16/11/2012, 00.00
CINA
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Il Congresso del Partito comunista cinese visto da un dissidente

di Wei Jingsheng
Il padre della democrazia in Cina, ora esule negli Stati Uniti, dopo decenni di prigione, analizza il raduno del Pcc, dominato dagli oligarchi e dai vecchi del Partito. Le riforme sono congelate, per salvare gli interessi della classe dirigente e il capitalismo di Stato, ma la Cina ha bisogno di virare verso un'economia di pieno mercato. Ma il mondo libero è interessato a una Cina democratica?

Washington (AsiaNews) - Il 18mo Congresso del Partito comunista cinese (Pcc) ha attratto l'attenzione mondiale almeno quanto le elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Molti pensano che questi due eventi decideranno il destino dell'umanità. Che gli Usa abbiano la possibilità di ritornare alla loro forza di un tempo, è - come ovvio - molto importante. Perché la Cina è importante allo stesso modo?

Perché la Cina, l'ultima e più vasta nazione comunista al mondo, è a un punto di svolta in cui deve operare un cambio completo, come ha dovuto fare l'Unione sovietica venti anni fa. La Cina il paese più popoloso; il suo Prodotto interno lordo è il secondo la mondo; la sua forza militare la pone al terzo posto nel pianeta: tutto ciò causa preoccupazione. Un cambio dalla tirannia del sistema comunista in un altro sistema politico potrebbe produrre cambi rivoluzionari nel paesaggio politico ed economico del mondo.

L'economia cinese di mercato libero-a-metà è già giunto ad uno sviluppo che non è sostenibile. O esso cambia in una piena economia di mercato, o rimarrà un'economia di capitalismo di Stato. In una situazione di mercato pieno, l'economia potrebbe continuare a svilupparsi in modo tranquillo. In questo scenario, l'ulteriore liberalizzazione dell'economia porterebbe alla caduta della dittatura del partito unico. L'altra opzione è di espandere la cosiddetta economia di proprietà dello Stato [il capitalismo di Stato - ndr], che è di fatto un'economia di cui è proprietario il Partito comunista. Questo secondo scenario coincide in modo esatto con quanto il regime comunista ha fatto nell'ultimo decennio. Ed esso porterà all'inevitabile declino dell'economia. Il coefficiente Gini per la Cina ha già superato il livello 0.4 di allarme internazionale per pericolosi livelli di disuguaglianze. Oltre a ciò, dalla base sta crescendo e sta per scoppiare una rivoluzione. Negli ultimi 2mila anni di storia cinese, tutti i rovesciamenti di dinastie sono avvenute a causa dello squilibrio nella distribuzione della ricchezza. Ciò determinerà anche il collasso della dittatura del Partito unico.

Molte persone all'interno del Pcc sono coscienti di questo pericolo. Allo stesso modo del cinese medio, anche gente all'interno del Partito attende e spera nelle riforme del sistema politico. È la sola via d'uscita per la Cina. Ed è anche la ragione principale che ha spinto la gente a seguire con attenzione questo 18mo Congresso del Pcc. Alcuni all'interno della leadership collettiva stanno esprimendo in pubblico la loro determinazione alle riforme, almeno per influenzare la pubblica opinione. Il dimissionario premier Wen Jiabao è uno di questi. Altri gruppi includono "la Nuova destra" e la "Fraternità dei figli di Yanan". Vi sono anche accademici che fanno parte di differenti fazioni. A sinistra vi sono professori come Sima Nan e Kong Qingdong; a destra vi è l'ex banchiere Qin Xiao.

Ma non tutti sperano nelle riforme del sistema politico. E ciò perché una reale riforma dovrebbe produrre una correzione di enormi interessi. Molti ricchi e potenti perderebbero il loro potere e interessi inveterati, mentre molti poveri riceverebbero benefici e protezione per i diritti umani.  Tale riforma politica riceve il sostegno dei poveri ed è osteggiata dai  ricchi. In generale, i poveri sono molti, ma essi non hanno alcun potere. In Cina, le masse non hanno alcun potere di decisione, neanche minimo. Il vero potere decisionale è nelle mani delle centinaia di nuovi e vecchi membri del Comitato centrale del Pcc, ossia l'oligarchia e la gerontocrazia.

Il Comitato permanente del Politburo in pratica decide ogni questione importante. Questa è l'oligarchia. I vecchi delle ultime generazioni, come Jiang Zemin, Zhu Rongji, Qiao Shi, Li Ruihuan, ecc... partecipano tutti nel decidere la direzione da prendere e i candidati per le cariche più alte. E questa è quella che i cinesi chiamano la gerontocrazia.

Fin dal primo giorno di questo Congresso, si poteva dire che la situazione non era buona. I vecchi del Pcc hanno subito avanzato a testa alta e petto in fuori. Il loro rapporto politico ha stabilito la musica per gli oligarchi successori: non dovete prendere né la vecchia strada di sinistra di Mao Zedong (il che è un non senso, dato che è impossibile); né camminare nella malefica strada della democrazia occidentale. In altre parole, il transatlantico Titanic può solo andare lungo la rotta stabilita, verso l'iceberg che è già all'orizzonte.

Sebbene abbia ricevuto molta attenzione, l'importanza del rapporto politico poteva essere anche ignorata, dato che serviva solo a versare acqua fredda su coloro che vogliono la riforma. Il suo significato vero era l'annuncio che non ci sarebbe stata alcuna riforma.

Ad ogni modo, non si sa quanto conti il rapporto politico. La storia è sempre piena di circostanze che cambiano, di alti e bassi. In particolare, le garanzie davanti ai tiranni non sono sempre credibili. Molta gente mette la loro speranza nelle nuove generazioni dei leader e desidera che essi rompano le loro promesse dopo aver raggiunto il pieno potere. Nell'Unione sovietica, Nikita Kruscev e Mikhail  Gorbacev hanno fatto così. In Cina, Deng Xiaoping e Hua Guofeng hanno fatto lo stesso. Nell'antica Cina vi sono ancora più esempi storici. Ad esempio, l'imperatrice Wu Zetian, vissuta nel periodo Tang (618-907), ha riformato il vecchio sistema dopo essere salita al potere come donna al trono, vincendo una fiera opposizione e fondando addirittura una nuova dinastia.

Con tante persone, io condivido tale speranza, ma mi preparo anche in altri modi. Le potenti nazioni democratiche potrebbero anche non voler perdere la manodopera a basso costo in Cina: questo aumenterebbe le difficoltà per una democratizzazione della Cina e prolungherebbe le sofferenze di almeno un quarto dell'umanità.

 

*Questo articolo è apparso sulla Sueddeutsche Zeitung il 13 novembre 2012 e distribuito dalla Wei Jingsheng Foundation

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