14/07/2006, 00.00
LIBANO - ISRAELE
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Per fermare l'attacco al Libano, Israele chiede il disarmo di Hezbollah

Il governo libanese sembra voler affrontare il problema e sembra avere l'appoggio dell'Arabia Saudita. Ancora bombardamenti soprattutto a Beirut e nel sud: distrutti 18 ponti.

Beirut (AsiaNews) - Morti e feriti, popolazione in fuga dalla zona sud di Beirut, ove sono gli uffici, vuoti, di Hezbollah, bersaglio di tre raid aerei, l'aeroporto nuovamente bombardato, distrutti 18 ponti e viadotti, anche all'interno della capitale libanese, e l'autostrada per Damasco, colpita dal mare la città di Tiro, nel sud del Paese, e l'adiacente campo profughi palestinese di Rashidiya. I soli danni materiali già ammonterebbero a 40 miliardi di dollari.

Appare crescere di intensità l'attacco contro il Libano da parte di Israele, che per fermarsi chiede la riconsegna dei suoi due soldati catturati ed il disarmo di Hezbollah. Il sud, roccaforte del "Partito di Dio", e Beirut sembrano le zone più bersagliate: i caccia israeliani hanno colpito anche vicino al villaggio di Msayleh, non lontano dalla residenza estiva del presidente del parlamento libanese, Nabih Berri, leader del gruppo sciita Amal, vicino ad Hezbollah. Bombardamenti sono segnalati anche contro città cristiane come Ain Ebl, (città natale dell'ex patriarca maronita Khoraiche) e contro villaggi come Rmeich e Qlaiha. Fonti locali non verificabili parlano di 220 morti, in maggioranza civili.

Il Dipartimento di Stato ha invitato i diplomatici americani a lasciare Beirut, da dove si stanno precipitosamente allontanando gli stranieri che erano nuovamente tornati ad essere numerosi per le vacanze estive. Il vescovo maronita di Zahle, mons Mansour Houbeika, ha lanciato un appello alle coscienze perché fermino i bombardamenti. I leader religiosi del Sud, cristiani e musulmani, hanno espresso la loro condanna verso tutte le attività militari, sottolineando la pericolosità della situazione ed invitando tutti a svolgere un ruolo costruttivo per frenare l'ondata di violenza. Anche l'arcivescovo maronita di Beirut, mons Paul Matar, ha espresso la sua condanna contro l'ondata di violenza che è costata la vita a molti civili, senza risparmiare i luoghi di culto come la cattedrale di San Michele, distrutta totalmente, che sorge vicino alla sede principale del partito di Dio ed ha lanciato un appello contro il silenzio del mondo.

In Israele, la decisione del governo di attaccare a fondo Hezbollah, ribadita anche oggi, trova finora il sostegno della stragrande maggioranza dell'opinione pubblica e dei partiti, ma preoccupa fortemente il resto del mondo. Alla richiesta libanese di cessate-il-fuoco, il governo israeliano, oggi ha risposto con la portavoce Miri Eisin, ponendo tre condizioni: il rilascio dei due soldati rapiti dagli hezbollah, la fine degli attacchi con i razzi e adesione del governo libanese alla risoluzione 1559 del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, che imponeva anche il disarmo di Hezbollah.

Di quest'ultimo punto c'è un possibile riscontro in una dichiarazione odierna del governo libanese il quale, dopo aver condannato "l'aggressione israeliana, che contraddice tutte le decisioni, patti e consuetudini internazionali" e negato che ci si trovi davanti ad un comportamento motivato dalla legittima difesa, sembra alludere alla necessità di un diverso atteggiamento verso Hezbollah. Il disarmo della "resistenza" e lo schieramento dell'esercito lungo il confine israeliano erano stati due degli scogli incontrati dal "Dialogo interlibanese", interrotto dalle esplosioni di questi giorni. Oggi, il documento del governo, al punto 6 afferma il suo "diritto di estendere la sua autorità sull'insieme del territorio libanese, di esercitare la sua sovranità e di prendere le decisioni nazionali all'interno ed all'estero delle sue frontiere". La frase, che gli sciiti presenti al governo hanno tentato di eliminare, definendola "una trappola" per Hezbollah, trova una singolare sponda nell'Arabia Saudita. "Arab News", in un articolo intitolato "Debbono prevalere più saggi consigli", citando "una fonte ufficiale" del governo saudita, afferma che il sostegno dato da Ryad alla "legittima resistenza palestinese all'occupazione militare" comprendeva anche "la resistenza libanese, fino alla fine dell'occupazione israeliana del sud del Libano". "Ma ci deve essere una differenza fra la legittima resistenza ed una irresponsabile avventura provocata da elementi all'interno di uno Stato, senza rinvio ad alcuna legittima autorità statale o consultazione o coordinamento con i Paesi arabi. Le loro azioni in tal modo espongono tutti i Paesi arabi a grave pericolo e le loro realizzazioni alla distruzione".

Sull'altro fronte, la Siria, sponsor, con l'Iran, di Hezbollah, sulla sua agenzia nazionale, la Sana, dà grande enfasi alla notizia che Assad ha ricevuto una telefonata di Ahmadinejad che "ha sottolineato che l'Iran sta dalla parte della Siria e la sostiene per fronteggiare le ingiuste campagna e pressioni.

Si fa più attiva, infine, l'azione degli organismi internazionali per trovare qualche via per fermare la violenza. Domani arriverà in Medio Oriente Javier Solana, rappresentante esteri dell'Ue, sempre domani, di Libano si parlerà al G8, dopo la decisione russa  di inserire la questione nell'ordine del giorno, mentre arriverà al Cairo, ove saranno riuniti i ministri degli esteri della Lega araba, una delegazione dell'Onu, guidata da Vijay Nambiar, consigliere speciale di Kofi Annan per gli affari politici, che ha intenzione di recarsi successivamente in Israele, territori palestinesi, Libano e Siria.

(YH)

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