e di alberi da frutta. Egli ha puntato il dito contro una casa a due piani e ha sussurrato con un tono di voce basso: “Questa era la mia abitazione. Era una bella casa di campagna, ma ora l’hanno distrutta e, con essa, hanno distrutto tutte le mie memorie più belle, i momenti felici e le speranze. Non sarò mai in grado di sistemarla”. 

Alla fine siamo arrivati a destinazione, la scuola di Medaa dove circa 377 studenti delle elementari ci stavano aspettando con impazienza. Appena arrivati ci hanno detto che alcuni di loro erano troppo eccitati per la visita e ci aspettavano fin dal mattino. Ci hanno accolto con canti e applausi. Ci siamo disposti attorno a loro, abbiamo chiesto a ciascuno di loro di poggiare una mano sul cuore e cantare l’inno nazionale, perché tutti noi apparteniamo dal profondo del cuore ad un unico Paese. 

Dopo il discorso di benvenuto del direttore, io stessa avrei dovuto spiegare agli studenti la missione della Caritas e la nostra campagna, ma prima di farlo mi sono chiesta: “Sapete cosa vedo dal mio punto di osservazione, di fronte a voi? Colori e ancora colori… colori bellissimi che compongono un mix meraviglioso. Il misto di colori meravigliosi che tanto somigliano alla Siria. Siamo diversi l’uno dall’altro, possiamo appartenere a religioni diverse, a etnie diverse o avere opinioni diverse, ma grazie alla nostra varietà formiamo un meraviglioso arcobaleno”. 

I bambini della scuola elementare e secondaria erano sparpagliati in mezzo ai giovani del team di assistenti psico-sociali e ai gruppi di scout, con i quali hanno giocato. Nel frattempo, abbiamo chiesto ai partecipanti di colorare con le dita una bandiera della Siria, allestita in precedenza sulla lavagna.  “Tutti quei volti - ricorda Mary, assistente del dipartimento comunicazione - erano sorridenti e felici. Sentivamo che i bambini erano assetati di gioia e i giovani scout pieni di entusiasmo nel far del bene a questi bambini privati di tutto, anche della felicità”. 

Mentre tutti si divertivano, il direttore della scuola si è avvicinato e mi ha detto: “Vedi questa ragazzina? Ha dovuto affrontare tempi difficili durante la guerra e ha visto cose bruttissime. Due mesi fa, quando ha iniziato a frequentare la nostra scuola, era isolata e socializzava assai di rado con gli altri bambini. I suoi insegnanti facevano fatica a rapportarsi a lei. Guardala ora, da non crederci. Gioca e scherza. Siete riusciti a farle superare il trauma e il dolore, a restituirle il piacere del divertimento, ma questo sostegno deve continuare con lei e con altri bambini come lei, che sono tanti, per permettere loro di superare i traumi con gradualità”. 

A fine giornata, il team della Caritas ha distribuito alcuni doni, insieme a caramelle, cancelleria e un pigiama caldo. È vero che abbiamo offerto un po’ di gioia e qualche dono ai 377 bambini di Ghouta, un centinaio dei quali sono orfani. Tuttavia, da loro abbiamo ricevuto un dono ancora più prezioso in cambio, quando al rientro verso Damasco un giovane scout ha detto: “Vorrei ringraziare la Caritas per questa opportunità e questa grande esperienza. Ieri ero riluttante a partecipare ed ero molto spaventato. Non sapevo se avrei corso il rischio di essere rapito a Ghouta… E quale sarebbe stata la reazione dei bambini? Ci avrebbero accettato? Oggi ho scoperto di aver avuto molti pregiudizi che devono essere abbattuti. Oggi ho capto di avere una missione: di parlare di ciò che abbiamo visto, dell’esperienza che abbiamo fatto alle nostre famiglie e agli amici a Damasco”.

* Responsabile della Comunicazione Caritas Siria

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