21/07/2021, 13.13
INDIA
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Pegasus: politici, giornalisti e attivisti indiani tra i possibili spiati. Modi sotto accusa

Almeno 1.000 numeri telefonici tra cui quello del leader del partito del Congresso Rahul Gandhi negli elenchi delle possibili vittime del software spia di produzione israeliana venduto ad alcuni governi. L'opposizione chiede una commissione parlamentare d'inchiesta. Dubbi anche sulle "prove" ritrovate nel pc di p. Stan Swamy, che il gesuita morto a causa della lunga detenzione non riconosceva come propri documenti. 

New Delhi (AsiaNews) - Ci sono almeno 1.000 utenze telefoniche indiane di parlamentari dell'opposizione, giornalisti, attivisti per i diritti umani e giudici nella lista delle possibili vittime del software di spionaggio israeliano Pegasus, rivelata il 18 luglio da un consorzio di media internazionali e da Amnesty International. Una vicenda che in India sta suscitando pesanti accuse nei confronti del premier Narendra Modi, dal momento che per la stragrande maggioranza si tratta di figure di oppositori dell'attuale governo, a partire dal leader del partito del Congresso Rahul Gandhi.

Ieri i lavori del Parlamento federale sono stati interrotti più volte dall'opposizione, che chiede una commissione d'inchiesta sull'utilizzo di Pegasus. Per il 28 luglio il presidente della Commissione parlamentare per le tecnologie informatiche - un esponente del partito del Congresso - ha convocato in un'audizione il ministro competente, peraltro da poche settimane in carica e lui stesso nell'elenco delle utenze telefoniche individuate.

Esponenti del Bjp, il partito nazionalista indù al governo, hanno respinto le accuse gridando al complotto contro Modi. Fonti dell'esecutivo assicurano che non vi sia stato “alcun uso illegale”; di fatto, però, finora non vi sono state smentite sull'utilizzo di Pegasus da parte dei servizi di sicurezza indiani. Del resto NSO Group, l'azienda israeliana produttrice del sofware, assicura di averlo venduto solo a “governi verificati”. E l'individuazione delle utenze indiane risulta successiva al viaggio compiuto dal premier Modi in Israele nel 2017.

Oltre a una quarantina di giornalisti, nell'elenco figurano un membro della Commissione elettorale e diverse persone dello staff dell'ex governo locale del Karnataka. Il Congress ha guidato questo Stato fino al 2019, quando un voto di sfiducia dell'Assemblea legislativa locale ha aperto la strada alla vittoria del Bjp.

La presenza di attivisti per i diritti umani negli elenchi di Pegasus suscita infine domande anche sulle “prove” raccolte nei processi nei loro confronti. Come ricorda oggi il quotidiano The Hindu, i 16 accusati nella vicenda di Bhima Koregaon hanno più volte denunciato la presenza sui computer loro sequestrati di file che non riconoscevano come propri. Ne aveva parlato in una delle udienze sulla sua richiesta di scarcerazione anche p. Stan Swamy, il gesuita di 84 anni morto pochi giorni fa dopo aver contratto il Covid dietro le sbarre. Il religioso è finito in carcere con l'accusa di terrorismo per un suo presunto ruolo negli scontri di Bhima Koregaon, avvenuti durante una manifestazione dei dalit il primo gennaio 2018.

“Questi comportamenti - scrive The Hindu nel suo editoriale – sono antitetici alle basi di una democrazia. La verità su queste rivelazioni deve essere accertata da una commissione di inchiesta parlamentare, dalla Corte Suprema o da qualsiasi altro meccanismo credibile. Ma un buon punto di partenza sarebbe che il governo rispondesse senza giri parole alla alla domanda: qualche agenzia indiana ha davvero comprato Pegasus?”.

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