01/08/2014, 00.00
CINA
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Xi Jinping vuole essere Mao. Ma non vuole imparare dai suoi errori

di Willy Lam
La concentrazione dei poteri sul "numero 1" del Partito, dello Stato e dell'esercito ha scatenato una ridda di adulazione e il ritorno al culto della personalità "abolito" dopo la morte del Grande Timoniere. Ma lo stile e la gestione del potere della nuova leadership non tiene conto del fatto che, quando uno solo si innalza su tutti, si ritiene libero di compiere errori madornali. Un'analisi del grande esperto di Cina, per gentile concessione della Jamestown Foundation. Traduzione a cura di AsiaNews.

Pechino (AsiaNews) - Negli ultimi mesi, i media ufficiali cinesi hanno pubblicato una serie di articoli contenenti le omelie del presidente Xi Jinping sull'arte della leadership ("lingxiuxue") e, in modo particolare, le sue visioni sulle qualità personali necessarie per governare 1,3 miliardi di persone. Questi articoli non sono basati soltanto sui pronunciamenti di Xi sin dal 18mo Congresso del Partito comunista cinese (Pcc), ma anche sui discorsi e gli interventi pronunciati o scritti dal 61enne leader quando era impegnato in ruoli pubblici nella provincia del Zhejiang e nella municipalità di Shanghai, dal 2002 al 2007. Data la crescente tendenza di Xi a presentarsi come termine di paragone per una leadership senza difetti, sembra che lui e il suo entourage vogliano erigere un culto della personalità, orientato a rafforzare la già formidabile autorità del Segretario generale, Presidente e Comandante in capo.

La teoria della leadership di Xi

Nel corso del 17mo Congresso del Partito nel 2007, Xi venne scelto come successore di Hu Jintao dall'ex presidente Jiang Zemin e dall'ex vice presidente Zeng Qinghong. La scelta era in parte dovuta alla diffusa percezione secondo la quale l'ex capo del Partito del Zhejiang era un politico in grado di fare gruppo, e non un leader carismatico o affascinato dalla forza bruta [v. Apple Daily, 23 settembre 2013; Frontline Magazine, 1 febbraio 2010].  Tuttavia, da quando è entrato in carica durante il 18mo Congresso, Xi ha sorpreso gli osservatori pubblicando un grande numero di aforismi maoisti che presentavano le qualifiche - e i guadagni occasionali - di un leader forte. Come Mao Zedong - e in netto contrasto con il leader dell'era riformista Deng Xiaoping - Xi ha sottolineato che "la qualità e l'abilità del numero 1 ["yibashou"] è la chiave" per il successo del Partito e dello Stato. Nel 2013 ha dichiarato: "Il compagno più importante deve essere un buon esempio per migliorare lo spirito delle autorità centrali ["zhongyang"] e deve spingere con vigore verso questo risultato. Che il treno riesca a correre veloce dipende dalla locomotiva" [v. People's Daily, 29 aprile; Fujian Daily, 5 aprile]. Quando era Segretario del Partito del Zhejiang, Xi ha sottolineato che "le qualifiche generali del compagno numero 1 devono essere molto elevate". "Non deve essere  solo competente dal punto di vista professionale, ma possedere anche carisma, così come la capacità di legare con i suoi colleghi", ha aggiunto. "Se il team alla guida non è unito, allora ci sarà una terribile confusione" [v. Zhejiang Daily, 6 novembre 2003]. Mentre Mao a volte si è definito come "un folle che osa muovere le montagne" (riferendosi alla classica storia cinese sulla determinazione in grado di superare ostacoli insormontabili), Xi ha posto l'enfasi sull'abilità del leader di prendere decisioni in condizioni scoraggianti, e portarle a compimento con un'opera di fino. Come Mao, anche Xi sottolinea la necessità della determinazione e della perseveranza contro le avversità. Dopo essere divenuto Segretario generale, ha chiesto ai suoi sottoposti di considerare 3 criteri prima di prendere una decisione: "Considerate se una determinata politica sia corretta, fattibile e se i funzionari ufficiali abbiano piena fiducia in essa". Una volta che il funzionario incaricato di prendere la decisione è convinto che uno scopo o una determinata politica sono in linea con gli ideali del socialismo "con caratteristiche cinesi", allora secondo Xi "deve assumersi la piena responsabilità di questa politica e dimostrare il suo pieno impegno per raggiungere l'obiettivo che si è prefissato" [v. Yangtze.com, 19 luglio; People's Daily, 1 luglio].

