A morte per 45 grammi di eroina: fissata un'altra esecuzione di un malaysiano a Singapore
Datchinamurthy Kataiah, 39 anni, sarà impiccato domani nel carcere di Changi quattordici anni dopo il suo arresto. L'appello della sorella contro una pena "troppo severa ed estrema per un'azione ingenua compiuta da un giovane". L'appello di 33 ong locali per una moratoria dopo che per la prima volta il governo Wong promosso un caso di commutazione della pena. Attualmente 40 persone si trovano nel braccio della morte.
Kuala Lumpur (AsiaNews) – A Singapore è fissata per domani, giovedì 25 settembre, l’esecuzione capitale di un cittadino malaysiano condannato a morte per traffico di droga. Una vicenda che sta riaccendendo le critiche contro l’uso della pena di morte da parte della città-Stato.
La sua famiglia ha ricevuto la notifica che Datchinamurthy Kataiah, 39 anni, sarà impiccato nel carcere di Changi. A renderlo noto è stato Kokila Annamalai, del collettivo Transformative Justice Collective, un gruppo che si batte per l’abolizione della pena di morte a Singapore. Se eseguita, l’esecuzione di Datchinamurthy sarà l’undicesima impiccagione a Singapore nel 2025 e la terza che coinvolge un cittadino della Malaysia.
Datchinamurthy era stato arrestato nel 2011 e successivamente condannato per traffico di circa 45 grammi di eroina in Singapore. In base alle severe leggi singaporiane, il possesso di oltre 15 grammi di eroina o 500 grammi di cannabis comporta automaticamente la condanna a morte. L’uomo doveva essere messo a morte già nel 2022, ma ottenne una sospensione dell’esecuzione grazie a un ricorso che è stato però respinto dai tribunali in agosto, aprendo la strada all’esecuzione.
I critici sostengono che le rigide leggi antidroga di Singapore colpiscano in modo sproporzionato corrieri e piccoli trafficanti, invece di smantellare i grandi cartelli responsabili del traffico internazionale. Durante una conferenza stampa congiunta con Amnesty International Malaysia e la Anti-Death Penalty Asia Network, Kokila ha letto una lettera scritta da Rani, la sorella di Datchinamurthy, giunta a Singapore per trascorrere con lui i suoi ultimi giorni. Secondo quanto riportato, Datchinamurthy "non si opponeva alla punizione", ma riteneva che la pena di morte fosse "troppo severa ed estrema per un’azione ingenua compiuta da un giovane uomo”.
Trentatré organizzazioni della società civile, incluse le tre citate, hanno firmato una dichiarazione congiunta chiedendo a Singapore di sospendere tutte le esecuzioni imminenti. Almeno tre cittadini della Malaysia e un singaporiano, tutti condannati per reati legati alla droga, sono infatti a rischio esecuzione dopo aver esaurito i ricorsi.
I gruppi per i diritti umani sottolineano un caso recente come prova che un cambiamento è possibile: il mese scorso, il presidente Tharman Shanmugaratnam ha commutato una condanna a morte in ergastolo, su consiglio del governo del premier Lawrence Wong - un gesto di clemenza senza precedenti dal 1998. "Questo dimostra che il cambiamento è possibile", hanno dichiarato, esortando il governo ad estendere la stessa compassione anche agli altri casi in sospeso.
Le organizzazioni hanno inoltre chiesto alla Malaysia - che ha abolito la pena di morte obbligatoria nel 2023 e attualmente presiede l’ASEAN - di assumere una posizione più decisa in difesa dei propri cittadini coinvolti in casi di droga all’estero. Secondo il rapporto globale 2024 di Amnesty International, la Malaysia ha già commutato in pene detentive oltre 1.000 condanne a morte dopo la riforma. Al contrario Singapore ha rafforzato la sua posizione: Amnesty riferisce che la città-Stato ha effettuato 9 esecuzioni nel 2024, rispetto alle 5 dell’anno precedente, sei delle quali in soli due mesi. Attualmente, oltre 40 persone si trovano nel braccio della morte a Singapore.
10/06/2022 13:05