08/01/2021, 11.53
VIETNAM
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Il Vietnam intensifica la repressione in vista del congresso del Partito comunista

Il Partito dovrà redigere un nuovo piano economico quinquennale e rivedere la maggior parte dei suoi ruoli dirigenziali. Tutti loro potrebbero essere promossi o politicamente emarginati. Per Phil Robertson di Human Rights Watch, la repressione era stata peggiore sotto Trump rispetto ai tempi di Barack Obama, "perché i leader di Hanoi sapevano che il Dipartimento di Stato sotto Trump era interessato solo al commercio, non ai diritti”.

Hanoi (AsiaNews/Agenzie) - Le autorità vietnamite stanno intensificando la repressione del dissenso poche settimane prima del congresso nazionale del Partito Comunista.

L'incarcerazione del giornalista Pham Chi Dung, martedì, è solo l'ultima di una serie di condanne emesse ai critici dello Stato. Prima del suo arresto, Dung era presidente dell'Associazione dei giornalisti indipendenti del Vietnam, un gruppo da lui fondato che dal 2014 sostiene la libertà di stampa nel Paese, ma da Hanoi è considerato un'organizzazione illegale. Dung, ex membro del Partito comunista, ha fatto parte per due decenni del Dipartimento statale degli affari interni e della sicurezza di Ho Chi Minh City. Quando si è dimesso dal partito nel 2013, ha detto che "non serve più e non rappresenta gli interessi della maggioranza del popolo".

Sette anni dopo, dopo anni di critiche esplicite nei confronti dello Stato vietnamita, lui e altri due giornalisti indipendenti (nella foto) sono stati condannati da un tribunale di Ho Chi Minh City a pene detentive severe. Dopo un breve processo, a Dung è stata inflitta una condanna a 15 anni, mentre Nguyen Tuong Thuy e Le Huu Minh Tuan saranno entrambi incarcerati per 11 anni, tutti per aver diffuso propaganda anti-statale.

La corte ha detto che il trio stava cercando di "combattere e cambiare le attuali istituzioni politiche del Vietnam", e ha accusato Dung in particolare di scrivere per i media stranieri con l'intenzione di "combattere il regime politico".

Gli Stati Uniti e l'Unione Europea hanno aggiunto le loro voci a un coro di condanna per le sentenze, che erano tra una serie di pene detentive contro giornalisti e attivisti per informazioni diffuse online. La controversa legge sulla sicurezza informatica del Paese, entrata in vigore nel gennaio 2019, criminalizza le critiche online al governo e ha portato a un forte aumento degli arresti legati a post sui social media e anche a pene più lunghe.

"Hanno arrestato non solo individui con grande influenza sulla società, ma anche utenti di Facebook che hanno espresso la loro insoddisfazione per le politiche sociopolitiche dello Stato", ha detto Vu Quoc Ngu, direttore della ONG Defend the Defenders.

A ottobre, la polizia ha arrestato Pham Doan Trang, uno dei più importanti attivisti e giornalisti del Vietnam, per aver diffuso propaganda anti-statale. Il 16 dicembre, il poeta Tran Duc Thach è stato condannato a 12 anni per sovversione e due giorni dopo le autorità hanno arrestato il popolare utente di Facebook Truong Chau Huu Danh per post sui social media che "violavano gli interessi dello Stato".

I gruppi per i diritti umani e gli analisti affermano che le recenti mosse delle autorità mirano principalmente a mettere a tacere il dissenso prima del congresso nazionale quinquennale del Partito comunista Vietnam. L'evento, che si svolgerà dal 25 gennaio al 2 febbraio, vedrà il Partito redigere un nuovo piano economico quinquennale e rivedere la maggior parte delle sue posizioni dirigenziali. La leadership dei "quattro pilastri" del Partito è composta dal segretario generale del Politburo, dal presidente, dal primo ministro e dal capo dell'Assemblea nazionale, il parlamento vietnamita. Tutti loro potrebbero essere promossi o politicamente emarginati. In questo scenario di giochi politici a porte chiuse e faziosità, rimane poco spazio per chi critica lo Stato. Un rapporto di novembre di Amnesty International afferma che attualmente in Vietnam ci sono 170 prigionieri di coscienza, il 40% dei quali in prigione per attività sui social media. Emerlynne Gil, vicedirettore regionale del gruppo per i diritti umani, ha dichiarato a This Week in Asia che i tempi precedenti un congresso del Partito erano diventati una "stagione di caccia aperta contro attivisti e dissidenti" a causa dell'intolleranza delle autorità verso le critiche pacifiche.

"Non è mai sicuro difendere i diritti umani in Vietnam oggi - ma la posta in gioco è chiaramente più alta in questo momento", ha detto. “Il quadro più ampio è quello di un ambiente in drammatico peggioramento per chiunque osi esprimere critiche alle autorità e al Partito. Che si tratti di attivisti pacifici o di società tecnologiche straniere come Facebook, le autorità vietnamite inviano un segnale agghiacciante dopo l'altro: mirano a eliminare il dissenso ovunque credano di vederlo".

L'amministrazione Trump è stata più volte criticata per aver voltato le spalle alle violazioni dei diritti umani in Vietnam, che secondo i gruppi per i diritti umani ha portato a un peggioramento delle repressioni.

Phil Robertson, vicedirettore della Divisione Asia di Human Rights Watch, ha detto che la repressione dei giornalisti in Vietnam era stata peggiore sotto Trump rispetto ai tempi di Barack Obama, "perché i leader di Hanoi sapevano che il Dipartimento di Stato sotto Trump era interessato solo al commercio, non ai diritti”.

Ma dopo la vittoria di Joe Biden a novembre, Robertson ha detto: "Il Vietnam dovrà ripensarci, perché la nuova amministrazione sarà probabilmente molto più dura sui diritti umani".

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