05/11/2019, 12.26
CINA-VATICANO
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Comunità ufficiali e sotterranee schiacciate dalla sinicizzazione

di Li Ruohan

Chiese chiuse nel Jiangxi e nel Fujian. Sacerdoti sotterranei cacciati dalle parrocchie. Giovani sotto i 18 anni trascinati via dalle chiese. La sottomissione alla cultura cinese delle espressioni religiose ricorda da vicino la politica degli imperatori della dinastia Qing. L’autorità del papa deve essere sotto l’ombra dell’imperatore; la Chiesa è parte delle strutture statali e deve obbedire all’autorità del potere politico.

Pechino (AsiaNews) – È cambiato qualcosa per la Chiesa cattolica cinese dopo l’accordo fra Cina e Vaticano? La situazione è migliorata o peggiorata? Per rendermene conto ho visitato diverse diocesi del Paese e quanto scrivo qui è il resoconto di ciò che succede.

A tutt’oggi, il governo cinese promuove la sinicizzazione[1], la sottomissione alla cultura cinese delle espressioni religiose, che ricorda da vicino la politica dell’imperatore Kangxi al tempo della controversia dei riti cinesi.

Tutte le religioni, soprattutto i cattolici e i protestanti, devono obbedire a questa politica e seguirla. Nella provincia del Fujian, l’arcidiocesi di Fuzhou sta sperimentando persecuzione e violenza: quasi tutte le chiese che appartengono alla comunità non ufficiale sono state chiuse, specialmente a Fuqing; il governo continua a forzare sacerdoti sotterranei a entrare nell’Associazione patriottica. Già secondo Pio XII (nella sua enciclica Ad Apostolorum Principis) diceva che lo scopo di questa associazione è spingere via via i cattolici ad abbracciare le basi del materialismo ateista, negando Dio e rigettando i principi religiosi. Ancora oggi essa è vista come contraria alla dottrina cattolica e alla coscienza delle persone.

Anche nel Jiangxi si registrano fatti di persecuzione, soprattutto nella diocesi di Yujiang. Le forse del governo locale sono spesso entrati nelle chiese durante le cerimonie per trascinare via in modo forzato i bambini e i giovani sotto i 18 anni. Tale proibizione viene ormai applicata ovunque in Cina: è proibito garantire educazione religiosa ai minori di 18 anni.

In questo il governo combatte contro le comunità ufficiali e sotterranee, anche se le più colpite sono le seconde. Il governo ha anche forzato sacerdoti non ufficiali a lasciare il ministero e le loro parrocchie.

Adesso sono considerate “luoghi illegali di culto” perfino le case private, per cui i cattolici rischiano multe e prigione se vi si radunano. Libri di preghiera, di canti liturgici e bibbie sono stati sequestrati dalle chiese e si obbliga tutti all’alza bandiera.

Alcune personalità locali pensavano che la persecuzione nel Jiangxi e nel Fujian avveniva perché qui i cattolici sono una piccola minoranza. In tal senso, l’applicazione dei Nuovi regolamenti e della sinicizzazione era una specie di test, per vedere quanta resistenza provocava e per studiare come sconfiggerla.

Ma ormai, i Nuovi regolamenti sono applicati in tutto il Paese, anche in luoghi come l’Hebei e lo Shanxi, dove i cattolici sono una discreta percentuale della popolazione.

Dall’accordo sino-vaticano in poi la persecuzione non è diminuita, anzi è divenuta peggiore. Il governo continua a sognare come se fosse al tempo della dinastia Qing: l’autorità del papa deve essere sotto l’ombra dell’imperatore; la Chiesa è parte delle strutture statali e deve obbedire all’autorità del potere politico.

Il governo pensa che il cristianesimo sia solo una religione straniera e un elemento potenzialmente pericoloso. Se i cristiani vogliono vivere in Cina devono accettare i principi della sinicizzazione. Lo scopo è forzare i cristiani, cattolici e protestanti, ad accettare l’autorità dello Stato al di sopra di Dio e della fede.

Il Partito comunista sa che le religioni non possono essere distrutte in una notte. Ciò è molto chiaro ed evidente in un documento del Comitato centrale del Partito comunista cinese del 1982. In esso si affermava: “Chi pensa che con lo stabilirsi di un sistema socialista con un certo grado di progresso economico e culturale, le religioni moriranno in un breve periodo, non sono realisti. Coloro che si appoggiano su decreti amministrativi o su altre misure coercitive per cancellare pensieri e pratiche religiosi in un soffio, sono ancora più distanti da una visione marxista di base verso la questione religiosa. Essi sbagliano in modo completo e producono danni considerevoli”. In pratica, la cosiddetta sinicizzazione è un nuovo tentativo di sottomettere tutte le religioni, facendo loro accettare l’ideologia comunista e spingendole ad abbandonare la loro fede. Nel nostro impegnarci nel dialogo, dovremmo imparare le lezioni della storia.

 


[1] Tale politica indica un riferimento alla cultura cinese per esprimere la propria fede, come pure una sottomissione totale al Partito comunista cinese. V. AsiaNews.it, 17/08/2018, “Una nuova prigione per la Chiesa in Cina: la sinicizzazione”.

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