05/04/2008, 00.00
GIAPPONE
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A più di 80 anni, due missionari insegnano Vangelo e serenità

di Pino Cazzaniga
Le vicende parallele di un sacerdote belga e di uno italiano del PIME. Giunti alla soglia del “riposo”, i “complotti” di due donne li hanno fatto assegnare a nuove, significative iniziative.

Karatsu (AsiaNews) – Si sono incontrati per la prima volta nel 2004, pur essendo entrambi missionari in Giapone da oltre 50 anni. Quasi una conferma della teoria geometrica delle parallele, visto lo svolgimento della vita missionaria di padre Max Defoux (86 anni) e di padre Riccardo Magrin (84).

 I punti di partenza sono stati assai diversi: Defoux è nato a Namur (Belgio) nel 1922 e Magrin in un paese della provincia di Vicenza (Italia) nel 1924; quindi in un’Europa divisa e straziata da ideologie disumane, che nell’umanesimo razionalista avevano avuto il loro terreno di cultura.Ma i due giovani, hanno trovato nelle rispettive famiglie, profondamente cattoliche, una ben diversa formazione, che ha favorito in amdedue il nascere e lo sviluppo del desiderio di dedicare la vita a Dio e al prossimo. A questo livello è iniziato il percorso di vita su linee parallele, perchè non si è trattato di una vocazione generica, ma della determinazione di dedicare la propria vita alla evangelizzazione del mondo non cristianoI tragici eventi della Seconda guerra mondiale, pur avendo scioccato i due giovani, non sono riusciti a turbarli nel profondo, perché proprio in quegli anni attendevano alla loro formazione spirituale in due istituti missionari, rispettivamente quello della Congregazione del Cuore Immacolato di Maria (CICM), detta comunemente dei “missionari di Scheut” (Belgio) per Massimiliano, e quello del Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME, Italia), per Riccardo; Ambedue sono stati ordinati sacerdoti negli anni del primo dopoguerra: 1947 il belga, 1949 l’italiano.

Lo stesso anno dell’ordinazione, Defoux, destinato alle missioni in Cina assieme ad altri confratelli, è partito per Pechino, ma nella capitle cinese è rimasto solo pochi mesi. Divampava la guerra civile e le armate rosse di Mao Tse Tung stavano trionfando dovunque. La direzione generale del CICM decise, allora, di inviare i giovani missionari ad una missione iniziata da poco: il Giappone. Massimiliano con un impegno di studio di oltre due anni è riuscito a padroneggiare la lingua giapponese, tanto da poter assumere la direzione di un parrocchia nella città di Osaka. Dal 1956 al 64 ha dovuto interrompere l’avventura giapponese perché gli era stata affidata la direzione del noviziato nella sua congregazione in Belgio. Ritornato in Giappone si è trovato di fronte a una nazione profondamente trasformata. All’estrema indigenza del primo dopoguerra era subentrato un intenso dinamismo economico che cominciava a produrre ricchezza. Ma purtroppo erano notevolmtente diminuite le conversioni al cristianesimo. Occorreva cambiar metodo. Padre Massimiliano per alcuni anni si è impegnato nel consolidamento delle cristianità nella zona di Himeji, non lontano dalla città di Kobe, e nell’azione pastorale a favore dei carcerati, specialmente i condannati alla pena capitale.

La solitudine era facilmente superabile grazie a un centro di raduno per i membri della sua congregazione, creato nella città di Himeji Ma di punto in bianco Defoux si trovò catapultato a Kagoshima, una città nell’estremo sud del Paese. Il vescovo di quella città, monsignor Paolo Itonaga, che durante la guerra, militare in Manciuria, aveva conosciuto e ammirato i missionari di Scheut, chiese al superiore della congregazione di mandarne uno nella sua diocesi per affidargli la direzione di un centro pastorale. La scelta è caduta su padre Massimiliano.

Nel 1981 Defoux ha deciso di prendere la cittadinanza giapponese per essere agevolato nell’azione di sostegno a favore dei profughi vietnamiti (i boat people). Ora il suo nome è Kokage Minoru. A 82 anni, quando già aveva deciso di ritirarsi nell’oasi dei missionari di Scheut, per il “complotto” di una cristiana di Okayama e del suo parroco giapponese, Kokage è diventato cappellano del convento delle monache trappiste su un colle presso la città di Imari (isola del Kyushu). La donna, che in gioventù aveva frequentato il convento come postulante, saputo che le monache erano rimaste senza cappellano, ha fatto in modo, complice il parroco, che il superiore dei padri di Scheut“suggerisse” al missionario belga-giapponese di compiere questo ulteriore servizio per “alcuni mesi”. È là da quattro anni: e offre un prezioso servizio spirituale alla comunità trappista e a vari gruppi di cristiani che frequentano l’annessa casa di ritiro.La vicenda missionaria di Magrin, anche se meno movimentata, non è dissimile. Per decenni ha svolto con discrezione e frutto attività di evangelizzazione in alcune cittadine della prefettura di Saga (Kyushu). E anche per lui la via verso il riposo è stata bloccata da una donna, la moglie del dottor Ichiro Ide, fondatore dell’ospedale “Santa Maria”, uno dei migliori nella città di Kurume nell’isola del Kyushu. L’anziana e intraprendente signora, conosciuto il progetto di ritiro delmissionario italiano, carico di anni, gli ha chiesto, con il sostegno dei superiori del PIME, di realizzarlo non in Italia ma nell’ospedale fondato dal marito.

E così da otto anni padre Riccardo, in camice bianco, passa di stanza in stanza, offrendo una parola di speranza agli ammalati e anziani che lo desiderano, e non sono pochi, quasi tutti non cristiani.Si dice che il Giappone non produce cristiani. È certo, però, che ha prodotto missionari della tempra degli ultraottantenni Max Defoux e Riccardo Magrin per i quali la parola “rassegnazione” è stata sostituita da quelle di “speranza e serenità’

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