21/12/2010, 00.00
VATICANO - M. ORIENTE
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Benedetto XVI guarda al Sinodo per il Medio Oriente

di Samir Khalil Samir
Nel suo discorso alla Curia romana, il pontefice sottolinea la comunione con gli ortodossi, la ricchezza delle tradizioni orientali e l’urgenza di un rifiuto della violenza nelle tensioni del Medio oriente. Un commento dell’islamologo p. Samir (Prima parte).
Roma (AsiaNews) - Ieri il papa ha presentato gli auguri natalizi ai Cardinali e ai membri della Curia romana. Il suo discorso ha abbracciato tre punti: Nel primo, il Santo Padre commenta la formula liturgica dell’Avvento “Excita, Domine, potentiam tuam, et veni” = Sveglia la tua potenza, Signore, e vieni!Il secondo punto tratta del Sinodo delle Chiese del Medio Oriente, che ha avuto luogo dal 10 al 24 ottobre. Il terzo tratta del suo viaggio in Gran Bretagna (16-19 settembre). Io vorrei fermarmi a commentare quanto il pontefice ha detto sul secondo punto.
 
La riflessione del Papa è divisa in due parti: la prima è incentrata sul suo viaggio a Cipro (4-6 giugno) per consegnare l’Instrumentum laboris del Sinodo ai Patriarchi e Vescovi; la secondo sul Sinodo stesso che ha avuto luogo in Vaticano.
 
La riflessione di Benedetto XVI è molto concreta. Parte dall’esperienza vissuta in profondità, con i Paesi che visita, e con i popoli che incontra.
 
L’ecumenismo con gli Ortodossi
 
Cipro è un Paese à stragrande maggioranza ortodosso, almeno nella parte greca dell’Isola. Il papa ricorda con grande gratitudine l’indimenticabile ospitalità della Chiesa ortodossa. A questo punto fa un commento ecumenico di una grande ricchezza spirituale e teologica: “Anche se la piena comunione non ci è ancora donata, abbiamo tuttavia constatato con gioia…” ed enumera quattro caratteristiche.
 
Questa premessa significa due cose: la prima è che esiste già una comunione con la Chiesa ortodossa, ma non è ancora perfetta e piena. Ed è importante che il capo della Chiesa cattolica affermi con chiarezza che la comunione esiste già. La seconda è che questa premessa indica il desiderio profondo del Papa che ci sia “la piena comunione”. La teologia cattolica riconosce che la comunione esistente tra le due Chiese permette già adesso la “communicatio in sacris” (il condividere in particolare l’Eucaristia) in alcune circostanze, anche se viceversa la Chiesa Ortodossa non lo consente.
 
Quanto alle quattro caratteristiche che ci uniscono, il Papa le enumera:
  • “la forma basilare della Chiesa antica ci unisce profondamente gli uni con gli altri”;
  • “il ministero sacramentale dei Vescovi come portatore della tradizione apostolica”;
  • “la lettura della Scrittura secondo l’ermeneutica della Regula fidei”,
  • “infine, la fede nella centralità dell’Eucaristia nella vita della Chiesa”.
 
Queste quattro caratteristiche uniscono profondamente le due Chiese. Averle elencate, così chiaramente e con sobrietà dovrebbe permettere di dare un fondamento solido alla ricerca ecumenica tra queste due tradizioni.
 
Ricchezza della tradizione cattolica orientale
 
Quando si parla dell’Oriente cristiano, si pensa spontaneamente all’Ortodossia. Questo è naturale, se paragoniamo il numero degli ortodossi con quello dei cattolici orientali. Ma nel Medio Oriente non è del tutto così. Se questa situazione è assolutamente evidente in Egitto, dove gli ortodossi sono 30 volte più numerosi che i cattolici, la situazione è diversa nel Libano e nell’Iraq per esempio, dove i cattolici sono un po’ più numerosi degli ortodossi.
 
Il Papa ha voluto ricordare che la Chiesa cattolica è anche Orientale. Anzi, la Chiesa cattolica d’Oriente ha una ricchezza liturgica (e non solo liturgica, ma anche teologica, spirituale, canonica, agiografica, ecc.) variegata, e un’antichità apostolica. “In manifestazioni imponenti, abbiamo potuto vedere la ricca cultura cristiana dell’Oriente cristiano”. Aggiungerei una nota: menzionando la liturgia latina accanto a quelle maronita e melchita, il papa suggerisce che la Chiesa latina è altrettanto orientale come le altre Chiese: essa fa uso della liturgia occidentale romana, ma la stragrande maggioranza dei suoi fedeli sono orientali, anzi comprende spesso più Arabi dei fedeli delle altre Chiese d’Oriente.
 
Un Paese diviso dalla violenza
 
Cipro vive una tragedia che rischia di diventare definitiva: la divisione del Paese in due, tra Turchi (musulmani) e Greci (ortodossi). Una divisione molteplice: linguistica, etnica e religiosa. Il Papa ha vissuto questa divisione, avendo alloggiato proprio alla Nunziatura situata sulla linea di separazione tra le due parti dell’isola. Abbiamo vissuto, durante l’incontro col Santo Padre a Cipro, il profondo “desiderio di pace e di comunione quali erano esistite prima”, e la sofferenza degli abitanti dell’isola.
 
Questa divisione è frutto della violenza. “Tutti sono consapevoli del fatto che la violenza non porta alcun progresso – essa, infatti, ha creato la situazione attuale –”. Cipro è come un appello negativo alla non-violenza. Chi ci vive si accorge quanto la violenza non porta nessun bene, ma solo distruzione e male, che può durare indefinitamente!
 
Di fronte a questa situazione, nessuno può rassegnarsi, il Papa meno di chiunque! Non si può accettare questa situazione! Esorta i fedeli e tutti quanti: “Preparare la gente per questo atteggiamento di pace è un compito essenziale della pastorale”. Così facendo indica una delle missione fondamentale della Chiesa, in particolare laddove c’è (o c’è stata) guerra!
 
Ma come realizzare la pace, come raggiungerla? Come rifare una unica nazione cipriota per il bene di tutti? Esiste un’unica metodo: “Solo nel compromesso e nella comprensione vicendevole può essere ristabilita un’unità”, afferma Benedetto XVI. “Compromesso” è una parola che non piace a nessuno. Eppure è necessaria in certi casi. Ma il compromesso, se non è accettato in profondità, rischia di non resistere: deve essere accompagnato della comprensione per l’altro. Pensiamo tutti alla situazione tra Israele e Palestina, che dura da più di 60 anni: se ognuna delle parti non cerca di “capire”, “comprendere” la posizione dell’altro, non ci sarà mai pace!
 
Il Santo Padre torna qui su un punto essenziale nel suo pensiero: la violenza, per qualunque motivo, non può essere giustificata. Essa porta solo disagio, all’individuo come alla comunità. E come aveva già detto a Regensburg (e riprenderà nella seconda parte), è in opposizione a Dio e alla Fede. E’ un messaggio di pace assoluta, costi quel che costi!
 
Conclusione
 
Come si vede, la teologia di Benedetto XVI parte dall’esperienza concreta che fa, esperienza interiorizzata, meditata e riflettuta. E’ una riflessione profonda su tutto ciò che sperimenta nei suoi viaggi. In questo, si rivela un vero intellettuale: non nel senso di chi fa dei discorsi teorici e delle considerazione astratte, ma nel senso di chi riflette sui fatti per tirarne delle conclusioni per la vita di ogni giorno!
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