03/01/2006, 00.00
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Cina, il "nuovo sviluppo agricolo" ignora i problemi dei contadini

Dopo la presentazione del nuovo piano quinquennale molti studiosi avvertono: "Spostare fondi verso le campagne può innescare altra corruzione".

Pechino (AsiaNews/Scmp) – Il governo cinese ha deciso di colmare il divario crescente fra lo sviluppo delle aree urbane e rurali del Paese con una serie di investimenti in campo agricolo, previsti nel nuovo piano quinquennale. Dal progetto è tuttavia assente ogni provvedimento che pianifichi le politiche territoriali vigenti , nonostante le dispute che nascono da questo problema, considerato la principale fonte di malcontento e di scontri violenti nelle aree rurali nel corso degli ultimi anni.

Un nuovo movimento – chiamato "Il nuovo socialismo delle campagne" – sarà il centro dello sviluppo rurale durante l'11° Piano economico cinese. Uno slogan simile – "Costruire campagne socialiste" – era apparso nei primi anni '50, ma fu abolito in seguito perchè "parte di una propaganda tesa alla costruzione di una società utopica".

La nuova scelta guarda invece all'esperienza sudcoreana di 30 anni fa: Pechino spera infatti che il nuovo movimento venga paragonato al Saemaul Undon – "Nuovo movimento del Villaggio" – lanciato nei primi anni '70 dall'allora presidente della Corea del Sud Park Chung-hee.

Il Saemaul venne lanciato per contrastare la crescita del disavanzo fra le 2 realtà e fermare l'esodo dei contadini verso la città. Seoul decise di investire in infrastrutture agricole e migliorare il sistema  stradale, costruì ponti, sviluppò le forniture d'acqua e ridistribuì i terreni fertili. Vengono costruiti magazzini, centri, piccole fattorie e comunità. I provvedimenti governativi, applicati con onestà e rapidità, migliorano in poco tempo la situazione ed arrivano a pareggiare la qualità della vita fra città e campagna.

Zheng Lixin, direttore del Centro per le ricerche politiche della Commissione centrale, ha viaggiato nelle zone sudcoreane interessate dallo sviluppo agricolo mentre veniva scritta la nuova direzione dell'economia nazionale cinese. Zheng si è detto "impressionato" del modo in cui Seoul sia riuscita a mantenere il tasso proporzionale fra il benessere urbano e quello rurale fra 1 a 0.8 e 1 a 0.9. Il rapporto fra le due realtà in Cina, aggiunge, si muove invece su un pericoloso livello di 3.3 a 1.

Feng Yulin, ex direttore del Centro per la cooperazione economica del ministero dell'Economia, presenta una visione del problema più radicale: inserendo le spese per i servizi pubblici, il vero disavanzo si muove fra i 60 a 1 e gli 84 a 1. Con una mossa oramai tipica per la Cina, i residenti urbani hanno beneficiato degli investimenti governativi in campi come infrastrutture, servizi e scolarizzazione, mentre i rurali sono stai lasciati soli. Zheng sostiene che fino ad ora la soluzione al problema prevista da Pechino era quella di spingere i rurali ad aumentare le spese nel mercato interno, facendo così girare di più l'economia domestica. La mossa non ha portato ad alcun beneficio.

Secondo i media statali, la visione di Pechino di un "nuovo socialismo delle campagne" si compone di 5 fattori: crescita della produzione; affluenza di capitali; civilizzazione rurale;  sviluppo ecologico e democrazia nella gestione degli affari locali. In effetti, si sono visti molti sforzi tesi ad incanalare nelle campagne un buon numero di fondi statali, ma la mossa - che rappresenta un cambiamento di rotta nei confronti della tradizionale economia marxista, che predica il sacrificio delle campagne in favore dello sviluppo urbano – provoca forti dubbi.

Il principale, espresso da molti studiosi, riguarda il modo in cui i governi locali risponderanno alla decisione. Li Jinkui, professore dell'Istituto per lo sviluppo di Shenzhen (affiliato al Consiglio di Stato), teme che la novità possa divenire un "banchetto per i corrotti e gli industriali". "Alcune persone – commenta – si emozionano solo sentendo parlare di 'costruire'. Scommetto che molti sono emozionati proprio ora".

In ogni caso, la situazione attuale degli agricoltori non cambia. Nonostante le proteste contro la requisizione delle loro terre – confiscate dal governo in nome dello sviluppo – ed il mancato risarcimento delle stesse, non vengono presi in considerazione nell'ultima "grande visione" che vuole costruire una "campagna più ricca".

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