23/02/2024, 08.53
KAZAKISTAN
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Astana tra riforme e autoritarismo

di Vladimir Rozanskij

Dopo la rielezione a presidente e alcuni ritocchi alla costituzione e al sistema di potere, Tokaev insiste sempre meno sulle riforme democratiche del Paese esortando a concentrarsi sull'economia. Arrivando a negare l'esistenza di prigionieri politici nonostante i processi a porte chiuse a personalità accusate di "estremismo".

Astana (AsiaNews) - Gli interventi del presidente del Kazakistan, Kasym-Žomart Tokaev, da qualche mese insistono sempre meno sulle riforme democratiche del Paese, e si concentrano piuttosto sugli sviluppi dell’economia. Su Radio Azattyk interviene il politologo Šalkar Nurseit, che dall’analisi di queste pubbliche dichiarazioni desume un ritorno al classico autoritarismo del primo trentennio del predecessore di Tokaev, l’elbasy (“padre della patria”) Nursultan Nazarbaev, per cui dalla de-elbasyzzazione si passa oggi al regime del “nuovo elbasy”.

Dopo la rielezione a presidente e alcuni ritocchi alla costituzione e al sistema di potere, Tokaev ha cercato di liquidare la questione affermando che “abbiamo compiuto le riforme necessarie, ora è il tempo della crescita economica”, soprattutto a cominciare dal messaggio al parlamento di settembre 2023. Si tratta in effetti dello slogan tipico di Nazarbaev: “prima l’economia, poi la politica”. Secondo il suo successore, oggi il Kazakistan “è un Paese democratico”, anche se sembra piuttosto una imitazione non molto ben riuscita della democrazia.

Secondo Nurseit “niente impedisce al presidente di introdurre tutte le modifiche costituzionali che gli fanno comodo, o semplicemente che gli passano per la testa”, e ne sono state introdotte diverse negli ultimi due anni. Le riforme in effetti non hanno limitato le prerogative del presidente a tutti i livelli, e la dimostrazione è stata la scelta del nuovo primo ministro Alikhan Smailov, che in teoria doveva essere una prerogativa del parlamento, ma in un’intervista al giornale Egemen Qazaqstan lo stesso Tokaev ha ammesso candidamente di essere stato lui a proporlo al partito di maggioranza Amanat.

Nel 2019, quando Nazarbaev gli cedette la poltrona presidenziale, Tokaev pronunciò la formula del “presidente forte – parlamento incisivo – governo esecutore”, e sembra che delle tre condizioni sia stata rispettata soprattutto la prima. Anche se negli ultimi due anni la retorica presidenziale insiste sulla de-nazarbaevizzazione, di fatto Tokaev ha conservato tutte le prerogative del suo predecessore, come fa notare l’esperto, e come risulta evidente nelle recenti repressioni degli attivisti sociali di vari gruppi, e anche dei giornalisti indipendenti.

Prima di diventare presidente, quand’era presidente del senato della capitale allora chiamata Nur-Sultan e poi tornata Astana, Tokaev si esprimeva in modo molto più aperto, usando ampiamente i canali social. Oggi nel nuovo disegno di legge “Sui mass-media” si prevedono molte limitazioni alla libertà di espressione della stampa locale e internazionale, per volontà diretta del presidente, che secondo Nurseit “nel 2023 non ha prestato alcuna attenzione alla salvaguardia dei diritti e delle libertà”.

Il politologo arriva fino a definire il Kazakistan attuale “uno Stato poliziesco”, con eccessi di potere delle forze dell’ordine e delle strutture della sicurezza. A gennaio Tokaev ha dichiarato che “in Kazakistan non ci sono prigionieri politici, in quanto nella legislazione non ci sono norme che prevedono la persecuzione dei cittadini per le loro opinioni politiche”. Quindi secondo questa logica se non esiste una legge che preveda la censura o la repressione, significa che non esistono questi problemi.

L’attivista Marat Žylanbaev, leader del partito non registrato Alga, Kazakhstan! è stato da poco condannato a sette anni di reclusione in una seduta del tribunale a porte chiuse, per accuse di estremismo, come avvenuto anche per altre personalità pubbliche come il giornalista Karim Mukhammedkarim e altri, per esempio l’ex-presidente dei servizi di sicurezza Karim Masimov, “capro espiatorio” dei disordini di gennaio 2022, condannato sempre a porte chiuse. Come sottolinea Nurseit, “il presidente parla sempre di meno di diritti dell’uomo, democrazia e riforme liberali”, e nonostante le formali prese di distanza dalla politica e dalle guerre di Mosca, “nella politica estera di Tokaev continuano a dominare gli interessi della Russia”.

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