11/08/2022, 10.21
LIBANO
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Beirut: lo sciopero dei dipendenti pubblici ‘emarginati e in estrema povertà’

di Fady Noun

Per la sindacalista Nawal Nasr la loro condizione non è nemmeno di povertà, ma “di angoscia”. Circa 15mila lavoratori da due mesi hanno incrociato le braccia, finora senza ottenere rilevanti concessioni. La proposta relativa all’aumento di una indennità finisce per favorire chi ha stipendi più elevati. Le continue concessioni a istituti di credito privati e grandi patrimoni. 

Beirut (AsiaNews) - Non è nemmeno più povertà, ma angoscia quello di cui parla Nawal Nasr, presidente dell’Associazione dipendenti della Pubblica amministrazione, portavoce di circa 15mila lavoratori pubblici in sciopero da quasi due mesi. Con il giusto tono e quella nota di compassione che la contraddistinguono, questa funzionaria ormai in pensione diventata la “pasionaria degli emarginati” dal servizio pubblico, rilancia un dibattito che la classe politica preferisce dimenticare: a favore di questioni di rilevanza internazionale come quella degli sfollati siriani o dei confini marittimi. 

Tuttavia, lo sciopero dei dipendenti pubblici riporta “coi piedi per terra” la classe dirigente, dal momento che quasi l’80% del persone in Libano è in condizioni di sofferenza con stipendi che vanno da 1,5 a 2 milioni di lire libanesi, pari a un valore variabile fra uno e due euro al giorno e che corrisponde alla soglia di estrema povertà. Gli scioperanti trattano col ministero delle Finanze e chiedono che il valore dei salari sia calcolato in base al tasso di cambio fissato dalle banche (circa 8mila lire per euro, con un aumento di circa cinque volte), obiettivo peraltro ben lungi dal poter raggiungere. 

In Libano ai funzionari non è riconosciuto il diritto di riunirsi in associazioni sindacali e di scioperare. Ma la necessità ha finito per fare la legge. Alla fine di un lungo periodo in cui l’assenteismo è andato per la maggiore, i funzionari hanno scelto di indire uno sciopero, esigendo una soluzione ai loro problemi anche perché i servizi offerti hanno perso valore e la valuta è crollata con un taglio del 95% sul potere di acquisto. I dipendenti pubblici, sottolinea Nasr, “non hanno più nulla” per muoversi e non hanno niente “con cui sfamarsi in modo decente” e in caso di ricovero ospedaliero o del bisogno di medicine importanti “sono costretti a vendere i loro beni”. E la colpa, a suo avviso, è da imputarsi allo Stato che tiene i propri dirigenti e funzionari pubblici in condizioni di angoscia ed emarginazione. 

Lo Stato, di cui parte dei servizi è ormai alla paralisi, ha avanzato una proposta minima: l’aumento a 95mila lire al giorno dell’indennità di viaggio (a partire da due giorni lavorativi a settimana), così come per “motivazioni analoghe”. Per Nawal Nasr sono un imbroglio “perché aumentano in funzione della crescita dei salari, di modo che gli stipendi più alti ricevano anche indennizzi più elevati. Ma, in realtà, si dovrebbe fare l’esatto contrario”. Inoltre, la sindacalista è convinta che alla fine queste promesse non verranno nemmeno mantenute.

Dopo diverse settimane di negoziati, alcune categorie di funzionari pubblici l’hanno accettata. Così, da qualche giorno, un certo numero di funzionari della motorizzazione civile sono tornati al lavoro. “Se alcuni lo hanno accettato - sottolinea - è per disperazione. Lo hanno fatto perché sono in difficoltà e non possono nemmeno permettersi il lusso di dire no”. Oppure perché non abitano lontano dal posto di lavoro, quindi non necessitano dell’indennità di viaggio “per migliorare la loro vita quotidiana”. Le perdite giornaliere dirette a causa dello sciopero ammontano a circa 12 miliardi di lire libanesi, poco meno di 400mila euro secondo stime del ministro del Lavoro Mustafa Bayram. Lo sciopero paralizza innumerevoli settori, compresi i servizi dello stato civile, i cui documenti sono essenziali per ottenere un visto, finalizzare l’acquisto e la vendita di veicoli, ottenere l’autorizzazione all’ingresso di beni, registrare un matrimonio, una nascita, ecc

“Tuttavia - prosegue Nasr - lo Stato avrebbe mille modi per migliorare le proprie entrate e soddisfare le esigenze dei dipendenti pubblici. Ma la collusione fra settore privato e classe dirigente, come è risaputo, priva il Paese di risorse preziose. Mentre benefici scandalosi sono concessi ai più ricchi”.

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