03/08/2010, 00.00
INDIA
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Obama invia un musulmano in India per colmare le distanze culturali tra Usa e islam

di Nirmala Carvalho
Rashad Hussain, musulmano di origine indiana, incontrerà accademici e leader islamici. Prevista una visita nelle più importanti città indiane per favorire le relazioni tra Usa e islam. Syed Ali Mutjaba, islamico indiano attivista per la pace, approva la visita che mira a migliorare l’immagine degli Usa agli occhi dei musulmani.

New Delhi (AsiaNews) – Rashad Hussain, inviato speciale per gli Usa, incontrerà accademici e leader islamici per discutere delle iniziative di Barak Obama, presidente degli Stati Uniti, su educazione, salute mondiale, impresa e opposizione all’estremismo. Hussain è un musulmano di origine indiana e visiterà diverse città indiane, tra cui Mumbai e New Delhi, per colmare le distanze culturali nelle relazioni tra Usa e islam.

AsiaNews ha raccolto il commento di Syed Ali Mutjaba, scrittore indiano musulmano, attivista per la pace e fondatore del South Asia Contact Group.

Perché in questo momento gli Usa hanno bisogno di stringere rapporti con i musulmani indiani?

L’India ospita la seconda comunità islamica più grande del mondo. Gli Usa, nel loro tentativo di stringere rapporti con l’intero universo islamico, vedono l’India come un dente importante nella ruota islamica, anche se la voce dei musulmani indiani può non contare molto a livello mondiale. Gli Usa vogliono portare fuori le truppe dall’Iraq e dall’Afghanistan. Quando sono entrati in Afghanistan e in Iraq, hanno subito un forte deterioramento di immagine agli occhi di tutto il mondo musulmano.

La visita di Rashad Hussain avrà esito positivo, vista la crescente radicalizzazione di certi gruppi all’interno dell’islam?

Negli ultimi tempi le politiche degli Stati Uniti hanno contribuito alla radicalizzazione di certi gruppi islamici in tutto il mondo, anche se in India è difficile che abbiano avuto un impatto negativo in larghi settori della comunità islamica. Questa visita dell’inviato americano deve migliorare l’immagine ammaccata degli Usa agli occhi della comunità islamica globale. Forse questa visita non avrà risultati positivi, ma può inviare segnali riguardo agli sforzi degli Stati Uniti di incontrare la sensibilità musulmana.

Secondo lei, che diritto hanno gli Stati Uniti di considerarsi custodi del dialogo pacifico, tanto da inviare un rappresentante in India?

Bisogna accettare la realtà, gli Usa sono la più grande superpotenza della Terra. Si sono auto-incaricati di correggere i mali che affliggono il mondo. Ora si sono accorti che una larga parte della popolazione islamica ha un’opinione ostile degli Usa, così hanno pensato di iniziare un dialogo pacifico per appianare le differenze. Questo è un cambiamento enorme nella politica americana. Non c’è niente di sbagliato nella visita dell’inviato americano in India. Deve essere vista come una cosa positiva.  Infatti, all’interno del dibattito indiano, le voci musulmane sono marginalizzate o del tutto cancellate. Inviando un rappresentante in India, gli Stati Uniti provano a dare importanza ai musulmani indiani, il cui sostegno è importante a livello globale. Questo genererà un’impressione positiva tra i musulmani in India.

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