27/05/2016, 15.20
INDIA
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I due anni del governo Modi: boom economico, ma anche rinascita del nazionalismo indù

Il primo ministro ha ammesso che ci sono “ancora enormi compiti da affrontare”. Crescita economica alle stelle; enormi investimenti e progetti commerciali. Ma anche limitazione della libertà di espressione e rapporti di vicinato sempre più tesi con quei Paesi che osteggiano le ambizioni egemoniche dell’India.

New Delhi (AsiaNews/Agenzie) – Incredibile impulso all’economia, crescita impetuosa, enormi investimenti, viaggi ufficiali in tutto il mondo e lancio di progetti commerciali su vasta scala; ma anche un crescente clima di intolleranza religiosa, oppressione delle minoranze, tentativo di ridurre al silenzio le opposizioni, tensione con i Paesi confinanti (Pakistan e Nepal). È questo il bilancio dei primi due anni di governo appena trascorsi del primo ministro Narendra Modi. Il premier ha festeggiato il secondo anniversario del suo mandato con un grande raduno a Saharanpur, in Uttar Pradesh. Parlando di fronte a migliaia di persone, Modi ha ammesso che ci sono “enormi compiti ancora da affrontare”, tra cui la lotta alla corruzione, l’impulso agli investimenti esteri, la riforma del mercato del lavoro.

In generale, le opinioni sul suo operato sono concordi nell’ammettere che il leader del Bjp (Bharatiya Janata Party, nazionalisti di destra indù) è uno dei capi politici indiani più amati di tutti i tempi. Gli ultimi dati parlano di un gradimento personale che si aggira intorno al 74%, dovuto soprattutto alla sua capacità di rilanciare l’economia. Le stime riportano infatti che nei prossimi mesi la crescita arriverà fino al 7,6%, un vero e proprio boom. Inoltre il premier ha puntato sullo sviluppo di relazioni amichevoli strizzando l’occhio alle maggiori potenze (Stati Uniti in primis), vuole diffondere l’egemonia indiana anche in aree poco battute (come l’Asia centrale) e rafforzarla in Paesi deve prevede un ritorno in termini di immagine e interessi (per esempio, la costruzione del porto di Chabahar in Iran).

Accanto ai successi di politica estera ed economica, gli intellettuali lamentano un diffuso clima di intolleranza religiosa, continui attacchi dei nazionalisti nei confronti delle minoranze e limitazione della libertà di espressione.

Secondo Ram Puniyani, presidente del Center for Study of Society and Secularism a Mumbai, il governo di Modi ha riacceso le violenze settarie in India, portando ad una graduale “demonizzazione” del diverso, in particolare delle minoranze religiose.

Lo scorso anno l’opinione pubblica è stata scossa dall’episodio che ha coinvolto Mohammad Akhlaq, un musulmano residente nell’Uttar Pradesh, linciato da una folla inferocita di indù perché sospettato di aver mangiato carne di vacca. Questo episodio, insieme alle manifestazioni studentesche della Jawaharlal Nehru University di Delhi – dove gli universitari protestavano per l’arresto del loro leader accusato di sedizione – è stato tra i momenti più bassi del governo nazionalista, accusato di negare la libertà di espressione e di religione.

Il bilancio di questi due anni appare quindi segnato da due linee contrastanti: da una parte, la corsa allo sviluppo economico e infrastrutturale del Paese (come la distribuzione della rete elettrica in oltre 18mila villaggi rurali), che però non passa attraverso un modello di crescita omogenea, che deve fare i conti con una elevata inflazione anche sui beni di prima necessità (l’aumento dei prezzi alimentari ad aprile 2016 ha raggiunto il 6,3%, andando a colpire soprattutto le fasce più povere). Dall’altra, gli esperti ritengono che le mire egemoniche del premier stiano rovinando i rapporti con i Paesi vicini, come nel caso dell’embargo contro il Nepal. Inoltre la polarizzazione del dibattito politico contro tutto ciò che interferisce con l’ideologia dell’Hindutva rischia di spaccare ancora di più la società indiana.

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