24/09/2012, 00.00
SRI LANKA
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Sri Lanka, quattro giorni di marcia per rinnovare le università

di Melani Manel Perera
Migliaia di persone hanno aderito alla nuova protesta della Federazione della associazioni dei docenti universitari (Futa). Intanto, continua lo sciopero dei professori, iniziato più di due mesi fa. Leader religiosi dello Stato invitano governo e insegnanti a “focalizzarsi sugli studenti”, la “risorsa più preziosa del Paese”.

Colombo (AsiaNews) - Inizia oggi in Sri Lanka una marcia di quattro giorni (24-28 settembre), che porterà migliaia di professori e studenti da Galle Fort (sud del Paese) a Colombo, per chiedere un rinnovamento del sistema universitario nazionale. Organizzata dalla Federazione delle associazioni dei docenti universitari (Futa), la manifestazione è solo l'ultimo capitolo di un braccio di ferro tra governo e professori, che ha gettato in crisi l'intero settore educativo superiore del Paese. A tale proposito, tutti i principali leader religiosi del Paese hanno siglato una dichiarazione congiunta, in cui chiedono alle parti in causa di "focalizzare la loro attenzione sugli studenti universitari" e non sui loro diverbi, perché i giovani sono "la risorsa più preziosa del Paese". Tra i firmatari, anche il card. Malcolm Ranjith, arcivescovo di Colombo.

La protesta della Futa è iniziata lo scorso aprile, quando l'associazione ha chiesto in via ufficiale al presidente Mahinda Rajapaksa e al ministero dell'Istruzione di assegnare il 6% del Pil al settore dell'istruzione; aumentare lo stipendio dei docenti; garantire l'indipendenza delle facoltà da qualunque interferenza politica. Tuttavia, il governo non ha mai risposto, e dal 4 luglio scorso i professori universitari hanno iniziato uno sciopero che tutt'ora portano avanti.

Con il protrarsi della serrata, il governo ha chiuso a tempo indeterminato tutte le università del Paese (escluse le facoltà di medicina, ndr), accusando i docenti di compromettere il futuro dei giovani. Invece di sedarsi, la protesta si è arricchita proprio del sostegno degli studenti, oltre che di attivisti e membri della società civile.

Nella dichiarazione congiunta, i leader religiosi richiamano governo e professori alla "loro principale responsabilità", che è quella di "garantire alle future generazioni la possibilità di studiare senza alcuna interferenza". "In un Paese democratico - ricordano - è naturale che di volta in volta possano sorgere problemi e questioni da risolvere". Tuttavia, "distruggere le aspirazioni degli universitari che un giorno dovranno prendere in mano il Paese, avrà conseguenze spaventose per il futuro".

 

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