20/10/2010, 00.00
IRAN
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In carcere da mesi un pastore protestante iraniano. Rischia la condanna a morte per apostasia

La moglie di Youcef Nadarkhani è stata liberata nei giorni scorsi dopo quattro mesi di detenzione. L’arresto avviene mentre i cristiani evangelici lamentano una crescente pressione nei loro confronti, una persecuzione senza precedenti dall’avvento del regime degli ayatollah.

 Teheran (AsiaNews/Agenzie) –. Il pastore Youcef Nadarkhani è stato accusato di “apostasia” il mese scorso dall’11° Camera della Corte di Assise della provincia di Gilan, nell’Iran del Nord. Il suo avvocato sta per presentare ricorso dopo aver rilevato “seri errori procedurali”. Nadarkhani è stato arrestato per aver messo in questione l’istruzione islamica nelle scuole. “Noi siamo una famiglia cristiana – avrebbe detto. – Voglio che i miei figli ricevano un’istruzione religiosa cristiana, non islamica”.

 Fatemeh Passandideh, moglie di un noto pastore protestante iraniano, è stata liberata qualche giorno fa dopo quattro mesi di detenzione; ma suo marito, ancora in prigione, potrebbe dover affrontare una condanna a morte per apostasia, ha detto la “Church of Iran”.

La comunità cristiana che fa riferimento al pastore imprigionato ha espresso preoccupazione per l’esito del processo alla coppia, che ha due figli piccoli. Questo caso esplode nel momento in cui ci sono notizie di una pressione crescente da parte delle autorità verso la “Church of Iran”, un movimento protestante che comprende parecchie chiese “sotterranee” in una nazione rigorosamente islamica. “Church of iran” afferma di essere “oggetto di una campagna di persecuzione senza precedenti dall’avvento della rivoluzione del 1979. Parecchi membri del movimento sono stati arrestati a partire dall’ottobre dello scorso anno, fra cui il pastore Behrouz Khandjani, che è ancora in isolamento nel “braccio 100” dell’area di Shiraz”.

“Elam Ministries” un gruppo protestante specializzato nella missione verso i musulmani dichiara di conoscere il caso di almeno un giovane iraniano convertito ucciso qualche settimana fa da un parente a causa della sua conversione, lasciando moglie e due bambini. “Middle East Concern”, un gruppo di attivisti per i diritti umani afferma che almeno tre dei quindici cristiani arrestati a luglio a Mashhad  sono ancora in prigione, e “sotto pressione affinché rinneghino la loro fede; ma si rifiutano di farlo”. “Middle East Concern” cita inoltre la notizia della TV iraniana secondo cui nove convertiti sono stati arrestati a Hamedan, con l’accusa di proselitismo, che potenzialmente comporta il rischio di una condanna a morte.  “Elam Ministries” sostiene che nel 1979 c’erano meno di 500 cristiani provenienti dall’Islam. “Oggi le stime più prudenti parlano di almeno centomila credenti nel paese”.

 

 

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