Non sorprende dunque che Xi abbia rigettato l'approccio "sbaglia e impara dai tuoi errori" adottato da Deng, che spesso viene riassunto con "attraversare il fiume abbandonando il masso". Xi ha dichiarato che un leader di punta "dovrebbe avere fede ferma e risolutezza strategica". E ha aggiunto che la capacità di un funzionario di affrontare sfide difficili è collegata in maniera diretta "con la volontà e la capacità di potere del Pcc di rimanere l'unico Partito a governare la Cina" [v. Ifeng.com; 19 marzo; China News Service, 30 gennaio 2013]. Un editoriale apparso sul People's Daily ha riassunto in questo modo la visione di Xi sulla "lingxiuxue": "Dobbiamo avere uno scopo; una catena di comando e un'autorità coordinatrice; una decisione e una strategia; una forte dose di fermezza e devozione; e un unico modo di pensare" [v. People's Daily, 24 aprile]. Riguardo al difficile compito di rendere il socialismo con caratteristiche cinesi rilevante anche nel 21mo secolo, Xi ha detto: "Dov'è la strada? Proprio sotto i nostri piedi. Se sei bloccato da una montagna, apri una strada; se devi attraversare un fiume, costruisci un ponte". Parafrasando le molte teorie di Mao sull'indomabilità dello spirito umano, Xi ha aggiunto: "Non esiste una montagna che sia troppo alta per l'umanità, non esistono strade troppo lunghe per i nostri piedi" [v. Cntv, 5 giugno 2013; Ta Kung Pao, 23 febbraio 2013].

Come il Grande Timoniere, anche Xi ritiene che il "compagno numero 1" dovrebbe concentrarsi sull'immagine totale "permettendo ai subordinati di gestire politiche concrete senza interferenze dall'alto". Descrivendo il suo approccio alla leadership provinciale, quando era Segretario del Partito del Zhejiang, Xi ha ripetuto più volte: "Il lavoro fondamentale del compagno numero 1 è indicare la direzione generale, affrontando le questioni di Stato più importanti e prestando la sua attenzione all'immagine intera" [v. People's Daily, 29 aprile; Guangming Daily, 13 gennaio]. Anche se Xi sembra essere d'accordo con l'idea di dare maggiori margini di manovra ai propri subordinati, sia di livello centrale che di livello locale, egli chiede anche obbedienza assoluta. Questo concetto è reso evidente dal suo recente dialogo con i compagni dell'Ufficio generale della Commissione centrale, la spina dorsale dell'intero Pcc. Xi ha sottolineato che quei funzionari "devono essere totalmente leali [al centro] e devono avere un senso di responsabilità estremamente alto". Xi ha aggiunto che lo staff dell'Ufficio "deve avere una corretta comprensione della situazione [politica] globale, obbedire con coscienza alle situazioni generali e salvaguardare con risolutezza la situazione totale" [v. Xinhua, 18 luglio; China News Service, 18 luglio].

Abbandonare i leader post-maoisti

Fra i leader del Pcc, solo il Presidente Mao aveva in precedenza tenuto banco a lungo con una teoria della leadership. Una delle affermazioni più memorabili di Mao diceva che un leader corretto e carismatico "non dovrebbe essere ostacolato da circostanze opposte: deve osare combattere con il cielo, lottare contro la terra e incrociare la spada con gli uomini" [v. People's Daily, 24 dicembre 2013; Xinhua, 13 febbraio 2008]. Nei voluminosi lavori di Mao sono sparse centinaia di consigli sulla leadership. Essendo il fondatore del Partito, così come il suo principale stratega militare, Mao credeva con forza nell'abilità del leader di capire la giusta ideologia, di avere la giusta visione del mondo e della politica. Al suo (all'epoca) stretto collaboratore Liu Shaoqi, Mao disse nel 1942: "Incarnare la leadership prima che fornire le idee: ecco la priorità principale per ogni compagno al vertice". Mao credeva anche che il leader principale dovesse concentrarsi solo sugli aspetti più essenziali del governo: "Un leader - disse Mao - dovrebbe concentrarsi soltanto su questioni, politiche e misure più importanti". Le meno rilevanti, aggiunse, avrebbero dovuto essere delegate ai suoi subordinati. Inoltre, egli ha sottolineato più volte l'imperativo dell'unità spiegando che un leader "deve avere lo spirito giusto per unire tutti i compagni e l'intero Partito" [v. Qstheory.cn; 18 novembre 2013; Club.China.com, 3 settembre 2013].

La grande maggioranza dei leader del Pcc venuti dopo Mao è stata reticente sulla leadership. Deng Xiaoping era talmente convinto che la Rivoluzione culturale e le altre aberrazioni fossero state causate dall'adorazione della personalità di Mao che arrivò a rifiutare di assumere ruoli come Presidente del Partito, Segretario generale o premier. Nel suo discorso sulla riforma del sistema della leadership, pronunciato nel 1980, Deng disse che "i sistemi e le istituzioni del Partito e dello Stato" erano molto più importanti dei singoli individui. "Se questi sistemi sono solidi - disse - sono in grado di limitare le azioni delle persone cattive; se non sono solidi, possono frenare gli sforzi delle persone buone o persino, in alcuni casi, spingerli nella direzione sbagliata" [v. People's Daily, 18 ottobre 1980; Xinhua, 18 ottobre 1980].

