13/01/2017, 10.41
INDONESIA
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West Kalimantan, gruppi di tribali Dayak bloccano lo sbarco di un leader islamico radicale

di Mathias Hariyadi

Un gruppo di persone in abiti e armi tradizionali ha “invaso” la pista dell’aeroporto di Sintang e impedito la discesa di Tengku Zulkarnain, vice-segretario Mui. Il leader islamico avrebbe dovuto incontrare la comunità musulmana locale. In precedenza aveva definito i Dayak “infedeli”. In realtà i nativi promuovono da sempre un clima di armonia e dialogo con altre fedi ed etnie.

 

Jakarta (AsiaNews) - Un gruppo di tribali Dayak, vestiti con abiti tradizionali e “armati” delle popolari spade “mandau” (nella foto), hanno impedito a un leader musulmano radicale di primo piano di sbarcare dall’aereo e partecipare a un incontro con la comunità islamica locale. La vicenda è accaduta ieri allo scalo di Sintang, reggenza della provincia di West Kalimantan, nella parte indonesiana dell’isola del Borneo. Nel mirino dei nativi il leader islamico Tengku Zulkarnain, attuale vice-segretario generale del Consiglio del ulema indonesiani (Mui), la più importante istituzione nazionale in tema di fede e morale musulmana.

La vicenda di ieri si inserisce in un contesto più ampio di insoddisfazione e crescente malcontento da parte della maggioranza musulmana moderata del Paese nei confronti delle (controverse) figure radicali, che promuovono odio e divisione fra fedi ed etnie. Nel mirino anche i gruppi che fomentano l’intolleranza verso i nativi di etnia cinese e i leader politici e istituzionali non musulmani.

Fra i molti esempi del recente periodo la vicenda che ha coinvolto il governatore di Jakarta Basuki Tjahaja Purnama detto “Ahok”, finito a processo per un presunto caso di blasfemia. E ancora, l’attacco contro un funzionario locale di Bantul, costretto al trasferimento perché finito nel mirino dell’ala estremista islamica a causa della sua fede cattolica in un’area a maggioranza musulmana.

Fonti locali raccontano che ieri l’aereo era da poco atterrato sulla pista dello scalo di Sintag e i passeggeri si stavano preparando alle operazioni di sbarco. Fra questo vi era anche il controverso leader radicale Zulkarnain. Sulla pista si sono radunati diversi esponenti della comunità Dayak in abiti tradizionali, che hanno bloccato l’uscita posteriore del velivolo. Per motivi di sicurezza, il leader islamico e i suoi accompagnatori hanno preferito restare sul mezzo e annullare l’incontro previsto nel pomeriggio con la comunità musulmana locale. Cancellati tutti gli impegni in agenda, egli è quindi rientrato, sempre a bordo dello stesso aereo, a Pontianak, capoluogo della provincia di West Kalimantan.

Come spesso avviene in Indonesia, gli incontri promossi dai leader islamici radicali diventano occasione per fomentare la comunità musulmana locale e aizzare scontri, violenze, attacchi o proteste contro altre fedi, etnie o comunità non musulmane. Per questo i Dayak hanno agito in maniera preventiva e, di fatto, bloccato il vice-segretario Mui prima ancora che potesse mettere piede in città e tenere il suo incontro.

Un altro motivo che ha scatenato l’ira dei nativi Dayak è un tweet pubblicato da Zulkarnain, nel quale il leader islamico ha affermato che i nativi locali sono “infedeli”. Parole che hanno infiammato la comunità, da sempre attenta a promuovere un clima di armonia e dialogo con le altre fedi ed etnie presenti nella regione, in particolare i musulmani Melayu. Vi sono stati peraltro anche casi di conversioni di Dayak all’islam proprio in seguito a matrimoni con esponenti Melayu.

Il vice-segretario generale del Consiglio del ulema indonesiani, insieme al capo del Fronte di difesa islamico (Fpi) Rizieq Shihab, ha orchestrato due delle più importanti proteste delle scorse settimane - a novembre e dicembre - contro il governatore di Jakarta. L’obiettivo era quello di mettere pressione sul politico cristiano, per costringerlo alle dimissioni.

In questi anni, le autorità indonesiane hanno ceduto più volte di fronte alle pressioni del Mui che svolge un ruolo di "osservatore" dei costumi e della morale nell'arcipelago. Ad Aceh, regione in cui governano i radicali islamici, le donne non possono indossare pantaloni attillati o minigonne. Nel marzo 2011 il Mui si è scagliato contro l'alzabandiera "perché Maometto non lo aveva mai fatto"; prima ancora aveva lanciato anatemi contro il popolare social network Facebook perché "amorale", contro lo yoga, il fumo e il diritto di voto, in particolare alle donne.

 

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