18/06/2010, 00.00
KIRGHIZISTAN
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Onu: almeno 400mila i profughi in Kirghizistan

Sempre più grave la situazione dei profughi, almeno 300mila bloccati alla frontiera con l'Uzbekistan. In molte zone è difficile far arrivare gli aiuti. Nelle città permane una calma tesa, con scontri sporadici. La Otunbayeva si reca nel sud del Paese.
Bishkek (AsiaNews/Agenzie) – Sono almeno 400mila i profughi kirghisi per le violenze esplose la settimana scorsa, secondo l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati.
 
Circa 75-100mila di essi sono ospitati in campi profughi o sistemazioni di fortuna in Uzbekistan; altri 300mila bivaccano presso il confine uzbeko, per le strade delle città o nelle campagne, troppo impauriti per tornare a casa; almeno 40mila non hanno alcun riparo. Nei campi mancano viveri, acqua, ogni cosa ed è alta la paura di nuove aggressioni. La popolazione del Kirghizistan è di 5,3 milioni di persone. L’Onu precisa che “ci sono notizie di sporadici scontri presso la città di Jalalabad e la situazione è ancora tesa”.
 
Russia, Usa e altri Paesi hanno inviato aiuti umanitari, ma hanno difficoltà a raggiungere molti luoghi, per ragioni di sicurezza.
 
Oggi Rosa Otumbayeva, leader del governo provvisorio, si reca nelle zone degli scontri, incontrerà i leader locali e visiterà gli ospedali. Intanto cresce l’incertezza sul referendum costituzionale del 27 giugno, che il governo pare intenzionato a rinviare, nonostante il parere contrario della diplomazia internazionale, soprattutto per il timore che il ritardo possa scatenare nuove violenze finalizzate a impedirlo.
 
Emerge sempre più la matrice etnica degli scontri e a Osh, epicentro della battaglia, nella zona etnica uzbeka sono sorte barricate sorvegliate da gruppi di residenti armati, che dividono di fatto il quartiere dalla zona della maggioranza etnica kirghisa. Nella città negozi, ristoranti, mercati sono quasi tutti chiusi. Nelle strade alcuni negozi sono stati incendiati, altri affianco sono rimasti intatti, e qualcuno spiega che quelli bruciati “sono di proprietà di etnici uzbeki”. Emergono sempre più episodi di gravi violenze contro donne e bambini, che potrebbero avere scavato un solco immenso tra le due etnie.
 
Il dato ufficiale è circa 200 morti, ma tutti sono d’accordo che le vittime siano diverse volte di più. Alik Orozov, Segretario del Consiglio di Sicurezza del governo, ha ammesso che la situazione non è ancora sotto controllo e rimane elevato il rischio di nuove violenze.
 
Ole Solvang, osservatore a Osh per Human Rights Watch, afferma che “la situazione rimane tesa in modo estremo. Infiammabile al massimo. Uzebeki e kirghisi sono del tutto separati”. Altri osservatori dicono che i disordini sono stati istigati per ragioni politiche dai sostenitori dell’ex presidente Kurmanbek Bakiyev, deposto ad aprile, che ha sempre avuto la sua roccaforte nella zona di Osh. Ma è certo che le violenze, una volta iniziate, si sono propagate con rapidità e hanno assunto una decisa connotazione etnica. I testimoni raccontano che l’11 giugno, primo giorno delle violenze, gruppi armati hanno assalito i civili senza alcuna ragione apparente. Molti profughi sono fuggiti di casa in pantofole, altri a piedi nudi, senza portare via nulla.
 
Anche per questo è molto attesa una presa di posizione ufficiale del confinante governo dell’Uzbekistan, che finora non si è pronunciato, pur accogliendo ondate di profughi prima di chiudere il confine. I media statali uzbeki quasi non parlano dei disordini in Kirghizistan, o accennano in modo breve ad “alcune bande criminali”.
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