Bangkok: la Corte costituzionale scioglie il partito progressista Move Forward
Epilogo simile a quello che si era verificato a febbraio 2020 con il partito predecessore, il Future Forward. Non è bastato aver ritirato la proposta di modifica della legge di lesa maestà. Anche il Pheu Thai, che al momento fa parte della maggioranza di governo, rischia di essere messo ai margini da una sentenza in cui è coinvolto il premier Srettha Thavisin.
Bangkok (AsiaNews) – Ancora una volta la Thailandia conferma la sua incapacità di evoluzione democratica utilizzando come strumento di repressione la presunta volontà di tutelare la monarchia da minacce o insulti. Nel pomeriggio di oggi la Corte costituzionale thailandese ha deliberato in modo favorevole sulla richiesta della Commissione elettorale di scioglimento del partito riformista Move Forward, che aveva vinto le ultime elezioni proponendo di emendare la famigerata legge sulla lesa maestà.
Tuttavia, messo sotto pressione, già sei mesi fa lo stesso partito aveva fatto sapere di non volere più perseguire questo obiettivo. Non è bastato. Ne consegue che non solo il partito cesserà di esistere con il nome attuale, come successo per il suo predecessore Future Forward, sciolto dai giudici nel febbraio 2020, ma che gli undici membri del suo comitato esecutivo saranno impossibilitati a partecipare alla vita politica del Paese per i prossimi dieci anni. Incluso anche il 43enne Pita Limjaroenrat, leader del partito.
Un duro colpo al movimento riformista che era stato sostenuto soprattutto dall’elettorato urbano e giovanile. Nell’assemblea nazionale, i 143 parlamentari del Move Forward sono all’opposizione dopo che, nonostante l’evidente preferenza di 14 milioni di votanti, il partito è stato messo ai margini dall’accordo tra due gruppi prima avversari, il Pheu Thai, che fa riferimento alla famiglia dell’ex premier Thaksin Shinawatra, e il Palang Pracharath, filomilitare e filomonarchico.
A sua volta il Pheu Thai rischia un ribaltone politico se il 14 agosto il primo ministro in carica, Srettha Thavisin, dovesse essere sollevato dall’incarico sempre per ordine della Corte costituzionale. La petizione era stata presentata da quarantina di ex senatori conservatori secondo cui Srettha Thavisin avrebbe abusato delle sue prerogative costituzionali nominando in qualità di ministro un avvocato in precedenza incarcerato. Questo aprirebbe un contenzioso fra gli alleati di governo con il rischio di una estromissione del Pheu Thai dalla maggioranza a favore di partiti legati agli interessi dell’establishment conservatore.
E come ulteriore conseguenza potrebbero riaccendersi le tensioni sociali che nell’ultimo ventennio sono state caratterizzate dalla repressione dei gruppi democratici, della negazione dei risultati elettorali, dai colpi di stato e dall’intervento di parte della magistratura che ha penalizzato ogni evoluzione chiaramente preferita dagli elettori.