Teoria e pratica

Dato che i successori di Deng - Hu Yaobang, Zhao Ziyang e, fino a un punto considerevole, Jiang Zemin - hanno lavorato sotto l'ombra di Deng, questi 3 Segretari generali non si sono intrattenuti a lungo sull'arte della leadership. Hu Jintao, famoso per il suo modo di fare "robotico" e per la sua cauta mentalità, si è anche lui tenuto alla larga da questo pericoloso argomento. Il punto più lontano in cui il leader della Quarta generazione si è avventurato è stato quello di ammonire i funzionari più importanti di essere "vicini alle masse", in modo da poter contribuire meglio alla società armoniosa. Hu ha sottolineato che questi "devono usare il loro potere per il popolo, cercare profitto per il popolo ed essere sicuri che i loro sentimenti siano in accordo con quelli del popolo" [v. People's Daily, 26 settembre 2011; Chinese News Service, 18 febbraio 2003]. Per un paradosso, a Xi è stato assegnato il compito di tracciare un'interpretazione definitiva dei tratti della leadership di Hu. Riconoscendo la volontà di Hu di dimettersi da tutti i suoi incarichi, durante il 18mo Congresso, Xi ha lodato il suo predecessore per "la sua alta moralità e stile di lavoro, così come per il suo carattere irreprensibile" [v. Cctv, 15 novembre 2012; China News Service, 15 novembre 2012].

In generale, lo stile di leadership di Xi ha superato i suoi stessi pronunciamenti. Dal punto di vista interno, la sua spietata campagna contro la corruzione nel settore civile e in quello militare ha dimostrato un grado di audacia superiore a quello dei suoi predecessori, gli ex presidenti Jiang e Hu. In politica estera, le dure tattiche contro il Giappone e gli Stati Uniti dimostrano che il presidente cinese è determinato tanto quanto è ambizioso.

Tuttavia non è chiaro se e quanto lo stile di leadership "vintage" di Xi potrà funzionare in una Cina moderna e in rapido cambiamento. Secondo lo scrittore dissidente Yu Jie (oggi residente negli Usa), Xi ha ammassato potere "perché vuole far rivivere quel tipo di dominio autoritario praticato da Mao" [v. Radio Free Asia, 7 maggio; Deutsche Welle Chinese Service, 25 marzo]. Inoltre, l'autoritarismo aggressivo di Xi potrebbe minare l'unità delle diverse fazioni e dei diversi blocchi che si muovono all'interno del vertice del Pcc [v. Asahi Shimbun, 8 luglio; Financial Times Chinese Service, 17 marzo]. La decisione di avocare a sé l'ultima parola nel campo dell'economia potrebbe pure condurre Xi a uno scontro con il premier Li Keqiang, data l'antica tradizione che la divisione del lavoro fra i membri della Commissione permanente del Politburo affida al primo ministro le politiche finanziarie ed economiche.

Il tabellino di marcia di Xi mostra che, nonostante i suoi proclami sul dare ai subordinati una relativa libertà di gestione, il leader supremo è spesso prono alla micro-gestione. Subito dopo aver creato il Gruppo di gestione per la piena comprensione delle riforme - che è in pratica l'organo di controllo più garguantesco di tutta la storia del Pcc - Xi ha sottolineato che il progetto delle riforme "vuol dire suonare il piano con tutte e dieci le dita". E questo significa che, per implementare con successo questa politica, sono essenziali la guida e la supervisione dettagliata di tutto il programma di lavoro [v. News.163.com, 10 febbraio; China News Service, 9 febbraio]. Allo stesso modo, durante un'intervista con una televisione russa durante i Giochi olimpici di Sochi nel gennaio 2014, Xi ha dichiarato che il concetto di riforme si attua "al 10% con il disegno delle stesse, e al 90% con la loro messa in pratica". Questa idea del "90% di messa in pratica" riflette il suo convincimento che le riforme debbano essere calibrate e messe in atto sotto la meticolosa supervisione della massima autorità del Partito [v. Cctv, 8 febbraio; China Daily, 8 febbraio].

Nel suo ormai famoso discorso privato sui fattori che hanno portato al crollo del Partito comunista dell'Unione sovietica, Xi ha biasimato "traditori" come Mikhail Gorbachev e Boris Yeltsin: "Quando il Partito sovietico stava per crollare, non c'è stata alcuna persona che fosse abbastanza uomo da rimettere in riga la situazione" [v. Ming Pao, 16 febbraio 2013; Bbc Chinese service, 16 febbraio 2013]. Xi sembra insomma essere divenuto un seguace del credo romanzato noto come "Teoria del Grande uomo", ovvero una visione non marxista secondo la quale la storia viene fatta e disfatta da un manipolo di geni. Dopo tutto, la maggior parte degli errori commessi da Mao potrebbero essere attribuiti proprio alla convinzione cullata dal Grande Timoniere - e da molti dei suoi colleghi - secondo la quale un leader simile a un semi-dio non può sbagliare. In una conversazione privata del 1941, Mao sottolineò che "il compito di un leader è quello di imparare la giusta lezione dagli errori passati" [v. People's Daily, 14 settembre 2012; Xinhua, 14 settembre 2012]. Anche se Xi ha impressionato amici e nemici con il suo stile di governo super-fiducioso e iper-concentrato, il nuovo "numero 1" deve ancora dimostrare la sua abilità nell'imparare dai fiaschi creati da leader troppo fiduciosi nel corso dei 93 anni di storia del Partito. 

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